Tutto dipende dall'interrogativo se Dio ha parlato all'umanità - di se stesso naturalmente e anche delle sue intenzioni nella creazione dell'uomo e del suo mondo - oppure se l'Assoluto resta il Silenzio al di là di ogni parola terrena...
del 01 gennaio 2002
Tutto dipende dall’interrogativo se Dio ha parlato all'umanità - di se stesso naturalmente e anche delle sue intenzioni nella creazione dell'uomo e del suo mondo - oppure se l'Assoluto resta il Silenzio al di là di ogni parola terrena.
Se è corretta la seconda ipotesi, allora tutti i sentieri sono aperti, anzi devono essere percorsi tutti i sentieri, sui quali l'uomo - che sa molto bene che questo mondo passeggero e in quanto tale ingannevole non può essere la verità - si mette in cammino per tendere verso l'indicibile. Su ripidi sentieri che lasciano alle spalle il mondo molteplice e fugace; in eroica ascesi e mistico sprofondarsi l'uomo tende a dirompere le mura carcerarie del proprio io troppo angusto, forse solo per un attimo, forse definitivamente.
Tutte le forme di meditazione dell'umanità che a tentoni è in cerca dell'Altissimo «se mai arrivi a trovarlo» (At 17,27) si assomigliano tutte l'una all'altra e invero tanto più quanto più radicale diventa questa ricerca superiore a ogni fugacità: dalle forme del lontano Oriente fino a quelle estreme dell'antichità mediterranea presenti in Plotino, nelle cui istruzioni per raggiungere l'estasi si è (vanamente) ancora esercitato il giovane Agostino.
Ma se è corretta la prima ipotesi, ossia che Dio ha parlato, allora entriamo nello spazio biblico, nello spazio delle tre religioni monoteiste, poiché anche l'Islam è fortissimamente modellato da temi vetero- e neotestamentari. Allora la meditazione può avere un significato solo come riflessione e appropriazione sempre più profonda della Parola di Dio su se stesso e sul mondo. Unico interrogativo: dove questa Parola di Dio raggiunge la sua forma compiuta in cui ogni singola validità si concentra in traboccante unità? Potrebbe essere che questo avvenga sulle tracce del Corano - comunicato dall'angelo Gabriele al profeta - in quelle strofe che il pio musulmano ha memorizzato e ripete giorno dopo giorno in atteggiamento orante? Ma può un angelo parlare di Dio così da rivelarne le intime profondità? «Nessuno ha mai potuto conoscere i segreti di Dio se non lo Spirito di Dio» (1 Cor 2,11).
Una domanda simile, anche se non identica, bisognerebbe rivolgerla anche all’Antico Testamento, la cui Legge fu anch'essa comunicata attraverso angeli (Gal 3,19; At 7,38), le cui istruzioni passarono per la bocca di profeti («Cosi parla il Signore») in molteplici «prescrizioni, statuti, promesse, norme, comandi» (Sal 119), continuamente ripensate, «mormorate», meditate dai credenti Israeliti. Ma restavano loro profondi e insoluti interrogativi, a livello di Antico Testamento interrogativi veramente insolubili: Giobbe, Kohelet. Per la loro soluzione è necessario quel compimento della «Alleanza» tra Dio e l'umanità che porta contemporaneamente a conclusione una duplicità: che Dio parli per se stesso e che egli parli come un uomo che illumina anche le domande esistenziali dell'uomo: il senso del dolore, della caducità, della morte e la definitività in Dio di tutta la pesantezza di una vita mortale: nella risurrezione dell'uomo morto alla vita eterna. Tutto ciò riassume con forza concentrata il proemio della Lettera agli Ebrei: «Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi (tutti) per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo. Questi, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza... dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato» (Ebr 1,1-4).
Proprio perché l'autorivelazione di Dio si realizza pienamente in entrambe le direzioni: Dio che parla dalla propria profondità e che, parlando come uomo, disvela anche le profondità dell'uomo, le dimensioni della meditazione cristiana si dispiegano chiaramente. Essa può iniziare solo là dove Dio si rivela come uomo, dove dunque questo uomo rivela Dio in tutta la sua profondità. Ecco perché questo punto iniziale resta insuperabile. Ed essa si può realizzare pienamente solo là dove l'uomo rivelatore, Gesù Cristo Figlio di Dio, rivela Dio come suo Padre: nello Spirito Santo di Dio, che egli ci trasmette veramente, perché noi possiamo scrutare con esso le profondità di Dio, che solo lo Spirito di Dio scruta (1 Cor 2,10): «ma noi abbiamo lo Spirito di Dio per conoscere tutto cio che Dio ci ha donato» (1 Cor 2,12).
La meditazione cristiana è così, nello stesso tempo, pienamente trinitaria e pienamente umana. Nessuno deve voltare la schiena alla propria umanità personale e sociale per trovare Dio, ma ognuno deve, per trovare Dio, vedere il mondo e se stesso così come devono essere contemplati dalla parte di Dio.
Hans Urs Von Balthasar
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