A sorpresa la squadra caraibica di bob a due è riuscita a qualificarsi per i Giochi di Sochi. Ora ha diciotto giorni per trovare finanziamenti...
Il sole splende nuovamente sul ghiaccio giamaicano, ma una nuvola verde dollaro rischia di ricoprirlo proprio a pochi giorni dall’apertura dei giochi di Sochi. E le preoccupazioni sono tante per la squadra caraibica di bob a due, che sorprendentemente lo scorso fine settimana è riuscita a qualificarsi per le Olimpiadi che si apriranno il prossimo 7 febbraio in Russia, evento che però rischia di vedere solo in televisione qualora non riuscisse a raccogliere gli 80 mila dollari necessari per affrontare spese di viaggio ed equipaggiamento. «Ad oggi non abbiamo nessuno sponsor», ha detto il più anziano dei due atleti, il 47enne Winston Watts: online è stata aperta anche una raccolta fondi, attraverso un sito di crowdfunding dove in meno di 24 ore sono arrivate già sottoscrizioni per 25 mila dollari.
GLI UNDERDOG DELL’88
Mancano diciotto giorni, quel che basta per scrivere una storia da cinema che già di per sé meriterebbe di diventare il secondo episodio di Cool Runnings, la pellicola Disney (in Italia nota come Quattro sottozero) che ha immortalato la storia della prima partecipazione dei giamaicani alle Olimpiadi invernali, a Calgary nel 1988. Arrivati come perfetti “underdog”, sfavoriti, caraibici pesci fuor d’acqua tra i ghiacci del Canada, i quattro si guadagnarono l’applauso di tutti per la perseveranza con cui avevano inseguito il loro sogno olimpico, crollato solo dopo un incidente nella gara finale, e divennero “The hottest thing on the ice”, la cosa più calda sul ghiaccio. Per le quattro edizioni successive riuscirono sempre a qualificarsi, poi, nel 2002, la Giamaica salutò i giochi a cinque cerchi invernali.
L’ADDIO NEL 2002
Winston Watts è figlio sportivo dei quattro corridori di Calgary. Oggi ha 47 anni ed è entrato in questo sport nel ’93, sull’onda emotiva di quella storica partecipazione olimpica per prendere parte a tre edizioni dei giochi. Dopo Salt Lake City 2002 pensava di aver chiuso per sempre con scarpe chiodate e budelli, si è ritirato negli Stati Uniti e ha trovato un lavoro in Wyoming, nel campo petrolifero. Intanto, nel suo Paese il bob perdeva prestigio, cresceva in maniera prepotente la generazione dei velocisti: Asafa Powell e Usain Bolt, Yohan Blake e Michael Frater.
IL RITORNO AI GHIACCI
Ma due anni fa, Winston è tornato sulla sua decisione e non ha resistito alla chiamata dei ghiacci: prima ha pensato a una squadra a quattro, ma le defezioni dei compagni lo hanno costretto a dimezzare l’equipaggio. Si è messo assieme a Marvin Dixon, un velocista più giovane di lui di 20 anni, e ha ripreso ad allenarsi negli Stati Uniti. «Ma guardami: per me l’età è solo un numero. Non diresti che ho 47 anni, ma 35, o 30», diceva la scorsa settimana al giornalista del Telegraph che è andato a intervistarlo. All’inizio, dalla federazione giamaicana non arrivava un soldo. «Ma io sono un’ottimista nella vita». Qualora andasse male, ha già promesso che si metterà dietro a una possibile squadra per i giochi del 2018, a PyeongChang: «Abbiamo bisogno di giovani atleti, magari di ragazzi che hanno genitori giamaicani ma vivono in altri paesi». Prima, però, ci sono ancora i fatidici 18 giorni per raccogliere i fondi in vista di Sochi: «Non c’è nessuna compagnia britannica interessata a sponsorizzarci?».
Emmanuele Michela
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