La fortuna di essere una schiappa

Lo sport sta perdendo la sua anima. Di queste situazioni, purtroppo, se ne contano a migliaia. Al genitore che chiede spiegazioni sul perché il proprio figlio, tornato per l'ennesima volta a casa piangendo, non è stato convocato per la partita la risposta è senza mezzi termini "suo figlio è in sovrappeso". Giustamente il genitore si interroga...

La fortuna di essere una schiappa

da MGS News

del 02 dicembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

           Questa volta la notizia è finita sulla prima pagina del Corriere della sera di martedì 8 novembre 2011, a firma di Mauro Covacich. Di queste situazioni, purtroppo, se ne contano a migliaia sparse per l'Italia. Al genitore che chiede spiegazioni sul perché il proprio figlio, tornato per l'ennesima volta a casa piangendo, non è stato convocato per la partita la risposta è senza mezzi termini 'suo figlio è in sovrappeso'.

          Giustamente il genitore si interroga, e interroga la società civile, le società sportive, i dirigenti e gli allenatori, sulle finalità educative di un simile ambiente sportivo. Il problema non è la non convocazione, che rientra nelle dinamiche 'di gioco' della squadra e del non facile equilibrio che un allenatore e i dirigenti devono avere nel rispetto di ogni singolo giocatore, della squadra stessa e della società sportiva in cui essa si trova.

          La gravità di quanto sta avvenendo, di cui il fatto in questione è uno dei tanti piccoli-grandi indicatori, con grande lucidità viene messa in evidenza dall'articolista citato. Questo il testo letterale: «Nell'ottica sempre più pressante di un mondo che esige alte prestazioni, anche una piccola scuola-calcio assume la postura produttivistica di fabbrica di calciatori, dimenticando i principali valori su cui è nata: il divertimento, l'aggregazione, la pratica di un'attività che è al contempo valvola di sfogo e scuola di vita, e poi, di nuovo, divertimento».

          Lo sport sta perdendo la sua anima, che non sono i soldi o il successo, ma lo spirito ludico, cioè la voglia di giocare e di divertirsi, confrontandosi con altri e accettando il rischio della sconfitta, e facendo questo con tutta la serietà che richiede il gioco. Non si gioca 'per scherzo': il gioco riesce bene quando si gioca sul serio, con passione e dedizione.

          Invece, troppo spesso «un malinteso concetto di serietà induce ragazzini di dodici anni a pensare alla scuola-calcio come al primo livello di selezione in vista di una carriera. L'immaginario nobile del gesto sportivo viene ribassato sulla prospettiva più consona al pragmatismo odierno, quella di ottenere un impiego prestigioso e ben remunerato. Il calciatore come il cantante di X Factor, come la velina». E purtroppo questa visione distorta dello sport, ancor più grave quando segno di una vita distorta, è fomentata anche dagli stessi genitori.

          Di fronte a tutto ciò forse i ragazzi più fortunati sono proprio le cosiddette schiappe. Essi abbandoneranno quel non-più-sport e torneranno a divertirsi, praticando sport in altri contesti. Così riprenderanno a crescere senza più subire le pressioni di un mondo che non li ha rispettati, perché non li ha accolti per quello che sono, ma li voleva far diventare quello che la loro età ancora non permetteva.

http://www.salesianiperlosport.org

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