Un bell'articolo che ci arriva dalla Comunità Sant'Egidio di Padova. Un estratto "Il desiderio di dare una risposta efficace a coloro che vivono in strada si è trasformato in un progetto di accoglienza che intercetta cinquanta persone senza dimora, offrendo ogni giorno assistenza sanitaria e pasti garantiti".
Guardandoci attorno, scopriamo di essere immersi in un tempo che chiede ad ognuno di dare nuovi significati ad una quotidianità dalle misure strette. L'economia rallenta, si svuotano le strade e i treni, si spostano tra le mura domestiche gli uffici, le aule di scuola, le sale attrezzi delle palestre. Tutto sembra rallentare il suo flusso, eccetto il bisogno di prossimità degli uomini: le relazioni e gli affetti chiedono, oggi più che mai, di trovare spazi per esistere.
Ad accorrere in nostro aiuto sono le tecnologie figlie dell’innovazione moderna, divenute strumenti di connessione fondamentali. Tuttavia, molti rimangono esclusi da questa rete digitale: per anziani, poveri, donne e uomini che abitano la strada il rischio di ritrovarsi ancor di più ai margini è drammaticamente concreto.
Il servizio che la Comunità di Sant’Egidio vive a Padova - e in numerose altre città italiane e nel mondo - cerca di rispondere alla consapevolezza che l’abbandono degli ultimi è la più grande sconfitta per l'umanità. Ci sentiamo coinvolti negli scenari della nostra città, che racchiude in sé storie di sconfinata solitudine e commovente solidarietà. L’amicizia e la vicinanza con i poveri della strada sono messe alla prova in questo periodo: ci viene chiesto di ripensare al nostro servizio quotidiano in termini creativi e adottare delle risposte immediate ed appropriate. Le misure di sicurezza che ci impongono di mantenere le distanze, di indossare le mascherine e di evitare ogni forma di contatto fisico potrebbero ridurre il nostro servizio a una fredda consegna a domicilio di cibo e coperte. La sfida che dobbiamo saper cogliere è quella di andare oltre queste distanze, manifestando affetto e sostegno concreti.
Le persone che incontriamo per strada non ci chiedono solo qualcosa da mangiare o delle coperte per la notte, ma condividono con noi domande importanti rispetto alla situazione globale della pandemia (“Il virus è arrivato in Africa? Dov’è che ha fatto più morti? Quanti contagiati ci sono qui a Padova?”), e ancora il bisogno di indicazioni su come fronteggiare il pericolo del contagio, le preoccupazioni che derivano dalla loro condizione (“Sono obbligato a ritornare nel mio paese o devo restare qua?”) o la spiegazione che ognuno cerca di dare alla drammatica e assurda situazione che stiamo affrontando. In uno scenario così variegato e delicato vogliamo essere allo stesso tempo dei responsabili informatori e degli amici rassicuranti.
Oltre alla modalità, cambiano anche gli spazi di incontro con i poveri: la città ha mutato il suo aspetto e si è spogliata della sua vivacità. I poveri della strada risentono di questo cambiamento e si rifugiano negli angoli più isolati e protetti. In questo tempo abbiamo sospeso l’immancabile appuntamento serale in stazione, occasione per ritrovarci e condividere l’esuberanza, la vivacità e il clima di festa. I poveri non mancano ma sono più difficili da raggiungere, bisogna saper cercare, esplorare… Capita di trovarli in luoghi inconsueti, fino a poco tempo fa crocevia di passaggio per impiegati e lavoratori, e che ora sono silenziosi e poco frequentati, e offrono un riparo sicuro. I poveri che incontriamo ora sono tanti, ma pur sempre pochi se comparati a quelli che conosciamo. Sorge la domanda “Dove sono? Come affrontano questo momento?”.
Consapevoli che i rischi per la salute e per la vita stessa dei nostri amici sono aumentati, ci siamo trovati davanti a queste domande, cariche d’angoscia, fin dall’inizio dell’emergenza. Ancora una volta, tuttavia, ha fatto la differenza la capacità di mettere in rete sguardi e risorse di quelle realtà che a Padova, non a caso eletta Capitale europea del volontariato 2020, si spendono quotidianamente su questo fronte. Il desiderio di dare una risposta efficace a coloro che vivono in strada si è trasformato in un progetto di accoglienza che intercetta cinquanta persone senza dimora, offrendo ogni giorno assistenza sanitaria e pasti garantiti. Determinante è stata la collaborazione tra il Comune, il CSV, la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio, le Cucine economiche popolari, la Cooperativa Città Solare, la Fondazione Cariparo e la Croce Rossa. La gratitudine per questa solidarietà tangibile è rivolta anche a tutte le persone e le imprese che stanno rendendo presenti con l’intenzione di dare il proprio contributo a favore di chi è maggiormente in difficoltà. C’è chi sceglie il canale delle donazioni, chi ci prepara la cena da distribuire, chi non fa mancare i dolcetti fatti in casa. Gesti semplici, silenziosi e inaspettati, ma capaci di scuotere, commuovere e mettere in circolo quella generosità creativa che contagia.
In questo tempo di quarantena possiamo intravedere il messaggio profondo che la Pasqua porta con sé. Attraversare il dolore acquista un significato differente solo se si volge lo sguardo ad un futuro di speranza. Il tempo di attesa e di silenzio può essere dedicato a coltivare l’attenzione verso chi abbiamo accanto, la capacità di donare senza riserva, il sentimento di sentirsi parti responsabili di un mondo casa comune. È l’occasione per trasformare il modo di abitare le nostre giornate, le nostre case, le strade della città, perché oggi chi sta riscrivendo la storia sono coloro che instancabilmente si stanno mettendo a servizio degli altri, donando e rischiando la vita.
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