Impegnarsi ad educare per una promessa: certo che si può

Ho ascoltato, di recente, in una scuola superiore, due adulti affermati invitati per incontri con i ragazzi del triennio. Una docente universitaria, donna di marketing, si lamentava che i ragazzi tendono a non fare gli Erasmus, non capendo questa non-voglia di viaggiare…; un altro, uomo di economia, concludeva ricordando che bisogna avere spinta nella vita: un rimprovero sostenuto da Steve Jobs, guru della Apple, il quale aveva coniato l'espressione M.Y.A., che, senza essere volgari, vuol dire "datti una mossa”.

Ricordiamo che l’Italia è ai primi posti per i Neet, quei giovani usciti dai radar sociali, non inseriti in un circuito formativo o lavorativo, il corrispettivo degli Hikikomori giapponesi, chiusi in casa e collegati al mondo con la tecnologia.

Riferisco di un'altra esperienza. Selezionando i candidati per il nostro Istituto universitario, area di Pedagogia, mi sono imbattuto in un’altra tribù di personaggi, forse invisibili più dei Neet. Persone che scelgono un orizzonte professionale educativo, pur sapendolo economicamente non riconosciuto, grazie ad una storia personale lontana da facili emotivismi ma vicina alle persone. Persone bisognose di cure.

C'è chi ha accudito il fratello più piccolo o il nipotino, chi ha assistito la madre malata, chi è stata scelta dalla maestra per dare una mano ad un compagno diversamente abile, chi per anni ha fatto l'animatrice nel centri estivi. Storie discrete: sussurrate, a volte commosse. Storie che segnano più dei tatuaggi. Una mi ha colpito: una ragazza che ha aiutato a curare un cugino con una disabilità, che poi è mancato, e al quale ha fatto la promessa di darsi nell'educativo.

C’è ancora chi promette, che fa dei patti... Il pensiero va a papa Francesco che ricorda l'urgenza di fare un patto globale per un villaggio educativo, dove possano crescere delle persone capaci di aprirsi agli altri. Ci sono mani in cui è possibile lasciare questa grande eredità. Si può morire in pace, magari commuovendosi un po'.

Articolo di: don Loris Benvenuti
Tratto da: GenteVeneta

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