Rubrica: Hey Jo, a cura di Marco Baù "Facciamoci guidare dall’esperienza di Giovanni Bosco, sperando di trarne buone conclusione per il nostro cammino."
a cura di Marco Baù sdb
Qualche giorno fa un compagno di studi, salesiano coadiutore, giapponese mi ha chiesto se conoscevo la canzone “Resta con noi”. Quante volte l’ho sentita in parrocchia da me! Eppure mai avrei pensato che dal Giappone qualcuno potesse cantarla; non conoscevo ancora la passione del popolo giapponese per la musica lirica e italiana e che si estende anche alla nostra musica liturgia. Questo fatto mi ha fatto riflettere: se mi trovo alla maggior distanza da casa, circa 12.000 km, e sento una canzone che suona di “casa”, sembra proprio una coincidenza significativa. Quanto prestiamo attenzione a queste situazioni “coincidenziali” nelle nostre vite? Che tipo di significato ne possiamo trarre? Facciamoci guidare dall’esperienza di Giovanni Bosco, sperando di trarne buone conclusione per il nostro cammino.
Siamo verso la fine della vita di don Bosco. Egli si trova a Roma il 14 maggio 1887 per la consacrazione della Chiesa del Sacro Cuore. Durante la messa viene visto piangere parecchie volte, costretto a fermarsi per l’emozione. Le memorie descrivono così la spiegazione che lo stesso don Bosco fornì del fatto.
“Chi non avrebbe desiderato saper quale fosse stata la causa di tanta emozione? Don Viglietti, quando lo vide ritornato nella sua calma abituale, glielo domandò. Rispose: - Avevo dinanzi agli occhi viva la scena dì quando sui dieci anni sognai della Congregazione. Vedevo proprio e udivo la mamma e i fratelli questionare sul sogno... - Allora la Madonna gli aveva detto: - A suo tempo tutto comprenderai.”[1]
La spiegazione è molto breve e certamente don Bosco non era uomo di grandi confessioni sulle ragioni delle proprie emozioni. Tuttavia possiamo chiederci se aggiungendo elementi oggettivi a quella scena sia possibile cogliere meglio il significato di quelle lacrime in relazione alla comprensione del sogno.
Per prima cosa la parola di Dio letta nella messa di quel giorno avrebbe potuto scatenare questa reazione di don Bosco. Che cosa aveva letto nel messale? Per scoprilo ho chiesto consiglio a un confratello salesiano, studente del Sant’Anselmo il quale mi ha semplicemente consigliato di cercare in internet i vecchi messali. Nel messale romano dell’anno 1870 troviamo nella data del 16 maggio la festa di Sant’Ubaldo, vescovo e confessore. Le letture sono dal comune dei confessori pontificis e sono le seguenti. La prima lettura è tratta dal Siracide e mette insieme Sir 44, 16-17; 19-21 e Sir 45,16. Il testo è il seguente (traduzione dal latino di Francesco Avesio Sdb):
“Ecco il grande sacerdote, che nei suoi giorni piacque a Dio, che è stato trovato giusto, e nel giorno dell’ira è stato costituito come riconciliazione. Non è stato trovato alcuno simile a colui che ha conservato la legge dell’Eccelso, perciò il Signore prestando giuramento ha fatto crescere la sua discendenza (lett. lo ha fatto crescere nel suo popolo).
Diede a lui la benedizione di tutte le genti e confermò la sua alleanza sul suo capo. Lo riconobbe nelle sue benedizioni, lo conservò nella sua misericordia, e trovò grazia agli occhi del Signore. Lo magnificò di fronte ai re e gli diede la corona di gloria. Sia adempiuto il sacerdozio e lodato il suo nome, e offerto a lui incenso di soave odore”.
La prima lettura avrebbe potuto suscitare certamente dei pensieri di gratitudine in don Bosco. Don Bosco è stato veramente un riconciliatore, a diversi livelli, nella sua vita. Ha partecipato alla riconciliazione tra Stato e Chiesa; ha riconciliato molti giovani con la religione e con Dio; ha riconciliato i datori di lavoro e i diritti dei giovani lavoratori; ha riconciliato i migranti italiani con la loro identità religiosa, e ha contribuito alla riconciliazione dei popoli indigeni con Dio nei suoi lavori missionari. Interessante anche il riferimento al fatto che il Signore ha fatto crescere il sacerdote “nel suo popolo”: don Bosco è stato profeta dell’assistenza perché a favore dei ragazzi certo; ma qui si rivela anche un altro aspetto, e cioè che è la presenza nel popolo di Dio (tra i ragazzi) che ha fatto crescere lui come persona, che lo ha plasmato e fatto diventare pienamente Giovanni Bosco. Infine un'altra connessione potrebbe essere tra l’esperienza di don Bosco a corte, ovvero negli ambienti della reggia di Torino e poi anche con alcuni sovrani d’Europa (si pensi ai principi polacchi). Credo che una lettura del genere avrebbe facilmente potuto sintetizzare diversi aspetti delle vita di don Bosco e suscitargli forti emozioni.
Il vangelo di quel giorno è tratto dal Matteo 25, 14-23 ovvero la parabola dei talenti:
Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: "Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone". Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: "Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due". "Bene, servo buono e fedele - gli disse il suo padrone -, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone".
Come avrebbe potuto reagire don Bosco di fronte a un vangelo di questo tipo, avendo a mente il sogno dei 9 anni? Si potrebbe dire che Giovannino abbia “impiegato” i suoi talenti sotto la guida di Maria e ne abbia visto crescere e moltiplicare il numero. Altre volte abbiamo sentito dire a don Bosco: “Se io avessi avuto cento volte più fede, avrei fatto cento volte più di quello che ho fatto”[2]. Egli avrebbe potuto sentire con particolare forza l’invito a prendere parte alla gioia del suo padrone, visto che sentiva avvicinarsi la morte. I talenti che Giovannino ha moltiplicato sono certamente le sue doti personali e in egual modo le anime dei ragazzi che ha incontrato, dagli amici dei Becchi agli indios della Patagonia con i quali avevano a che fare i suoi missionari.
Un'altra possibilità per mettere una cornice a quelle lacrime e farle possibilmente risaltare potrebbe essere soffermarsi sulle parole di don Bosco che dice “Vedevo proprio e udivo la mamma e i fratelli questionare sul sogno...”.Leggendo questa frase si potrebbe pensare che don Bosco abbia ricordato quei commenti e quelle “questioni” sul significato del suo sogno da parte dei suoi familiari e li abbia potuti comporre insieme. L’ “a suo tempo tutto comprenderai” potrebbe essere riscritto come “a suo tempo comprenderai il tutto”, ovvero l’insieme. Cerco di spiegarmi meglio: quando la famiglia commenta il sogno di Giovanni l’unica che sembra vederci giusto sembra sua mamma, che commenta “Chi sa che non abbi a diventar prete”. Per quanto riguarda gli altri commenti? Giuseppe, suo fratello maggiore, con cui aveva un buon rapporto, suggerisce “Tu diventerai guardiano di capre, di pecore o di altri animali.”; di fatto sarà lui a diventare un agricoltore e ad occuparsi di animali. Tuttavia, la missione di don Bosco è stata anche essere un “guardiano”. Quegli animali del sogno erano, nel sogno stesso, ragazzi. Quanti ragazzi-capra, un po’ cocciuti come Michele Magone, devono essere passati per la mente e il cuore di don Bosco; o quanti ragazzi-pecora, docili come Domenico Savio. L’altro fratello, Antonio, con una relazione difficile con Giovanni commenta “Forse sarai capo di briganti.”; possiamo proprio dire che don Bosco si è messo a capi di tanti ragazzi che sarebbero certamente, o già lo erano, piccoli briganti. Egli è stato per loro un “capo”, un leader che li ha traghettati ad una vita piena di opportunità, futuro e significato che gli era stata rubata e che cercavano di riprendersi come meglio potevano. L’interpretazione più interessante a mio parere è quella della nonna che commenta “Non bisogna badare ai sogni”. Con tutti i sogni che ha tramandato don Bosco verrebbe da dire che ha ignorato questo ultimo consiglio. Tuttavia, egli stesso prendeva i sogni con molta cautela, addirittura sconfessandone l’importanza in più di qualche occasione. Questo criterio della nonna è un principio di realismo che don Bosco si porterà dietro tutta la vita e che gli ha permesso di radicare sempre le sue esperienze di sogno nella realtà dura e cruda dell’ottocento torinese, italiano e mondiale. Don Bosco ha convertito piano piano la sua diffidenza e ha visto realizzare quel sogno.
Concludendo, vorrei puntualizzare un insegnamento che ho ricavato dal seguire queste domande su don Bosco. Vi sono almeno due libri che è importante consultare frequentemente se vogliamo rintracciare il significato della nostra vita: la Bibbia e la propria famiglia. Credo personalmente che le lacrime di don Bosco siano un segno che lì, nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù, Giovanni Bosco, prete, abbia fatto l’esperienza di un cuore “sacro”. Proprio lui che “era del parere di (sua) nonna” riguardo ai sogni ha riconosciuto finalmente il significato di quei talenti che aveva ricevuto: in una famiglia divisa, senza un padre e con “giorni di ira” tra i famigliari, Giovanni è stato costituito come riconciliazione. Tra i ragazzi di Torino, Dio lo ha fatto crescere nel suo popolo e gli ha dato una discendenza. In quel momento forse realizza di essere sacerdote, guardiano, capo e di non avere più bisogno di badare ai sogni: essi sono diventati realtà. Egli è stato fedele alla Parola di Dio: quella del sogno e quella della sua famiglia e ora può prendere parte alla gioia di suo Padre. Padre? Ecco, ora ci siamo proprio tutti. E’ tornata unita la famiglia Bosco.
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