Quelli che hanno pazienza di educare nel quotidiano, senza attendere risultati,quelli che amano i poveri e hanno fatto una scelta preferenziale di campo...
del 31 gennaio 2008
Quelli che hanno pazienza
di educare nel quotidiano, senza attendere risultati,
quelli che amano i poveri
e hanno fatto una scelta preferenziale di campo,
che talvolta mi spaventa
quelli che sono capaci di stare accanto
agli ammalati
anche quelli che sbavano e puzzano.
 
Invidio i volontari a tempo indeterminato
che danno il loro tempo, la loro vita,
senza preoccupazione di sorta
per se stessi;
quelli che lavorano per la pace,
stando sui luoghi della divisione e della guerra,
vivendo la beatitudine che li rende
a titolo legittimo figli di Dio.
 
Invidio chi non teme per la propria vita
sapendo che il donarla
è amore senza limiti,
ma invidio anche chi nel quotidiano
è fedele alle persone, nella famiglia, nell’amicizia
chi lavora per rendere pi√π bello il mondo
ma anche per chi lavora nell’umiltà
di lavori faticosi, non riconosciuti.
 
Invidio quelle persone anziane
che hanno la fede semplice e la preghiera
a portata di mano nel rosario e di cuore,
nella loro partecipazione ai dolori del mondo,
invidio i parroci che vivono l’Eucaristia
e hanno lo sguardo buono di misericordia
per i fratelli «peccatori», che vivono al margine,
considerati guasti dalla società dell’uomo.
 
Invidio le suore che sono negli ospedali,
nelle scuole materne, in cucina
o in lavanderia,
le donne che sono amore,
immagini della Vergine Maria
o delle spose sagge del Vangelo;
invidio chi sa trasformare in parola e canto
immagine e colore, musica e danza
le bellezze del Creato;
invidio il «barbone» che si accontenta del poco
e ama la libertà, che l’essere povero
gli riserva dalle cose, dal danaro, dal potere.
 
Invidio chi ama il silenzio,
non quello che distacca
o del malinconico nella solitudine,
ma del contemplativo
che si perde in Dio, nella natura, negli altri.
 
Invidio i bravi insegnanti e i fedeli formatori,
gli educatori e animatori, che vivono
nel mondo dei giovani,
lasciandosi educare da loro
ed essere per loro testimoni di una vita
che ha senso nell’amore;
invidio il contadino che conosce le stagioni
e le sa rispettare nei suoi ritmi,
l’operaio che batte il ferro o lavora il legno,
il libraio che sa consigliare chi gli chiede un libro,
il giornalista che ama la verità
e la sa comunicare;
il cuoco che prepara da mangiare bene
e accoglie a mensa,
senza alcuna preferenza di persona,
il primo e l’ultimo, il ricco e il povero.
 
Invidio la ragazza tetraplegica,
che mi ha confessato
di essere contenta di esserlo,
perché con un sorriso
è sostegno a chi incontra.
 
Invidio gli attori di strada,
i clowns del circo,
i saltimbanchi e gli acrobati,
seminatori di gioia per le strade del mondo;
invidio chi sa perdonare
senza pi√π ricordare;
invidio i santi anonimi del Paradiso,
perché sono più vicino a loro
che a quelli dell’Altare;
invidio chi possiede l’arte del sorriso
per donarla agli altri,
l’arte della riconciliazione
per creare comunione
tra la gente e tra nemici;
invidio chi muore affidandosi a Dio,
accettando la sofferenza, senza lamento.
Vorrei invidiare anche i politici
che non sono schiavi del potere e del soldo
ma sono «servi» della gente.
Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano
don Vittorio Chiari
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