La cura di sé che passa attraverso la cura dell’altro.

L’esperienza del Servizio Civile Universale raccontata dai ragazzi che la stanno vivendo.

Anche quest’anno un nutrito gruppo di giovani del triveneto sta vivendo l’esperienza del Servizio Civile Universale come anno di scoperta di loro stessi, di lavoro e di orientamento per la loro vita futura.
L’esperienza, partita ormai ad agosto, sta entrando nel vivo con un coinvolgimento dei giovani volontari e di chi li accompagna sempre più importante; tra formazione e azione sul campo ognuno sta scoprendo qualcosa di nuovo di sé e della realtà dentro la quale opera. 

Significativa è stata l’uscita di due giorni a Torino, tra Colle don Bosco -dove è stata eretta la basilica a lui intitolata- e Valdocco, vecchia periferia della città dove sorgeva il primo oratorio e la Basilica di Maria Ausiliatrice voluta dal Santo stesso. Perché proprio quei luoghi? Qual è il significato di visitarli e ascoltare le storie che li hanno attraversati nel tempo?

“La prima cosa che mi ha colpito appena arrivati è la pace: sia a Colle don Bosco che a Valdocco, si respira un’aria di serenità e di pace unica. Mi ha stupito come, in un luogo che nonostante avessi visitato una volta e tanti anni fa, mi sentissi a casa.”

“Il motivo per cui siamo andati a Torino è spiegato dalle innumerevoli testimonianze di chi ha fondato una delle più importanti istituzioni religiose al mondo; partendo dalla tenera età, passando per l’infanzia ai Becchi [borgo dove sorge il Colle Don Bosco], dall’istruzione a Chieri (TO) fino alla fondazione del primo oratorio a Valdocco [ora quartiere nel centro storico di Torino]. Con la guida di nostri coetanei in noviziato al Colle Don Bosco (AT) abbiamo notato molti dettagli nascosti di quell’atmosfera salesiana nata dalla volontà di dedicarsi alla gioventù.”

Quei posti, come dice bene uno dei ragazzi che ha partecipato all’uscita della scorsa settimana, sono pregni della storia di chi li ha fondati e di chi li ha attraversati; insegnano e danno senso a quella pedagogia e a quel carisma che ogni volontario che lavora dentro una casa salesiana incontra quotidianamente. Quei luoghi ci raccontano di cosa significhi davvero “prenderci cura dei ragazzi e dedicare la vita a loro!”.

“Don Bosco e questi luoghi sono molto significativi per il percorso di servizio civile che sto vivendo; ci tengo a ricordare la cosa che più mi ha colpito rispetto alla figura di Don Bosco, ovvero l’amore che dava ai suoi ragazzi e il suo essere in grado di vedere sempre del buono anche in chi risulta essere più difficile da gestire o che, a primo impatto, ci viene da etichettare come “cattivo ragazzo”. Mi ci ritrovo molto in questo modo di essere perché da quando ho iniziato il servizio civile sto imparando sempre di più ad aprirmi e accogliere tutti a prescindere dalla loro personalità.”

Entrati nel vivo dell’esperienza del servizio civile, chi all’interno delle scuole, chi in oratorio o in case famiglia, la tappa di Torino è servita per molti per rendersi coscienti di come il lavoro con i ragazzi li stia aiutando a scoprirsi capaci, a capire cosa significhi davvero “accoglienza” e come l’incontro con i più fragile li aiuti a comprendere la cura dell’altro e che amorevolezza e partecipazione sono la chiave perché il giovane possa non solo sentirsi voluto bene, ma che sappia davvero di esserlo. 

“Anche con gli altri compagni di viaggio, si è subito creato un clima di famiglia, e il luogo aiutava a rafforzare ancora di più le nostre amicizie. Veramente questa esperienza mi è rimasta nel cuore, penso di non aver mai vissuto quella gioia e quella pace in alcun altro luogo.”
“Nella notte trascorsa al Colle abbiamo sperimentato giochi di squadra per meglio comprendere il valore del gruppo, parte integrante del nostro servizio.”

Altra peculiarità del servizio civile universale e della motivazione che ha spinto a proporre i due giorni nei luoghi di don Bosco è l’idea che nessun ragazzo, in questo caso nessun volontario, è da solo ma vive l’esperienza in cammino con altri giovani come lui e può, così, confrontarsi e sentirsi anche supportato in condivisioni di gioie, fatiche, momenti di crescita e sfide che si trova ad affrontare. Il concetto di famiglia tanto caro a don Bosco si traduce proprio in questa condivisione, attraverso i momenti informali o di gioco, che porta ad una maggiore confidenza. 

“Quest’esperienza è stata molto importante per il mio percorso di vita e di Servizio Civile: visitando questi luoghi, che ritengo essere intrisi di spiritualità, sono riuscita a partecipare alle attività proposte con gli occhi di una bambina curiosa. Di questo sono molto contenta perché l’uscita è stata utile per la mia crescita personale e utile a scoprire una parte di me che non conoscevo e pensavo non esistesse. È stato bello mettersi in gioco, conoscere nuove persone, imparare qualcosa di nuovo e conoscere meglio me stessa.”

"È un’esperienza che mi ha fatto bene; visitare i luoghi di Don Bosco, con il cuore aperto e pronti a farsi travolgere dalla bellezza che lo caratterizza, tornare dal papà che è maestro ma è anche un amico è sempre bello, ti apre il cuore.”

Per concludere, come dicono bene due ragazzi volontari del servizio civile, aprire il cuore fa bene, fa conoscere sé stessi e gli altri; aprire il cuore è la via per scoprirsi nuovi e per accogliere chi si incontra. Il servizio civile, vissuto così, è l’esperienza che aiuta a prendersi cura di sé stessi attraverso la cura dei cuori (e delle anime, direbbe don Bosco) di chi incontro, restando aperti alla possibilità di cambiare, di mettersi in gioco a pieno e di capire che una vita dedicata agli altri non è poi così lontana dai nostri desideri. 
Cercare di trovare la propria direzione attraverso un’esperienza così è un dono che questi ragazzi stanno ricevendo e che, leggendo le loro testimonianza, stanno accogliendo in tutte le sfumature. Il Servizio Civile Universale serve proprio a questo: capire o confermare che direzione dare alla propria vita dentro all’incontro con un altro. 

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