La credibilità dell'educatore

che cosa dunque significa educare? Di certo, non che un pezzo di materia inanimata riceva una forma, come la pietra per mano d'uno scultore. Piuttosto, educare significa che io do a quest'uomo coraggio verso se stesso. Che gli indico i suoi compiti ed interpreto il suo cammino, non i miei...

La credibilità dell'educatore

da L'autore

del 27 aprile 2008

Quando ho da educare un uomo, lo guardo attentamente, cerco di comprenderlo; mi chiedo qual è la sua essenza, e se egli è come dovrebbe essere. Dunque lo sottopongo ad una verifica. E mi prendo la libertà di dire: «Fa’ questo!», «Tralascia quello!». Quand’egli poi non vi corrisponda allora: «Hai sbagliato, hai agito male…», gli dico. Tuttavia, chiunque voglia educare avverte una volta o l’altra sorger dentro di sé l’interrogativo: perché mai hai proprio deciso di educare un’altra persona? Da dove prendi il diritto di scrutare, di giudicare, di esigere? E se l’uomo è persona, con la sua dignità e libertà, perché mai voler dire a quest’uomo come deve realizzarsi?

Ad ogni modo, non posso dire: educo, perché sono già educato. Un uomo che dicesse così, meriterebbe di essere di nuovo rispedito a scuola. Non avrebbe compreso che noi non possiamo mai considerarci apposto, ma cresciamo e diveniamo continuamente. Sarebbe più giusta un’altra risposta: perché io stesso lotto per essere educato. Questa lotta mi conferisce credibilità come educatore; per il fatto che lo sguardo medesimo che si volge all’altra persona insieme è rivolto anche su di me.

Ma la questione va più a fondo: che cosa dunque significa educare? Di certo, non che un pezzo di materia inanimata riceva una forma, come la pietra per mano d’uno scultore. Piuttosto, educare significa che io do a quest’uomo coraggio verso se stesso. Che gli indico i suoi compiti ed interpreto il suo cammino, non i miei. Che lo aiuto a conquistare la libertà sua propria.

Devo dunque mettere in moto una storia umana e personale. Con quali mezzi? Sicuramente avvalendomi anche di discorsi, esortazioni, stimolazioni e “metodi” d’ogni genere. Ma ciò non è ancora il fattore originale. La vita viene destata e accesa solo dalla vita. La più potente “forza di educazione” consiste nel fatto che io stesso in prima persona mi protendo in avanti e mi affatico a crescere. [...] É proprio il fatto che io lotto per migliorarmi ciò che da credibilità alla mia sollecitudine pedagogica per l’altro.

Da ultimo, come credenti diciamo: educare significa aiutare l’altra persona a trovare la sua strada verso Dio. Non soltanto, far sì che abbia le carte in regola per affermarsi nella vita, bensì che questo “figlio di Dio” cresca fino a raggiungere la “maturità di Cristo”. L’uomo è per l’uomo la via verso Dio. Perché lo possa essere davvero, però, deve egli stesso percorrere quella via. E’ assurdo parlare ad un uomo della strada verso Dio, se non la si conosce per esperienza personale, o almeno non la si cerca.

Ecco dunque la prima parola, per incominciare il nostro raduno: non ci è mai lecito ritenerci soddisfatti di noi stessi e credere di essere già formati. Deve sempre permanere viva una positiva, santa insoddisfazione. Siamo figure incompiute, soltanto abbozzate. Siamo credibili solo nella misura in cui ci rendiamo conto che un’identica verifica etica attende me, e colui che deve essere educato.

Innanzitutto, vogliamo entrambi diventare ciò che dobbiamo essere.

 

LAVORO

1  Lettura del brano

2 Confronto sui contenuti del brano: li condivido? Qual è l’idea che ritengo più utile per me?

3  Scrivere uno o due messaggi che tutti ritengono importanti

4  Fare uno o due esempi di situazioni in cui queste idee tornano utili

Romano Guardini

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