L’universo, la natura, gli atomi, le forze fisiche e gli elettroni. Tutto ciò che studia la scienza ci parla di Dio. Oggi ci lasciamo provocare dalle parole di un Professore ordinario di filosofia e dell’etica dell’informazione: Luciano Floridi
Quanto più viviamo nell'infosfera e onlife, tanto più condividiamo le nostre realtà quotidiane con forme di agire ingegnerizzate, e tanto più l'IA può affrontare un numero crescente di problemi e compiti. Il limite dell'IA non è il cielo, ma l'ingegno umano.
A volte dimentichiamo che la vita senza il contributo di una buona politica, di una scienza affidabile e di una robusta tecnologia diventa presto "solitaria, povera, sgradevole, brutale e breve", per prendere in prestito le parole del Leviatano di Thomas Hobbes. La crisi del Covid-19 ci ha tragicamente ricordato che la natura può essere spietata. Solo l'ingegno umano e la buona volontà possono migliorare e salvaguardare il tenore di vita di miliardi di persone. Oggi, gran parte di tale ingegnosità è impegnata nel realizzare una rivoluzione epocale: la trasformazione di un mondo esclusivamente analogico in un mondo sempre più digitale. Gli effetti sono già diffusi: questa è la prima pandemia in cui un nuovo habitat, l'infosfera, ha contribuito a superare i pericoli della biosfera. Viviamo onlife (sia online sia offline) ormai da tempo, ma la pandemia ha trasformato l'esperienza onlife in una realtà che costituisce un punto di non ritorno per l'intero pianeta.
Lo sviluppo dell'IA è un fattore importante in questa rivoluzione epocale. L'IA dovrebbe essere concepita come l'ingegnerizzazione di artefatti in grado di fare cose che richiederebbero intelligenza se dovessimo farle noi. Con un classico esempio che ho usato più volte, un telefono cellulare può battere quasi chiunque a scacchi, pur essendo intelligente come un tostapane. In altre parole, l'IA segna il divorzio senza precedenti tra la capacità di portare a termine compiti o risolvere problemi con successo in vista di un dato obiettivo e il bisogno di essere intelligenti per farlo. Questo riuscito divorzio è diventato possibile solo negli ultimi anni, grazie a gigantesche quantità di dati, strumenti statistici molto sofisticati, enorme potenza di calcolo e alla trasformazione dei nostri contesti di vita in luoghi sempre più adatti all'IA (avvolti intorno all'IA). Quanto più viviamo nell'infosfera e onlife, tanto più condividiamo le nostre realtà quotidiane con forme di agire ingegnerizzate, e tanto più l'IA può affrontare un numero crescente di problemi e compiti. Il limite dell'IA non è il cielo, ma l'ingegno umano.
In questa prospettiva storica ed ecologica, l'IA è una straordinaria tecnologia che può essere una potente forza positiva, in due modi principali. Può aiutarci a conoscere, comprendere e prevedere di più e meglio le numerose sfide che stanno diventando così impellenti, in particolare il cambiamento climatico, l'ingiustizia sociale e la povertà globale. La corretta gestione di dati e processi da parte dell'IA può accelerare il circolo virtuoso tra maggiori informazioni, migliore scienza e politiche più avvedute. Eppure, la conoscenza è potere solo se si traduce in azione. Anche a questo riguardo, l'IA può essere una notevole forza positiva, aiutandoci a migliorare il mondo, e non soltanto la sua interpretazione. La pandemia ci ha ricordato che fronteggiamo problemi complessi, sistemici e globali. Non possiamo risolverli individualmente. Abbiamo bisogno di coordinarci (non dobbiamo intralciarci), collaborare (ognuno fa la sua parte) e cooperare (lavoriamo insieme) di più, meglio e a livello internazionale. L’IA può consentirci di realizzare queste 3C in modo più efficiente (più risultati con meno risorse), in modo efficace (migliori risultati) e in modo innovativo (nuovi risultati).
Tuttavia, c'è un "ma": sappiamo che l'ingegno umano, senza buona volontà, può essere pericoloso. Se l'lA non è controllata e guidata in modo equo e sostenibile, può esacerbare i problemi sociali, dai pregiudizi alla discriminazione; erodere l'autonomia e la responsabilità umana; amplificare i problemi del passato, dall'iniqua allocazione della ricchezza allo sviluppo di una cultura della mera distrazione, quella del "panem et digital circenses". L'IA rischia di trasformarsi da parte della soluzione a parte del problema. Questo è il motivo per cui iniziative etiche come quelle descritte nel quarto capitolo e, in ultima analisi, buone norme internazionali sono essenziali per garantire che l'IA rimanga una potente forza per il bene.
L'IA per il bene sociale è parte integrante di un nuovo matrimonio, tra il verde di tutti i nostri habitat - naturali, sintetici e artificiali, dalla biosfera all'infosfera, da ambienti urbani a contesti economici, sociali e politici - e il blu delle nostre tecnologie digitali - dai cellulari alle piattaforme sociali, dall'Internet delle Cose ai Big Data, dall'IA ai futuri computer quan-tistici. Il matrimonio tra il verde e il blu, con i suoi vantaggi, controbilancia il divorzio tra l'agire e l'intelligenza, con i suoi rischi. Siamo noi che abbiamo la responsabilità di disegnare e gestire entrambi con successo. La pandemia ha reso palese che la posta in gioco non risiede tanto nell'innovazione digitale, quanto piuttosto nella corretta governance del digitale. Le tecnologie aumentano e migliorano ogni giorno. Tuttavia, per salvare il nostro pianeta e noi stessi, anche da noi stessi, possiamo e dobbiamo utilizzarle molto meglio; basti pensare alla diffusione di disinformazione relativa al Covid-19 sui social media o all'inefficacia delle cosiddette app per il coronavirus. La pandemia è stata la prova generale di quello che dovrebbe essere il progetto umano per il ventunesimo secolo, un matrimonio stabile e fruttuoso tra il verde e il blu. Possiamo farne un successo insieme e facendo affidamento su più e migliore filosofia, non su meno. […]
Galileo riteneva che la natura fosse come un libro, scritto in simboli matematici, per essere letto dalla scienza. Poteva essere una forzatura metaforica ai suoi tempi, ma oggi il mondo in cui viviamo è certamente sempre più un libro scritto in cifre, per essere letto ed esteso dall'informatica e dalla scienza dei dati. Le tecnologie digitali hanno sempre più successo al suo interno perché, come i pesci nel mare, sono i veri nativi dell'infosfera. Ciò spiega anche perché le applicazioni di IA sono migliori di noi in un numero crescente di compiti: noi siamo semplici organismi analogici che cercano di adattarsi a un habitat così nuovo vivendo onlife. La trasformazione epocale del nostro ambiente in un’infosfera mista, sia analogica sia digitale, e il fatto di condividere l'infosfera con agenti artificiali sempre più smart, autonomi e sociali, ha profonde conseguenze. Alcune di queste non sono ancora distinguibili. Le scopriremo solo con il tempo. Altre sono appena riconoscibili all'orizzonte. Ed altre ancora sono davanti ai nostri occhi. Cominciamo da queste.
Gli agenti di IA, siano essi software (app, webbot, algoritmi, software di ogni genere) o hardware (robot, auto senza conducente, orologi intelligenti e gadget di ogni genere) stanno sostituendo gli agenti umani in ambiti che pensavamo fossero al di fuori della portata di qualsiasi tecnologia fino a pochi anni fa: catalogare immagini, tradurre documenti, interpretare radiografie, pilotare droni, estrarre nuove informazioni da enormi quantità di dati e molte altre cose che solo i colletti bianchi avrebbero dovuto fare. I colletti marroni in agricoltura e quelli blu nell'industria avvertono da decenni la pressione del digitale; i servizi sono ora il nuovo target. Perciò, spariranno anche i posti di lavoro dei colletti bianchi. Possiamo solo tentare di fare una stima ragionevole di quanti ne spariranno e con quale rapidità, ma è probabile che lo sconvolgimento sia profondo. Ovunque gli esseri umani lavorino oggi come interfacce, per esempio tra un GPS e un'automobile, tra due documenti in lingue diverse, tra alcuni ingredienti e un piatto, tra i sintomi e la malattia corrispondente, quel lavoro è a rischio. Al contempo, appariranno nuovi lavori - li ho chiamati colletti verdi - perché saranno necessarie nuove interfacce, tra i servizi forniti dai computer, tra i siti web, tra le applicazioni di IA, tra i risultati dell'IA e così via. Qualcuno dovrà controllare se una traduzione abbastanza buona sia una traduzione sufficientemente affidabile. Molte attività resteranno troppo costose per le applicazioni di IA, pur ammettendo che siano realizzabili con l'IA. […]
Molti compiti che scompariranno non faranno sparire i lavori corrispondenti: i giardinieri assistiti da uno dei tanti robot tosaerba esistenti avranno semplicemente più tempo per fare altre cose, diverse dal tagliare l'erba. Nessun robot li sostituirà. E molti compiti non scompariranno, verranno semplicemente riaffidati a noi come utenti: premiamo già i pulsanti dell'ascensore (quel lavoro non esiste più), siamo sempre più abituati a scansionare la merce al supermercato (anche il lavoro di cassa sta per sparire) e faremo certamente più lavori in prima persona in futuro. […]
I nostri comportamenti autonomi saranno messi alla prova dalla prevedibilità e manipolabilità delle nostre scelte razionali e dallo sviluppo dell'autonomia artificiale. E anche la nostra socievolezza sarà messa alla prova dalla sua controparte artificiale, rappresentata da compagni artificiali, ologrammi o semplici voci, servitori 3D o robot sessuali simili a umani, che possono essere attraenti per gli umani e talvolta indistinguibili da loro. Come andrà a finire tutto questo non è chiaro, ma una cosa è certa: lo sviluppo di agenti artificiali non darà luogo ad alcuna allarmante creazione di scenari fantascientifici, che sono irresponsabilmente fuorvianti. Come già detto, non c'è alcun Terminator in vista. L'IA è pressoché un ossimoro: le tecnologie smart saranno tanto stupide quanto le nostre vecchie tecnologie. Ma l'IA ci inviterà a riflettere più seriamente e con minore compiacimento su chi siamo, potremmo essere o vorremmo diventare, e quindi sulle nostre responsabilità e sulla comprensione che abbiamo di noi stessi.
Tratto da:
L. Floridi, Etica dell’Intelligenza artificiale. Sviluppi, opportunità, sfide, Raffaello Cortina, Milano 2022, pp. 331-339
"Il genere umano, osserva Floridi, è ormai circondato da una infosfera che ci ha abituato a vivere onlife, della cui esistenza abbiamo preso consapevolezza soprattutto a partire dalla pandemia del Covid-19. Tesi generale del volume Etica dell’Intelligenza artificiale (2022), di cui presentiamo qui alcune pagine tratte dal capitolo conclusivo, è la separazione che lo sviluppo dell’IA ha causato fra azione e intelligenza, quella umana. Grazie alla gran quantità di dati e informazioni che abbiamo ormai immesso nell’infosfera, l’IA può operare, agire, computare, in modo sempre più veloce e coordinato, cercando corrispondenze e correlazioni da impiegare per generare decisioni. Questo modo di operare, efficacissimo e rapido, non è però intelligente, perché incapace di risalire dagli effetti alle cause e di operare in modo analogico, sintetico, creativo, cioè intelligente. Per Floridi la questione più importante suscitata dall’IA è la gestione umanadi questa risorsa. Essa è una forza potente e positiva capace di prevedere e di aiutare, di operare in modo globale e coordinato. Numerosi i contributi che essa può dare per combattere la povertà, distribuire conoscenze, aumentare la qualità della vita, prevenire emergenze. Essa deve essere gestita e controllata in maniera equa e sostenibile: l’IA non è un problema, ma resta piuttosto il modo per giungere alle soluzioni. L’importanza della “gestione” dell’IA è proposta da Floridi anche da un’altra prospettiva, quella dei cambiamenti che essa indurrà nella sfera sociale, segnalando i mestieri e i lavori che scompariranno o saranno gestiti in maniera diversa, per giungere fino a un’analisi dei comportamenti umani che saranno messi alla prova dalla prevedibilità e manipolabilità delle nostre scelte affidate all’infosfera. Eppure, sostiene l’Autore, la perdita di lavori e competenze che l’IA determina sostituendo il lavoro dell’essere in non pochi campi, potrà essere compensata dai nuovi lavori che essa genererà. L’Autore ci assicura che lo sviluppo dell’IA non darà luogo ad alcuna allarmante creazione di scenari fantascientifici. Non è in vista alcun Terminator. Vi è solo bisogno di maggiore saggezza. L’IA ci invita in fondo a riflettere su chi siamo, chi possiamo essere e chi vogliamo diventare, dandoci l’opportunità di realizzare anche un profondo lavoro su noi stessi"
Luciano Floridi
Professore ordinario di filosofia e dell’etica dell’informazione presso l’Oxford Internet Institute dell’Università di Oxford, Luciano Floridi ci propone uno sguardo oggettivo sull’IA, sull’impatto positivo o negativo che essa può giocare. L’Autore esamina le più importanti questioni etiche che discendono da questo argomento, formulando la visione di un possibile passaggio dall’etica dell’agire artificiale alla politica delle azioni sociali.
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