Dal Padre e maestro della gioventù impariamo che non c'è luogo fisico che possa impedirci di voler bene
“Una sera di autunno io ritornava da Sommariva del Bosco e, giunto a Carmagnola, dovetti attendere oltre un'ora il convoglio della ferrovia per Torino. Già suonavano le ore sette, il tempo era nuvoloso, una densa nebbia risolvevasi in minuta pioggia. Queste cose contribuivano a rendere le tenebre così dense, che a distanza di un passo non sarebbesi più conosciuto uomo vivente. Il fosco lume della stazione lanciava un pallido chiarore che a poca distanza dello scalo perdevasi nell'oscurità. Soltanto una turba di giovanetti con trastulli e schiamazzi attraevano l'attenzione, o meglio assordavano le orecchie degli spettatori. Le voci di aspetta, prendilo, corri, cogli questo, arresta quell'altro servivano ad occupare il pensiero dei viaggiatori. Ma tra quelle grida rendevasi notabile una voce che distinta alzavasi a dominare tutte le altre; era come la voce di un capitano, che ripetevasi da compagni ed era da tutti eseguita quale rigoroso comando. Tosto nacque in me vivo desiderio di conoscere colui che con tanto ardire e tanta prontezza sapeva regolare il trastullo in mezzo a così svariato schiamazzo. Colgo il destro che tutti sono radunati intorno a colui che la faceva da guida; dì poi con due salti mi lancio tra di loro. Tutti fuggirono come spaventati: uno solo si arresta; si fa avanti e appoggiando le mani sui fianchi con aria imperatoria comincia a parlare così:
- Chi siete voi, che qui venite tra i nostri giuochi?
- Io sono un tuo amico.
- Che cosa volete da noi?
- Voglio, se ne siete contenti, divertirmi e trastullarmi con te e co' tuoi compagni.
- Ma chi siete voi? io non vi conosco.
- Te lo ripeto, io sono un tuo amico: desidero di fare un po' di ricreazione con te e co' tuoi compagni. Ma tu chi sei?
- Io? Chi sono? Io sono, soggiunse con grave e sonora voce, Magone Michele, generale della ricreazione.
Mentre facevansi questi discorsi, gli altri ragazzi, che un panico timore aveva dispersi, uno dopo l'altro ci si avvicinarono e si raccolsero intorno a noi. Dopo aver vagamente indirizzato, il discorso ora agli uni, ora agli altri, volsi di nuovo la parola a Magone e continuai così:
- Mio caro Magone, quanti anni hai?
- Ho tredici anni.
- Vai già a confessarti?
- Oh sì, rispose ridendo.
- Sei già promosso alla S. Comunione?
- Si che sono già promosso e ci sono già andato.
- Hai tu imparata qualche professione?
- Ho imparato la professione del far niente.
- Finora che cosa hai fatto?
- Sono andato a scuola.
- Che scuola hai fatto?
- Ho fatto la terza elementare.
- Hai ancora tuo padre?
- No, mio padre è già morto.
- Hai ancora la madre?
- Sì, mia madre è ancora viva e lavora a servizio altrui, e fa quanto può per dare del pane a me ed ai miei fratelli che la facciamo continuamente disperare.
- Che vuoi fare per l'avvenire?
- Bisogna che io faccia qualche cosa, ma non so quale.
Questa franchezza di espressioni, unita ad una loquela ordinata e assennata, fecemi ravvisare un gran pericolo per quel giovane qualora fosse lasciato in quella guisa derelitto. D'altra parte sembravami che se quel brio e quell'indole intraprendente fossero stati coltivati, egli avrebbe fatto una buona riuscita; laonde ripigliai il discorso così:
- Mio caro Magone, hai tu volontà di abbandonare questa vita di monello e metterti ad apprendere qualche arte o mestiere, oppure continuare gli studi?
- Ma sì, che ho volontà, rispose commosso; questa vita da dannato non mi piace più; alcuni miei compagni sono già in prigione; io temo altrettanto per me; ma che cosa devo fare? Mio padre è morto, mia madre è povera; chi mi aiuterà?
- Questa sera fa una preghiera fervorosa al Padre nostro che è nei cieli; prega di cuore, spera in lui; Egli provvederà per me, per te e per tutti.
In quel momento la campanella della stazione dava gli ultimi tocchi, ed io doveva partire senza dilazione.
- Prendi, gli dissi, prendi questa medaglia, domani va da D. Ariccio tuo Viceparroco; digli che il prete il quale te l'ha donata desidera delle informazioni sulla tua condotta.
Prese egli con rispetto la medaglia: - Ma quale è il vostro nome, di qual paese siete? D. Ariccio vi conosce? - queste ed altre cose andava domandando il buon Magone; ma non ho più potuto rispondere, perché essendo giunto il convoglio della ferrovia, dovetti montare in vagone alla volta di Torino.
MB V, 738-746
1_Mi accorgo di chi mi passa accanto?
2_Come guardo gli altri?
3_Cerco di vivere "di più"? Metto, cioè, un impegno maggiore in tutto quello che faccio?
"D. Bosco non mancò all'invito e passò una giornata veramente gradevole. [...] D. Bosco, sulle mosse per ritornare a Torino, aveva preso congedo da' buoni Padri e nei giorni seguenti recavasi a fare atto di ossequio ed a ringraziare tante ragguardevoli persone che lo avevano colmato di benevolenza. [...]
Fra i Cardinali che passò ad ossequiare vi fu l'Eminentissimo Tosti, per invito del quale aveva altra volta indirizzate alcune parole ai giovani dell'Ospizio di San Michele. Il Cardinale, soddisfatto della cortesia di Don Bosco, essendo l'ora della sua passeggiata, palesò il desiderio di averlo per compagno, ed ambedue salirono in carrozza. Si incominciò a parlare del sistema più adatto all'educazione dei giovani. Don Bosco erasi sempre meglio persuaso che gli alunni di quell'Ospizio non avevano famigliarità coi superiori, anzi li temevano: cosa poco piacevole, comandando ivi i preti. Perciò diceva: - Veda, Eminentissimo, è impossibile poter bene educare i giovani se questi non hanno confidenza nei superiori.
- Ma come, replicava il Cardinale, si può guadagnare questa confidenza?
- Col cercare che essi si avvicinino a noi, togliendo ogni causa che da noi li allontani.
- E come si può fare per avvicinarli a noi?
- Avvicinandoci noi ad essi, cercando di adattarci ai loro gusti, facendoci simili a loro. Vuole che facciamo una prova? Mi dica: in qual punto di Roma si può trovare un bel numero di ragazzi?
- In Piazza Termini, in Piazza del Popolo; rispose il Cardinale.
- Ebbene: andiamo dunque in Piazza del Popolo.
Il Cardinale diede ordine al carrozziere, e si andò. D. Bosco scese di carrozza, e il Cardinale rimase osservando. Don Bosco, visto un crocchio di giovanetti che giuocavano, si avvicinò, ma i biricchini fuggirono. Allora li chiamò colle buone maniere e i giovani dopo qualche esitanza ritornarono. D. Bosco li regalò di qualche cosuccia, domandò notizia delle loro famiglie, chiese a qual giuoco si divertissero, li invitò a ripigliarlo, si fermò a presiedere al loro trastullo, ed egli stesso vi prese parte. Allora altri giovani che stavano guardando in lontananza corsero numerosissimi dai quattro angoli della piazza intorno al prete, che tutti li accoglieva amorevolmente ed aveva per tutti una buona parola ed uno regaluccio; chiedeva loro se fossero buoni, se dicessero le orazioni, se andassero a confessarsi. Quando volle allontanarsi, lo seguirono per un buon tratto, e solo lo lasciarono allorché risalì in carrozza. Il Cardinale era meravigliato. - Ha visto? gli disse D. Bosco.
- Avevate ragione; esclamò il Cardinale.
MB V, CAPO LXXI, 916-919
4_Come vivo il tempo che dedico agli altri?
5_Mi lascio aiutare nel mio essere animatore da chi è più grande di me?
6_ mi accorgo che la familiarità e la benevolenza sono uno stile che posso vivere ovunque?
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