Giovanni il Battezzatore ha iniziato la propria predicazione con un grido: “Convertitevi, perché il regno dei cieli si è avvicinato!”, ed ecco che a questo suo invito aderiscono molti giudei che, avendo deciso nel loro cuore di cambiare mentalità e comportamento e di produrre frutti di penitenza, si fanno immergere da Giovanni nel fiume Giordano.
del 01 gennaio 2002
Giovanni il Battezzatore ha iniziato la propria predicazione con un grido: “Convertitevi, perché il regno dei cieli si è avvicinato!”, ed ecco che a questo suo invito aderiscono molti giudei che, avendo deciso nel loro cuore di cambiare mentalità e comportamento e di produrre frutti di penitenza, si fanno immergere da Giovanni nel fiume Giordano. Giovanni è esigente: non basta il gesto dell’immersione per trovare salvezza di fronte al giudizio imminente, non è neppure sufficiente vantare la propria identità di figli di Abramo. No, occorre un modo di vivere che mostri la volontà di non sottostare più all’ingiustizia, di smettere di essere peccatori: allora i peccati saranno perdonati.
Chi crede e accoglie questa predicazione di Giovanni? Non i sacerdoti e gli officianti del tempio, non gli scribi conoscitori della legge, ma donne e uomini visibilmente in stato di peccato, raffigurati dal binomio “prostitute e pubblicani” (cf. Mt 21,32). Visibilmente potremmo dunque immaginarci una fila di persone “segnate a dito”, che vanno al Giordano dal Battista: ebbene, in quella fila di peccatori si mette anche Gesù! Azione scandalosa, persino per gli stessi cristiani delle prime comunità, alcuni dei quali cercheranno di minimizzare l’evento fino quasi a dimenticarlo, ma il Vangelo, anzi, tutti e quattro i Vangeli ce lo testimoniano con chiarezza: Gesù si associa ai peccatori, si mostra tra di loro e come uno di loro nel chiedere a Giovanni l’immersione. Secondo l’evangelista Matteo, il Battista vorrebbe impedire questo gesto di Gesù e vi obietta con risolutezza, ma Gesù con altrettanta determinazione gli chiede: “Lascia fare, per ora!”, invitandolo a compiere insieme la giustizia di Dio, ad esprimere – Giovanni e Gesù – la volontà di Dio e non la loro. Sì, la giustizia di Dio non è la giustizia dell’uomo, anche se quest’ultima ne è un frutto: la giustizia di Dio, infatti, è quella particolare coerenza con cui Dio intende realizzare la sua misericordia verso i peccatori, il suo disegno universale di salvezza.
L’episodio del battesimo è la prima occasione in cui Gesù, uomo maturo, entra sulla pubblica scena: non è protagonista né di miracoli, né di un insegnamento, ma è un uomo che si associa agli uomini peccatori, un discepolo che si abbassa di fronte al maestro: Gesù inizia il suo ministero in solidarietà con l’umanità peccatrice, in un movimento di umiltà. Non si presenta come un salvatore potente, non si mostra con azioni portentose, ma sta in compagnia dei peccatori che tentano di convertirsi: quello intrapreso da Gesù fin dai primi passi è un cammino di abbassamento, di svuotamento, di umiliazione.
Ora, proprio nel momento dell’immersione di Gesù in quell’acqua carica dei peccati dell’umanità, la voce del Padre si fa udire: “Tu sei mio figlio, l’amato: in te provo grande gioia!”. Dio voleva vedere Gesù proprio così, lì in mezzo ai peccatori, e proprio in quell’atto di abbassamento voleva riempirlo di Spirito santo. E così è avvenuto. I Vangeli ci dicono che Gesù iniziò la sua vita matura narrando Dio, parlando e operando in nome suo: per questo è stato unto, consacrato con l’unzione dello Spirito santo. Proprio nel battesimo di Gesù ci è dato di cogliere l’unità della salvezza in Dio che opera attraverso il Figlio Gesù conferendogli tutta la potenza dello Spirito santo.
Ma questa festa dell’immersione di Gesù è per noi anche memoria di un’immersione che sta all’inizio della nostra vita cristiana – il nostro battesimo – e, al contempo memoria della voce di Dio rivolta a ciascuno di noi: “Tu sei mio figlio!”. Ognuno di noi è figlio di Dio, ognuno è luogo della grande gioia di Dio se resta in cammino di conversione, di ritorno a lui, ognuno di noi è luogo su cui scende e riposa lo Spirito santo se sa invocarlo e apprestare tutto per accoglierlo. E’ così che possiamo sentirci figli di Dio, capaci di gridargli “Abbà, papà amato”, capaci di respirare lo Spirito santo.
Il battesimo di Gesù rivela che lo Spirito santo è sceso su di lui e lo abitava con le sue energie: energie apparentemente deboli, inermi, ma più potenti di ogni altra forza, sia di morte che di vita, energie divine, non creaturali. E sono proprio queste energie che abitano ogni cristiano dal giorno del suo battesimo: energie nascoste che tuttavia non cessano di mostrarsi efficaci nella sua vita, energie più forti del peccato e, come vedremo un giorno, più forti anche della morte.
Tratto da: Dare senso al tempo
Enzo Bianchi
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