Ero contento di essere un attivista pro-life, almeno nei primi due anni, ma a mano a mano che mi coinvolgevo nell'attività di volontariato mi sentivo sempre più a disagio nell'attaccare sul mio blog le convinzioni di tante persone con cui stavo invece lavorando. Così ho deciso di smettere di criticare la religione e ho approfondito gli argomenti in favore di Dio...
del 29 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
            L’autore del blog The Raving Atheist (ateo furioso, Ndr), per anni ateo militante e citato dal film “The God that wasn’t there” di Brian Flemming, racconta la sua conversione al cristianesimo. L’avvocato americano che si cela dietro lo pseudonimo ha deciso di cambiare il sito web in The Raving Theist, proprio per indicare la sua conversione. Il sottotitolo del blog oggi recita: “Dedicato a Gesù Cristo, ora e per sempre”. 
Lei è sempre stato ateo fin dall’infanzia?
          Al contrario. Mio nonno, suo padre e molti dei miei antenati da parte materna erano ministri del culto cristiani e, fin dall’infanzia, ho avuto una educazione religiosa nella chiesa adiacente la casa dei miei genitori. Per di più, mia madre ha cantato nel coro della chiesa per circa cinquant’anni e in casa pregavamo prima di ogni pasto. Quindi, il mio interesse per la religione è un esito naturale della mia educazione. 
Poi cos’è successo?
          Sono cresciuto nella New York degli anni ’60, quando molti americani mettevano in discussione autorità e religione. La rivista più diffusa a livello nazionale, il Time Magazine, uscì nel 1966 con una copertina in cui si dichiarava: “Dio è morto.” Quando avevo dieci anni, il mio migliore amico era ateo e le sue idee hanno influenzato le mie. Da adolescente, andai in biblioteca a leggere “Perché non sono cristiano” di Bertrand Russel e anche questo libro cambiò il mio atteggiamento verso la religione. Inoltre, la famiglia di mio padre era composta soprattutto da socialisti e comunisti atei o agnostici. Anche se evitavano di discutere di questi argomenti di fronte ai bambini, io ne ero comunque a conoscenza. 
In fondo il suo ateismo era una forma di interesse per la religione, a differenza di quanto avviene per la maggior parte delle persone …
          Lei dice che in molti non hanno un grande interesse per la religione. In effetti, credo che vi siano molti più atei in America ora di quando ero ragazzo, ma l’intera vita di molte persone è tutt’ora basata sulla loro Chiesa e sulla loro fede. Forse in Europa la situazione è molto diversa.
I primi dubbi sull’ateismo le sono venuti affrontando il tema dell’aborto. Perché?
          Chi si proclama a favore dell’aborto rifiuta di discutere il fatto scientifico di fondo e cioè che il feto è un essere umano non ancora nato. Invece, di solito usano uno dei seguenti argomenti scorretti e non scientifici. In primo luogo, sostengono che il feto è qualunque cosa la madre pensi esso sia: se la madre pensa che sia un bambino, allora è un bambino, ma se pensa che sia un grumo di cellule, allora è un grumo di cellule. Questo argomento è evidentemente non scientifico, dato che la natura reale del feto non cambia a seconda di quello che uno pensa di lui.
Vada avanti.
          Un altro loro argomento è che l’opposizione all’aborto è solo un dogma superstizioso cattolico o comunque religioso. Anche questa argomentazione non tiene alcun conto dello stato del feto da un punto di vista scientifico, ma pretende che la sola ragione per cui ci si possa opporre all’aborto sia religiosa, accantonando le motivazioni scientifiche condivise sia da credenti che da non credenti. La Chiesa cattolica e le altre religioni si oppongono anche alla pena di morte, all’omicidio, allo stupro, al furto e ad altri crimini, ma questo chiaramente non significa che l’opposizione a questi misfatti sia esclusivamente religiosa. 
E l'ultimo argomento? 
          C’è chi sostiene che la religione, la Bibbia o altri testi religiosi sono in favore dell’aborto. Ancora una volta si lascia da parte la natura del feto per un’argomentazione di tipo religioso. Val la pena di notare che Planned Parenthood impiega uomini di chiesa per promuovere l’aborto e tiene ogni anno il suo Interfaith Prayer Breakfast, con la partecipazione di ministri dei vari culti.  
C’è una persona che ha rivestito un’importanza particolare nella sua conversione?
          Sì, il suo nome è Ashli McCall ed è una madre cristiana dal grande cuore, intelligente e molto attenta alle tematiche scientifiche. Ashli ha dedicato gran parte della sua vita ad aiutare le donne incinte malate a partorire ugualmente. Subito dopo esserci conosciuti su Internet, nel 2004, mi ha coinvolto nella sua attività caritativa e questa esperienza ha cambiato le mie opinioni sull’aborto. Nel 2007, Ashli ha pubblicato “Beyond Morning Sickness” (Al di là della nausea mattutina), una guida esauriente e scientifica di 500 pagine per il trattamento della hyperemesis gravidarum (iperemesi gravidica), una terribile malattia collegata alla gravidanza, che provoca nausea, vomito, disidratazione e sottoalimentazione. Da allora mi sono impegnato nella diffusione del suo libro e nel lavoro con gli altri volontari per dare sostegno e cure migliori a queste ammalate; così abbiamo aiutato centinaia di donne in tutti i 50 Stati americani e in altri 23 Paesi. 
C’è stata una fase in cui lei si è definite un “ateo pro-life”, qualcosa di simile ai nostri atei devoti. Perché a un certo punto questa posizione non le è più bastata?
          Io ero contento di essere un attivista pro-life, almeno nei primi due anni, ma a mano a mano che mi coinvolgevo nell’attività di volontariato mi sentivo sempre più a disagio nell’attaccare sul mio blog le convinzioni di tante persone con cui stavo invece lavorando. Così ho deciso di smettere di criticare la religione nei miei scritti e ho cominciato, invece, ad approfondire gli argomenti in favore di Dio, anche sul mio sito. Il costringermi a fare questo mi ha condotto alla fine a credere nel cristianesimo.
Lei ha scritto che chi crede è una persona più felice di chi non lo è. Perché ne è convinto?
          Chi vive veramente la sua fede cristiana serve Dio aiutando il prossimo. Una gran parte di ciò che fa di un essere umano una persona “buona” o “migliore”, consiste proprio nel dare questo aiuto. Per quanto riguarda la felicità, io ho trovato che la gioia di aiutare gli altri, e l’amicizia che si crea con le persone incontrate facendo questo, è la più grande forma possibile di felicità.
Per quale motivo ha sentito l’esigenza di rendere pubblica la sua conversione attraverso il suo blog?
          In quel momento non ho pensato che stavo “pubblicizzando” la mia conversione. Verso il 2008 avevo quasi smesso di scrivere sul mio blog e ormai anche i visitatori del mio sito si erano ridotti di molto. La comunità degli atei aveva dato da tempo per scontata la mia conversione e così io non ho considerato il mio annuncio come un grande evento. In effetti, allora ho pensato che sarebbe stato notato quasi solo dai miei compagni pro-life. In Usa era stato appena eletto un presidente decisamente pro aborto e con quell’annuncio volevo soprattutto dare loro un po’ di incoraggiamento. La ragione per cui ho usato il blog è che attraverso di esso avrei raggiunto tutti i miei amici, anche quelli mai incontrati personalmente, cioè, ho considerato quel messaggio principalmente come una e-mail privata di massa, non altro. 
Ha mai avuto dei momenti di ripensamento, in cui si è rammaricato della sua conversione?
          Non è possibile rammaricarsi per aver abbracciato un credo che si ritiene vero. Una persona che un tempo era convinta che la Terra fosse piatta non si rammarica poi di credere che è rotonda. Uno può dispiacersi di un tatuaggio, di un taglio di capelli mal riuscito o di un lavoro insoddisfacente, ma le convinzioni di una persona sono quelle che sono e dire che ci si rammarica delle proprie convinzioni significherebbe che non ci si crede realmente.  
Come si sente oggi rispetto a quando era ateo? 
          Devo ammettere che molti aspetti della mia vita come The Raving Atheist mi piacevano. Apprezzavo, per esempio, la sfida intellettuale dell’esprimere le mie opinioni e dibatterle con altri e mi sentivo nobile nella mia missione di liberare il mondo dalla irrazionalità e dalla superstizione. Sapere di essere “il più intelligente nella stanza” mi dava una sensazione di grande orgoglio e superiorità. Ma alzarmi tutti i giorni per attaccare o prendere in giro altre persone, particolarmente quelle generose e ben intenzionate, era diventato un esercizio ripetitivo e sgradevole. Se guardo indietro, mi accorgo di non aver combinato nulla da ateo. Niente in quell’esperienza può essere paragonato alla gioia che ogni giorno provo lavorando con le donne incinte e i volontari di Beyond Morning Sickness. Non sono mai stato così felice nella mia vita.
Pietro Vernizzi
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