Dall'Annunciazione al Calvario la vita di Maria fu tutta protesa verso la consumazione di quell'offerta sacrificale che era la ragione della vita del Figlio e che noi ritroviamo, differente solo nella forma esterna, nell'Eucaristia.
del 12 giugno 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          Il Concilio Vaticano II, quando parla della Vergine e della sua associazione all’opera redentrice del Figlio, dice queste luminose parole: «Maria è veramente madre delle membra di Cristo, poiché cooperò con la carità alla nascita dei fedeli della Chiesa, i quali di quel Capo sono le membra [...]» in quanto «da Lei il Figlio di Dio assunse la natura umana per liberare coi misteri della sua Carne l’uomo dal peccato» (Lumen gentium, n. 53).Il Verbo prende perciò carne nel grembo purissimo di Maria; lo Spirito Santo forma dalla sua carne il Corpo di Gesù e questo Corpo è proprio quel Corpo che è destinato ad essere confitto in Croce per la Redenzione umana; quel Corpo riguardo al quale, come afferma il testo della Lettera agli Ebrei, il Verbo dice: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato» (Eb 10,5-7).
          Dall’Annunciazione al Calvario, perciò, la vita di Maria fu tutta protesa verso la consumazione di quell’offerta sacrificale che era la ragione della vita del Figlio (ivi, n. 56) e che noi ritroviamo, differente solo nella forma esterna, nell’Eucaristia.
          A questo proposito riportiamo integralmente il n. 56 dell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia in cui il papa Giovanni Paolo II dipinge, con poche ma solide pennellate, il cuore del tema che stiamo trattando. «Maria fece sua, con tutta la vita accanto a Cristo, e non soltanto sul Calvario, la dimensione sacrificale dell’Eucaristia. Quando portò il bimbo Gesù al tempio di Gerusalemme “per offrirlo al Signore” (Lc 2,22), si sentì annunciare dal vecchio Simeone che quel Bambino sarebbe stato “segno di contraddizione” e che una “spada” avrebbe trapassato anche l’anima di lei (cf. Lc 2,34-35). Era preannunciato così il dramma del Figlio crocifisso e in qualche modo veniva prefigurato lo “stabat Mater” della Vergine ai piedi della Croce. Preparandosi giorno per giorno al Calvario, Maria vive una sorta di “Eucaristia anticipata”, si direbbe una “comunione spirituale” di desiderio e di offerta, che avrà il suo compimento nell’unione col Figlio nella passione, e si esprimerà poi, nel periodo post-pasquale, nella sua partecipazione alla Celebrazione eucaristica, presieduta dagli Apostoli, quale “memoriale” della passione.
          Come immaginare i sentimenti di Maria nell’ascoltare dalla bocca di Pietro, Giovanni, Giacomo e degli altri Apostoli le parole dell’Ultima Cena: “Questo è il mio corpo che è dato per voi” (Lc 22,19)? Quel corpo dato in sacrificio e ripresentato nei segni sacramentali era lo stesso corpo concepito nel suo grembo! Ricevere l’Eucaristia doveva significare per Maria quasi un ri-accogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la Croce».  
          Non c’è da dubitare a questo punto che Maria Vergine abbia compreso – e molto più profondamente di chiunque altro – tutto il contenuto essenziale delle parole dell’Angelo che dovevano compiersi in Lei, ossia: l’elezione a Madre del Figlio di Dio, Messia e Salvatore degli uomini, e il concepimento verginale del Figlio di Dio ad opera dello Spirito Santo. 
          Maria Santissima, quindi, già all’Annunciazione comprese che l’essere di cui sarebbe divenuta Madre era un essere destinato al sacrificio. E ad un sacrificio che, contrariamente a quello di Abramo, si doveva consumare fino all’ultimo. L’Angelo, da parte di Dio, non le stava pertanto solo chiedendo di diventare la Madre di Dio, ma anche la Socia del Redentore. A questo proposito, in una sua catechesi mariana dal titolo Maria Nuova Eva, tenuta mercoledì 18 settembre 1996, nel corso di un’udienza generale, papa Giovanni Paolo II ha affermato: «La dedizione alla persona e all’opera di Gesù per Maria significa l’unione intima con il Figlio, l’impegno materno a promuovere la sua crescita umana e la cooperazione alla sua opera di salvezza. Maria esercita quest’ultimo aspetto della sua dedizione a Gesù “sotto di Lui”, cioè in una condizione di subordinazione, che è frutto della grazia. Si tratta però di vera cooperazione, perché si realizza “con Lui” e comporta, a partire dall’Annunciazione, un’attiva partecipazione all’opera redentrice. “Giustamente quindi – osserva il Concilio Vaticano II – i santi Padri ritengono che Maria non fu strumento meramente passivo nella mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza dell’uomo con libera fede ed obbedienza. Infatti, come dice sant’Ireneo, ella obbedendo divenne causa della salvezza per lei [Eva] e per tutto il genere umano”». 
          L’ombra della Croce si proietta già qui e, umanamente parlando, la prospettiva è terribile. Non ci sembra, a questo proposito, che abbia proprio tutti i torti san Bernardo quando nelle sue celeberrime omelie sulla Madonna, sembra quasi tremare alla possibilità che la Vergine dica di no all’annuncio dell’Angelo e pare quasi la spinga, sotto il movente della carità nei nostri riguardi, a dire il suo sì.
          In effetti, conoscendo i danni che ha inferto alla volontà umana il peccato originale, solo una creatura immacolata avrebbe potuto dare il suo sì a quell’annuncio. Una creatura in cui la carità divina esercitasse un dominio assoluto, tale da non spaventarla delle cose più ardue. Solo perché è l’Immacolata la Vergine ha potuto dare il suo assenso all’Incarnazione. Pertanto, la verità dell’Immacolata Concezione è il fondamento ontologico di questa meravigliosa partecipazione alla dimensione sacrificale della vita del Figlio prima e dell’Eucaristia poi, propria della Vergine.   
Padre Rosario M. Sammarco
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