La Presenza reale di Cristo al centro del paese

Domani 3 settembre, si apre il XXV Congresso nazionale eucaristico. Per comprendere l'assoluta importanza di questo evento, che consiste nel mettere al centro della vita della Chiesa e della nazione l'Eucarestia, cioè la Presenza reale del Signore Gesù nell'Ostia consacrata durante il sacrificio della Messa, può essere utile ritornare...

La Presenza reale di Cristo al centro del paese

da Teologo Borèl

del 02 settembre 2011

 

           Domani, sabato 3 settembre, si apre nelle Marche il XXV Congresso nazionale eucaristico a 120 anni dalla prima edizione, avvenuta a Napoli nel 1891. Per comprendere l’assoluta importanza di questo evento, che consiste nel mettere al centro della vita della Chiesa e della nazione l’Eucarestia, cioè la Presenza reale del Signore Gesù nell’Ostia consacrata durante il sacrificio della Messa, può essere utile ritornare al clima culturale e religioso della seconda metà dell’Ottocento, quando nasce la volontà della Chiesa di promuovere i Congressi eucaristici, prima internazionali e poi anche nazionali. Oggi si sta recuperando felicemente una centralità eucaristica, soprattutto con l’abitudine dell’ora di adorazione in quasi tutte le chiese italiane, grazie anche all’attenzione del Magistero pontificio su questo punto, soprattutto dopo l’ultima enciclica del beato Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucharistia del 2003, ma forse ancora abbastanza deve essere fatto per ricordare, a noi stessi anzitutto, che l’Eucarestia è un bene in sé, il bene, potremmo dire, che precede e supera le sue diverse declinazioni sociali, culturali, politiche, economiche.

           In effetti, qualcosa di simile si verificò nella seconda metà dell’Ottocento, a partire dalla Francia. La Chiesa subiva in Europa le rivoluzioni liberali e nazionaliste che la emarginavano (quando non la perseguitavano) rispetto al ruolo centrale che aveva avuto prima del 1789. All’interno dello stesso mondo cattolico era ancora forte e visibile l’influenza dell’eresia giansenista, una corrente rigorista che allontanava pericolosamente l’uomo dal suo Signore e Creatore, e dalla Sua misericordia redentrice. Durante il lungo pontificato del beato Pio IX (1846-1878) avvenne una profonda svolta che permise alla Chiesa di uscire dall’impasse in cui l’aveva messa il diffondersi del giansenismo, e di reagire di fronte alla persecuzione e all’emarginazione con una rinnovata mentalità apostolica e missionaria.            Fondamentale perché tutto ciò avvenisse fu la rinascita della devozione al Sacro Cuore di Gesù e la sua diffusione di massa, anche in concomitanza con la beatificazione, nel 1864, della principale apostola del Sacro Cuore, suor Margherita Maria Alacoque (1647-1690), che aveva ricevuto le rivelazioni che sono all’origine della pratica dei nove primi venerdì del mese, probabilmente la devozione di riparazione eucaristica più diffusa nel mondo cattolico. Lo strumento che permise di trasferire l’amore e la devozione al Sacro Cuore dalle elite contro-rivoluzionarie, che avevano combattuto in tutta Europa contro i giacobini e le truppe napoleoniche con il Sacro Cuore inciso sulle bandiere, a tutti i popoli cattolici fu la fondazione, nel 1844, dell’Apostolato della Preghiera, il cui principale esponente sarà il padre gesuita Henri Ramiére, che guidò l’associazione dopo il 1860.           Accanto al Sacro Cuore, la rinascita dell’adorazione eucaristica. Nella Parigi del 1848, sconvolta dalla rivoluzione che le impose il cambio di regime così come in molte altre capitali europee, per iniziativa di Teodolinde Dubouché nascono le religiose dell’Adorazione Perpetua e sempre nello stesso anno inizia in città, favorita dal vicario generale mons. De La Bouillerie, la pratica dell’adorazione notturna, che poi si diffonde nel resto della Francia, rinnovando quanto anticipato dal curato d’Ars nella sua piccola parrocchia.           Nel 1860, un testo di mons. Louis Gaston De Ségur (1820-1881), lodato da un Breve di Pio IX, auspica la comunione settimanale e anche quotidiana. In poche settimane vende 180mila copie ma soprattutto penetra nelle abitudini dei cattolici francesi. Cinquant’anni dopo sarà assunta dal Magistero della Chiesa, con le riforme di papa san Pio X (1903-1914).           La personalità che forse diede un volto eucaristico a questa epoca fu Pierre Julien Eymard (1811-1868), canonizzato nel 1962, fondatore della Congregazione dei Sacerdoti e delle Ancelle del SS. Sacramento. Accanto a lui, Marie Marthe Emilia Tamisier (1844-1910)  autentica “mendicante del SS Sacramento nel mondo, dove visse dopo aver avuto il permesso di lasciare la Congregazione appunto per potersi dedicare a fare conoscere e praticare la devozione eucaristica.           In questo clima, il 29 giugno 1873, nella cappella di Paray-le-Monial, dove erano avvenute le apparizioni a santa Margherita Maria, sessanta deputati cattolici consacrano se stessi, il Parlamento e la Francia al Cuore di Gesù.           Fatti di questo genere non possono passare sotto silenzio né rimanere circoscritti alla sola Francia. È in questo clima che si comincia a parlare di Congressi eucaristici, prima internazionali, poi finalmente anche italiani. Il primo viene convocato a Lilla nel 1881 e da qui comincerà una storia a parte, quella appunto dei Congressi eucaristici internazionali, che oggi hanno una storia ricchissima e un’apposita Commissione pontificia: il prossimo si terrà nel 2012 a Dublino e sarà il cinquantesimo.           Ma a Lilla partecipa una delegazione italiana dell’Opera dei Congressi, il movimento cattolico nazionale. Ci vorranno dieci anni, e finalmente, nel 1891, a Napoli viene celebrato il primo dei congressi italiani (cfr. l’elenco e la storia nell’utile libro di Umberto Dell’Orto, Guida storica ai congressi eucaristici nazionali, Ancora, 2011).           Una storia importante, religiosa e sociale, di fedeltà a Cristo presente nel sacramento eucaristico, che continua e che ci piace illuminare con le parole del servo di Dio Paolo VI, il 21 agosto 1968: «un Congresso Eucaristico non è un atto di trionfalismo vanitoso e retorico, ma piuttosto un atto contemplativo compiuto dalla comunità ecclesiale in uno spontaneo sforzo di armonia corale e di unità fraterna, tanto più significativa e preziosa, quanto maggiore è il numero dei fedeli che esso è riuscito a radunare e a sensibilizzare sopra una determinata nota spirituale. E di queste manifestazioni di fede e di pietà, di queste affermazioni ordinate e straordinarie, rivolte ad un atto di comprensione contemplativa comunitaria, oggi vi è pure tanto bisogno».

Marco Invernizzi

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