Nella nostra storia di uomini ci sono delle occasioni che si presentano e che poi non tornano più: il tempo dello studio è una di queste. È una di quelle occasioni che l'esistenza ti presenta e di cui capisci solo dopo la portata e la valenza.
CONSEGNA DEI DIPLOMI
Intervento tenuto in occasione della consegna dei diplomi di maturità
Grazie per l’invito ad essere qui con voi in questa occasione in cui si consegnano i diplomi ovvero in cui si riconosce a dei giovani che hanno svolto un cammino non solo scolastico ma di vita e per la vita. Nella nostra storia di uomini ci sono delle occasioni che si presentano e che poi non tornano più: il tempo dello studio è una di queste. È una di quelle occasioni che l’esistenza ti presenta e di cui capisci solo dopo la portata e la valenza. Un po’ come quando si perde una persona cara: solo quando non c’è più ne cogli la grandezza e ne capisci i gesti. Solo quando non c’è più ti accorgi delle occasioni perdute e prendi coscienza che ci sono momenti che non torneranno. Così è stato per me alla morte di mi padre: avrei voluto avere una macchina del tempo per recuperare il tempo perduto, ma… il tempo che ci è dato è quello presente, un tempo che tra un attimo non ci sarà più. Non tutto si può rimandare a domani: ci sono alcune scelte che vanno fatte ora, adesso perché domani sarà già tardi.
Don Bosco ha insegnato ai suoi ragazzi a non sprecare il tempo e a considerarlo come un luogo da abitare, uno spazio in cui crescere come “onesti cittadini e buoni cristiani”. Questa espressione, tanto cara a don Bosco, rappresenta il punto di arrivo del suo sistema educativo, un'esperienza spirituale ed educativa allo stesso tempo che si fonda su tre capisaldi: ragione, religione ed amorevolezza.
La ragione sottolinea i valori dell'umanesimo cristiano e rappresenta un appello all’uomo a far leva sulla verità ovvero su tutto ciò che è ragionevole perché buono, bello, vero. Oggi la ragione è un po’ messa alla prova perché viviamo in un momento culturale estremamente relativistico in cui vale tutto e il contrario di tutto, in cui la verità sembra lasciare il passo alle opinioni, in cui parlare di verità sembra essere offensivo. «È pertanto necessario educare nella verità e alla verità. […] Ai giorni nostri, dire il vero è divenuto sospetto, voler vivere nella verità sembra superato e promuoverla sembra essere uno sforzo vano» (Benedetto XVI, Discorso ai nuovi ambasciatori non-residenti, 13 dicembre 2012). È bene che ce lo ridiciamo: alcune scelte sono vere altre sono false, alcune sono buone altre sono cattive, alcune fanno bene altre fanno male, alcune sono ragionevoli altre sono irragionevoli. Il sistema educativo di don Bosco riconosce la validità della ragione umana e dichiara che, insieme alle altre facoltà dell’uomo, gli permette di giungere a ciò che è vero esprimendo un giudizio sulla realtà. Così il papa ha detto nell’incontro con gli educatori cattolici a Washington nel 2008: “conoscere la verità ci porta a scoprire il bene”. E Albert Einstein diceva: «La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre». E la mente dell’uomo si apre alla verità e quindi al bene solo quando è illuminata e guidata dall’amore per la vita. Testa e cuore dovrebbero fare sintesi per garantire l’educazione alla verità. «Il futuro dell’umanità si trova nel rapporto dei bambini e dei giovani con la verità: la verità sull’uomo, la verità sul creato, la verità sulle istituzioni, e così via» (Benedetto XVI, Discorso ai nuovi ambasciatori non-residenti, 13 dicembre 2012): è questa la via per un futuro moralmente sostenibile.
Un altro binario su cui corre il sistema preventivo di Don Bosco è la religione. Ho trovato così scritto nel progetto educativo di una scuola salesiana: “la religione è costruire legami di profondo rispetto”. Mi dispiace… ma la religione per don Bosco non è questo. Religione per Don Bosco significa che Dio centra con la vita dell’uomo, significa che Dio non è un optional ma è di serie. Parlare di religione per don Bosco è affermare che nel cuore di ogni giovane e di ogni essere umano vive e geme il desiderio di Dio. Forse non lo sai dire, forse non lo sai chiamare per nome, forse la tua esperienza ti porta a dire dubitare dell’esistenza di Dio… ma don Bosco (e io di lui mi fido perché è un santo!) ci dice che il desiderio di senso che ti abita e che ti scorre nelle vene non è altro che il desiderio di Dio. Forse c’è qualcuno che dice che le stelle non esistono solo perché sono oscurate dalle nuvole? No… sappiamo bene, per esperienza innanzitutto, che le stelle ci sono. La scuola salesiana vuole aiutare a sgombrare quelle nuvole che impediscono di guardare oltre la materia e di cogliere che l’Infinito ci abita, un infinito che don Bosco chiama anima. «Sarebbe di grande utilità, a tal fine, promuovere una sorta di pedagogia del desiderio, sia per il cammino di chi ancora non crede, sia per chi ha già ricevuto il dono della fede» (Benedetto XVI, Catechesi, 7 novembre 2012).
Infine don Bosco ci parla di amorevolezza e con questa vuole affermare che, per avviare un’efficace relazione e legame educativo, i giovani non solo siano amati, ma conoscano di essere amati; è un particolare stile di rapporti ed è un voler bene che risveglia le energie del cuore giovanile e le fa maturare fino alla dedizione di sé. L’amorevolezza è l’amore che ci mettiamo nel nostro tratto. L’amorevolezza afferma la centralità dell’amore nell’educazione. Don Bosco aveva affermato: “l’educazione è cosa di cuore”. Educare è volere il vero bene del giovane e il primo passo è farselo amico, “guadagnare il suo cuore”. In una sua lettera famosa scritta ai Salesiani da Roma nel 1884 si legge: “Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani”. “Non basta amare i giovani: occorre che loro si accorgano di essere amati”. Non c’è niente da fare: la vita nasce e germoglia solo dove c’è l’amore; per questo uno conosce solo ciò che ama. Non è possibile educare al senso della vita se questa non è amata. Se manca una “conoscenza amorosa” si farà istruzione ma non educazione anche se sappiamo bene che ogni uomo, che lo voglia o no, educa. Siamo tutti condannati ad educare: il tuo sguardo educa, la tua presenza educa, il tuo stesso fatto di esistere educa, la tua amicizia educa così come i tuoi tradimenti. Proprio perché non siamo solo teste da riempire ma persone che cercano un orizzonte di senso ogni gesto educa: la nostra esistenza non è mai neutra. In questo mondo, in un modo o nell’altro, un segno tutti lo lasciamo. E l’amore donato che dice cura, responsabilità, stima, riconoscenza è il segno più bello che possiamo lasciare.
Il sistema educativo di don Bosco prevede allora una antropologia di riferimento ben precisa ovvero una chiara visione di uomo. Chiedo ai ragazzi e alle ragazze qui presenti: che tipo di uomini e di donne volete diventare? Vi siete mai chiesti quale è il modello di uomo a cui vi state ispirando nella vostra crescita? E allo stesso modo chiedo agli insegnanti: verso quale modello di uomo state educando? Oggi questo è un terreno minato. Basti pensare alla teoria del "gender" che sostiene che tra uomini e donne non esistano differenze biologiche iscritte nella natura o al tentativo di ridefinizione del concetto di matrimonio oggi in atto o alla svalutazione della carità a vantaggio unicamente del profitto incentivando una visione materialistica dell’uomo. Detto in altre parole oggi è più ammirato e imitato un ricco imprenditore che una donna come Madre Teresa di Calcutta! Proprio per questa confusione antropologica in atto è importante ribadire che la scuola salesiana, proprio perché cristianamente ispirata e amante della verità dell’uomo, si radica su quanto il Vangelo e la tradizione della Chiesa ci hanno consegnato e tutt’ora ragionevolmente ci indicano.
Antropologia cristiana significa aver a cuore il destino dell’altro, prendersi cura delle persone che la vita ci pone accanto e ci affida. Abbi cura dei tuoi amici, abbi cura dei tuoi figli, voi studenti abbiate cura dei vostri insegnanti e voi insegnanti abbiate cura degli studenti sull’esempio di don Bosco. È qualcosa che tutti noi desideriamo perché ci abita il desiderio di amare e di essere amati così come ci devasta la presa di coscienza di non essere amati da nessuno e di non essere capaci di amare. Oggi molti dicono che i giovani sono una terra abbandonata e devastata, e altri dicono che i giovani sono deboli e con poche risorse. Non è vero! Non esiste terra abbandonata se qualcuno se ne prende cura! Prendiamoci cura gli uni degli altri!
Antropologia cristiana significa avere uno sguardo positivo sull’altro. Don Bosco guardava ai giovani con simpatia e diceva: “Non ho mai conosciuto un giovane che non avesse in sé un punto accessibile al bene (= qualcosa di positivo), facendo leva sul quale ho ottenuto molto di più di quanto desideravo”. È l’ottimismo salesiano, un ottimismo realista che tiene conto del positivo presente in ogni giovane, ma che sa anche di avere a che fare i conti con gli elementi “inquinanti”.
Antropologia cristiana significa assumersi delle responsabilità. In altre parole il cristiano non è un «separato», ma è uno che si assume l’onere di cercare e realizzare il bene comune. L'essere buon cristiano è compatibile con l'essere buon cittadino e l'essere buon cittadino non esclude l'essere buon cristiano. L'originalità di don Bosco educatore sta nel fare l'uno e l'altro. Questo significa che il cristiano onora il dovere civico di partecipare ai grandi appuntamenti che vanno a decidere del futuro di un popolo e che è anche capace di scendere in campo per difendere e promuovere i valori cristiani che sono sempre in difesa dell’uomo e della vita.
Auguro ai giovani che ancora stanno studiando di credere che sono già il presente e non solo il futuro. Voi siete il presente!
Auguro ai giovani che ricevono il diploma di cercare sempre la verità e di amarla anche quando chiede di essere pagata di persona.
Auguro agli insegnanti e alle autorità di essere non solo testimoni credibili ma creduti perché appassionati al bene delle persone che a voi affidate.
Grazie.
I.B.
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