2,1 migliaia d'individui: i nomi e cognomi raccolti assieme a queste cifre sono quelli dei cristiani uccisi rispettivamente nel 2012 e nel 2013 per la propria testimonianza di fede.
Quando da un anno all’altro un’analoga rilevazione statistica passa da 1,2 a 2,1 migliaia d’individui, è lecito sospettare un’inversione di cifre dovuta a una svista. Ma l’Ong internazionale non confessionale “Open doors”, nata negli Stati Uniti, assicura di aver verificato come sempre più volte i propri dati totali.
Dunque, la progressione in questione gela il sangue, perché i nomi e cognomi raccolti assieme a queste cifre sono quelli dei cristiani uccisi rispettivamente nel 2012 e nel 2013 per la propria testimonianza di fede in 50 Paesi dove il fenomeno è particolarmente diffuso. L’ultimo “indice mondiale di persecuzione” di Open doors fa riferimento a Stati che sono tutti asiatici e africani, ad eccezione della Colombia.
Nell’arco di soli 12 mesi, le vittime cristiane accertate dall’Ong nei vari continenti sono passate esattamente da 1.201 a 2.123 casi. Una crescita determinata in misura significativa dal cataclisma bellico e umanitario della Siria, dove nel 2013 sono stati uccisi per via della loro fede 1.213 cristiani, una cifra superiore al totale planetario registrato l’anno precedente. La Chiesa nigeriana ha pianto invece 612 vittime.
Rispetto ad altre indagini, la particolarità di quella effettuata da Open Doors sta proprio nella certezza su identità e cause della morte. Senza questi criteri, commenta la stessa Ong, le stime di altri osservatori giungono a cifre attorno a 8mila vittime. Dato che il metodo e l’accuratezza dell’organismo non cambiano, è lecito concludere che lo scenario planetario delle persecuzioni contro i cristiani ha appena conosciuto un anno particolarmente fosco.
Nata per sostenere la Chiesa che resta costantemente nel mirino, l’Ong ritiene che «oggi, più di 150 milioni di cristiani sono perseguitati nel mondo». Nell’ultimo anno, l’aumento delle persecuzioni è «generalizzato», anche se preoccupa in particolare quanto accade nel mondo arabo-musulmano, dato che si osserva una sorta di «inverno cristiano proprio nei Paesi che hanno vissuto la Primavera araba». Inoltre, spostando la lente verso il cuore dell’Africa, anche l’area del Sahel, nel suo insieme e di recente la Repubblica Centroafricana, appaiono oggi come «un campo di battaglia per la Chiesa».
Se si considerano gli Stati singolarmente e si valuta il grado di pericolo e di precarietà per ogni cristiano presente, la Corea del Nord resta il contesto più ostile. La caccia all’uomo contro i cristiani è esplicita e sistematica pure nella Somalia in preda al militarismo fondamentalista degli shabaab. Sono citati in seguito i due maggiori epicentri della “Primavera araba”, Siria ed Egitto, che detengono rispettivamente i tristi primati del numero di cristiani assassinati e dell’intensità delle violenze anticristiane.
Anche altri Paesi a maggioranza musulmana ridotti politicamente alla condizione di Stati in frantumi, o di “non Stati”, generano continue insidie per i cristiani. È così in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Yemen e Libia. Sono contesti estremamente rischiosi per chi è cristiano pure l’Arabia Saudita, l’Iran, l’Uzbekistan, ma anche Paesi minuscoli come le Maldive e il Qatar, già prescelto per ospitare i Mondiali di calcio.
Fondata nel 1976, l’Ong pubblica un indice completo da 12 anni. Le forme di persecuzione rilevate variano sensibilmente secondo i Paesi. La Corea del Nord, ad esempio, nega in toto la libertà di coscienza, al punto che credere in Dio è semplicemente proibito. L’Uzbekistan si mostra particolarmente accanito contro la trasmissione della fede. In altri Paesi, i cristiani subiscono un sistematico ostracismo. Così, nelle Maldive delle spiagge turistiche, il governo non ha mai autorizzato la costruzione di chiese.
Daniele Zappalà
Versione app: 3.26.4 (097816f)