L'assistenza: presenza educativa ininterrotta

L'assistenza è presenza educativa ininterrotta. Don Bosco era sempre in mezzo ai suoi giovani; si accostava ora all'uno ora all'altro per conoscere i loro bisogni, sempre sereno e sorridente, senza che nulla gli sfuggisse. Diceva spesso: “Io qui con voi mi trovo bene”.

L’assistenza: presenza educativa ininterrotta

da Quaderni Cannibali

del 22 aprile 2009

 

1. L’ESPERIENZA DI DON BOSCO

I ragazzi, quando andavano all’oratorio, cercavano don Bosco e i suoi collaboratori. Una volta conquistati dall’affetto e dall’amicizia di don Bosco e dei suoi giovani, si affezionavano all’oratorio e non lo lasciavano più. Dice don Bosco che “i ragazzi devono accorgersi di essere amati” dai loro animatori.

 

2. CHE COS’È L’ASSISTENZA?

L’assistenza è presenza educativa ininterrotta. Don Bosco era sempre in mezzo ai suoi giovani; si accostava ora all’uno ora all’altro per conoscere i loro bisogni, sempre sereno e sorridente, senza che nulla gli sfuggisse. Diceva spesso: “Io qui con voi mi trovo bene”.

L’importante è che andando all’oratorio il ragazzo sappia di trovare un prete, una suora, un giovane animatore... che lo attende con cuore di amico. L’assistenza diventa così presenza premurosa e paterna per prevenire il male ed educare al bene.

 

3. GLI AMICI DEL CORTILE DI DON BOSCO

Sono gli animatori, con l’animo interiormente lieto, che stanno volentieri in mezzo ai ragazzi, che trovano gusto nel partecipare ai loro giochi, dialoghi e interessi. Il segreto sta naturalmente nelle motivazioni che ci sono nel cuore dell’animatore.

 

4. I NEMICI DEL CORTILE DI DON BOCO

Sono gli animatori che preferiscono stare tra di loro anziché in mezzo ai ragazzi, che non si accorgono che i ragazzi stanno per conto loro. Sono presi dai propri problemi personali, familiari, scolastici, di ricerca del ragazzo o della ragazza (questi problemi vanno affrontati nella preghiera, nella confessione e nella direzione spirituale).

 

5. ATTENZIONI PARTICOLARI

* Accoglienza senza condizioni, imparare presto e bene tutti i nomi dei ragazzi, curare il primo passo, parlare personalmente.

 

* Stare “in mezzo” ai ragazzi in cortile, sul banco in Chiesa, in pullman. Non deve mai accadere che un animatore si sieda accanto ad un altro animatore o animatrice, ma sempre e solo in mezzo ai ragazzi. Aver sempre una visione d’insieme, senza perdersi in “particolari”. Smuovere gli angoli “morti”.

Dice don Bosco: “Ricordatevi bene che i ragazzi mancano più per vivacità che per malizia; più per non essere ben assistiti che per cattiveria. Bisogna trovarsi con loro, prendere parte ai loro giochi, assisterli attentamente senza aver l’aria di farlo, metterli insomma nell’impossibilità morale di peccare”.

 

* Offrire una pluralità di interessi in modo da agganciare anche quelli che non hanno voglia di fare le solite cose.

 

* Prevenire. “Organizzare prima” che arrivino i ragazzi i giochi, le attrezzature funzionanti, i cartelloni, le squadre...

 

* Capire i casi difficili, individuare i gruppetti di ragazzi che tendono ad isolarsi, a non partecipare. Non serve richiamarli, anzi questo li indispettisce. Serve piuttosto “buttarsi dentro” ai loro discorsi e simpaticamente proporre qualcosa che li attragga.

Don Bosco a questo proposito ci insegna: “In ogni giovane, anche il più disgraziato, c’è un punto accessibile al bene, e dovere primo dell’educatore è di cercare questo punto, questa corda sensibile del cuore e di trarne profitto”.

 

* Non permettersi mai di offendere un ragazzo, di mettergli le mani addosso, di castigarlo in modo pesante anche se veniamo provocati. Con calma, ricorriamo all’intervento del responsabile, il quale saprà dosare correzione, dialogo educativo ed eventuali castighi.

Mai ridicolizzare i difetti, soprattutto quelli fisici.

Mai castighi pubblici, fisici, generali e umilianti.

Dice ancora don Bosco: “Se volete ottenere molto dai vostri allievi, non mostratevi mai offesi contro alcuno. Tollerate i loro difetti, correggeteli, e poi dimenticateli”.

 

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