E Cristo viene, col suo passo folgorante di luce, sulla strada di ciascuno. Pasqua è l'evangelo del corpo: è il corpo che risuscita, non solo l'anima: è il corpo di Lazzaro che viene fuori ed è sciolto e lasciato andare, è il corpo di Gesù che manca nel sepolcro vuoto.
del 28 marzo 2008
Il primo segno di Pasqua è il sepolcro vuoto. La corsa concitata il grido inarticolato delle donne, lo stupore e la fede di Pietro e di Giovanni giungono lì e vedono solo un vuoto, contornato di segni. Entrarono, videro o credettero: videro i segni della nostra fragile vita, ma anche della nostra possibilità di darle significati veri, decisivi, che ci tolgono dall’assuefazione alla croce a dalla dipendenza dal dolore.
 
“Nella storia umana manca un corpo per chiudere in pareggio il conto degli uccisi. Una tomba è vuota. Manca un corpo alla contabilità della morte, i suoi conti sono in perdita, la vincitrice è vinta. La risurrezione di Cristo solleva il nostro pianeta di tombe verso un mondo nuovo, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno; dove gli imperi fondati sulla violenza crollano; dove le piaghe della vita possono distillare non più sangue ma luce, come le ferite del Risorto”(p. Ermes)
 
Risurrezione afferma che il male non è il vincitore; che, di fronte alla violenza che dilaga, la Pasqua ci convoca a rifiutarci di accettare una storia in cui i potenti continuino a credersi dominatori, a dimenticare che il seme dell’eternità non sta nella loro triste e beffarda violazione delle vittime, ma nella possibilità che queste impavide ritornino a opporsi e alla fine vincere. Gesù, la vittima che risorge mostra che la ragione non è dei più forti o dei più violenti. Che il fine della storia sarà buono e giusto.
 
E Cristo viene, col suo passo folgorante di luce, sulla strada di ciascuno. Pasqua è l'evangelo del corpo: è il corpo che risuscita, non solo l'anima: è il corpo di Lazzaro che viene fuori ed è sciolto e lasciato andare, è il corpo di Gesù che manca nel sepolcro vuoto.
 
Tutta la Settimana Santa è focalizzata attorno al corpo di Gesù: Maria di Betania unge di nardo i suoi piedi e li avvolge con i suoi capelli, inizia così la passione, con il corpo profumato, poi il corpo nel pane e nel vino, il corpo, il volto, baciato ripetutamente dal traditore, il corpo disteso a sudare sangue e a lanciare grida di disperazione; il corpo torturato, inchiodato, violato dalla morte. Il corpo inerte, disarticolato calato dal patibolo, il corpo subito trasportato in fretta con tutto il suo sangue e le sue piaghe avvolte in un lenzuolo. Poi il corpo assente, nel sepolcro vuoto. E infine il corpo di Cristo trasformato.
 
E’ il nostro corpo piagato dalle malattie, dalle ingiustizie, forato dai proiettili dei mitra, corroso dal cancro, dilaniato dalle lamiere degli incidenti o schiacciato dalle presse delle fabbriche, bruciato nei roghi dei nostri monti, il nostro corpo imperfetto, visto come attentato alla felicità e non voluto ancor prima di nascere, il nostro corpo vecchio che nessuno più vuole, che deve sparire per non creare problemi a nessuno, tanto meno a una società, che vuol essere efficiente e competitiva e che invece si ricompone nella definitiva, vera vita di Dio. Per la Risurrezione di Gesù non c’è nessun corpo a perdere.
 
La Risurrezione di Cristo fu un evento talmente inaudito per i discepoli che per tentare di raccontarla non trovarono un'unica parola specifica, ma adottarono le parole derivate dai verbi 'svegliarsi' e 'alzarsi'. Sono i verbi del mattino, di ognuno dei nostri mattini, quando ci svegliamo e ci alziamo e il primo passo è un passo nel mistero: sono le nostre piccole risurrezioni quotidiane. I nostri mattini di pendolari, il mattino dell'uomo ha prestato agli evangelisti un vocabolario limpido e concreto per dire l'indicibile.
 
E questo significa forse che ad ogni mattino ci è dato di percepire qualcosa del mistero, respirare Cristo risorto, incontrare qualcosa della risurrezione là, in ogni umile aurora, quando mi si rivela la sorprendente freschezza della vita, quando inizia qualcosa di nuovo, quando Lui mi aiuta ad avanzare senza disperare, a vivere una vita non addormentata. E mi precede su vie di pace. 
mons. Domenico Sigalini
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