La Sla, il ciclone e la speranza. "Io, dal mio letto, ho già iniziato a darmi da...

La malattia mi ha insegnato che è sterile continuare a ragionare coi ”se” e i “ma”. La vita mi ha mostrato che esiste un senso e, vorrei dire, una “pratica concreta” di condivisione che è l'unica risposta adeguata di fronte a questi eventi.

La Sla, il ciclone e la speranza. "Io, dal mio letto, ho già iniziato a darmi da fare per la Sardegna"

 

Cari amici, i giorni che noi sardi stiamo vivendo sono drammatici. A Sassari non è successo niente, ma alcuni miei parenti a Olbia hanno perso tutto e questo mi coinvolge. Cosa possiamo fare noi? Avremmo potuto evitare queste morti? L’arrivo di questa perturbazione era stato dato in tempo? Si poteva evitare questo disastro? Ma, in fondo, chi mai si sarebbe aspettato un evento del genere e di queste dimensioni?

 

Sono qui nel mio letto, angosciata. Dalla finestra di casa ho sbirciato cosa accadeva là fuori e vedevo il “diluvio universale”. Era come se il cielo ci cadesse in testa, come se secchiate d’acqua fossero rovesciate sulle nostre teste. Immacolata, mia sorella, mi ha rassicurato. Nel nostro cortile i tombini erano appena stati ripuliti e non avevamo nulla da temere. Ma a Olbia? E nel resto della nostra amata Sardegna? Quante vittime ci sono state! Quante persone hanno perso tutto!

 

Credetemi, una malata di Sla come me conosce bene il senso di impotenza che si prova in queste circostanze. Che siamo esseri limitati per voi è un pensiero che viene quando la natura vi soverchia, vi sopraffà, ma per me è un sentimento costante, perpetuo, che mi accompagna dalla mattina alla sera. Che fare di fronte al finimondo? Da dove ricominciare?

 

La malattia mi ha insegnato che è sterile continuare a ragionare coi ”se” e i “ma”. La vita mi ha mostrato che esiste un senso e, vorrei dire, una “pratica concreta” di condivisione che è l’unica risposta adeguata di fronte a questi eventi. Io lo vedo nel mio piccolo con gli sforzi che la mia famiglia, i miei infermieri e i miei amici fanno con me. Ora vorrei tanto che questo stesso “miracolo” di vicinanza umana lo provassero tutti i sardi verso i nostri fratelli che hanno bisogno. Aiutiamo chi ha perso tutto. È il momento di “rimboccarsi le maniche” e stare vicino a chi ha non ha più nulla.

 

Io mi auguro che il Governo faccia la sua parte e non ci dimentichi (come ogni tanto fa con noi malati di Sla). Ma quel che più mi preme dire ai sardi e a tutti è di non rimanere indifferenti. Non tiriamoci indietro, non facciamo finta di nulla. Io, che non posso nulla, ma che conosco bene la vita di chi ha perso tutto, so che la speranza nasce solo là dove esiste condivisione di un comune destino. Per questo dico a tutti: non tiratevi indietro, ognuno faccia la sua parte.

 

Io, dal mio letto, mentre piango la mia Sardegna, ho già iniziato.

 

 

Susanna Campus

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