Riportiamo due articoli di Avvenire sulle vicende accadute in settimana all'interno del programma Rai, in cui il giovane disabile risvegliatosi dal coma 10 anni fa è stato attaccato in diretta TV.
1. Tutto era pronto, lunedì, in casa Tresoldi per la diretta tivù: da due giorni i camion della Rai stazionavano lì sotto, con via vai di giornalisti e cameraman che indaffaravano mamma Ezia, sempre pronta a sfornare focacce. Nel caseggiato di Carugate (Milano) abita Max, il giovane che nel 2001 si è risvegliato dopo dieci anni di stato vegetativo, e quando è "tornato" ha detto una cosa terribile e bellissima: «C’ero sempre stato. Sentivo e vedevo tutto, ma non sapevo come dirvelo».
Da allora, pur disabile, gira l’Italia a testimoniare come la cura dell’amore non sia una fiction ma l’unica terapia nota (la scienza neurologica la chiama "effetto mamma") e anche a «La Vita in Diretta» doveva raccontare la sua storia di speranza. «Riempite la casa di amici – avevano chiesto da via Teulada –, dobbiamo dare un grande messaggio alle famiglie». Così in tanti hanno preso ferie e puntuali alle 16.30 erano lì intorno a Max per quei venti minuti di diretta, molti per i tempi televisivi, pochi per raccontare dieci anni di attesa e un risveglio incredibile.
Ma per ore in studio si parla di altro e la parola passa a Carugate quasi alle 18, mentre già scorrono i titoli di coda. Max è stanco ma sorride, alza il pollice per dire che è ok, sua madre si affanna a riassumere, l’inviata della Rai pure. Due minuti tra tutti. Stop. Si torna in studio, commento finale affidato ad Alda D’Eusanio: «Quella non è vita», spara in faccia a Max, che non ha avuto il tempo di srotolare il poster in cui aveva scritto di suo pugno "sono tanto felice". «Tornare in vita senza poter più essere libero – ha proseguito imperterrita la D’Eusanio – e soffrire, e avere quello sguardo vuoto... mi dispiace, no!».
Non l’ha sfiorata il dubbio che quella «non vita» la stava ascoltando, non ha visto l’indignazione che passava in quello «sguardo vuoto», e nemmeno l’agitazione di Max sulla sedia a rotelle, arrabbiato di non poter urlare, proprio come nei dieci anni di stato vegetativo. «Rivolgo un appello pubblico a mia madre – ha continuato ormai senza freni Alda D’Eusanio –, se dovesse accadermi quel che è accaduto a Max, non fare come sua mamma!». Ovvero non abbracciarmi, non baciarmi, non lavarmi, non girarmi nel letto, non darmi pranzo e cena... Perché solo questo ha fatto Ezia, insieme al marito Ernesto e a quel mare di amici di Max conosciuti all’oratorio o sui campi di calcio, non terapie invasive, non respiratori o cannule, non accanimenti. Ha curato e amato.
Imbarazzo dei conduttori Paola Perego e Franco Di Mare, lui visibilmente commosso da Max e disgustato da una D’Eusanio che ora a Max dà persino del morto: «Quando Dio chiama, l’uomo deve andare!». Insomma, doveva crepare. Parole choccanti, il pubblico gelido non applaude. Mamma Ezia da Carugate ce la fa a riappropriarsi del microfono per gli ultimi secondi di trasmissione: «Voglio dire a quella signora che io non ho riportato in vita mio figlio, mio figlio è sempre stato in vita. E la sua vita è bella così com’è».
Finita la trasmissione, da Roma gli autori della trasmissione subito chiamano casa Tresoldi. Si sono accorti che la Rai ne esce male, chiedono scusa, cercano di uscirne in qualche modo. Le telefonate vanno avanti fino a notte, ma Ezia insiste con ferma dignità: «Esigo le scuse del direttore di RaiUno, non per me ma per mio figlio. Cos’è diventata la Rai? Chi invita come esperti? A che titolo quella donna dice a mio figlio che la sua vita è indegna?».
Questo è il vero problema. Dei venti minuti previsti sugli stati vegetativi, ben 16 (sul sito Rai si può rivedere la puntata e fare la "moviola") sono stati dedicati a presunte «visioni del paradiso», addirittura «porte dell’aldilà», luci «che immettono in un’altra dimensione», con interrogativi "profondissimi" del tipo «forse sono viaggi ai confini della vita che ci attende oltre l’esistenza terrena?».
C’è chi in sei giorni di coma ha visto le farfalle, chi la nonna. Max no, non ha visto niente in dieci anni, perché lui vedeva noi, i medici, la città, la vita vera, ma non riusciva a comunicarcelo. Questo è il vero mistero, ma in studio non un neurologo, non un giornalista informato. Confondere due temi seri come stato vegetativo e vita dopo la morte ridicolizza entrambi, oltre a creare un pericoloso fraintendimento coma=morte cerebrale. Derive ancora più inaccettabili se ce le imbandisce mamma Rai, fino a prova contraria servizio pubblico di informazione.
2. «La Rai si scusi», chiedeva Max Tresoldi, assieme alla sua famiglia e a una folla sempre più numerosa di cittadini indignati, dopo che a "La Vita in Diretta" Alda D’Eusanio gli aveva detto in faccia che la sua – in quanto disabile – non era una vita, che piuttosto che avere «quello sguardo vuoto» era meglio morire...
E le scuse sono arrivate: «La Rai si dissocia dalle dichiarazioni e dai commenti che la giornalista Alda D’Eusanio ha indirizzato, nel corso della trasmissione “La Vita in Diretta”, a Max Tresoldi, la cui storia ha commosso milioni di telespettatori – ha scritto al direttore di "Avvenire" il responsabile relazioni con i media, Fabrizio Casinelli –. La Rai esprime solidarietà e comprensione alla famiglia, apprezzandone i valori e i sacrifici fatti per consentire al giovane Max di continuare a vivere nella convinzione che la vita è “bella così come è” e che merita di essere vissuta pienamente».
L’incidente non è stato comunque inutile, se la lettera così conclude: «La presidente e il direttore generale hanno rinnovato l’invito ai direttori di reti e testate a prestare la massima attenzione sui temi che coinvolgono le coscienze e a usare comunque sempre il linguaggio del servizio pubblico». Infine «la Presidente ha telefonato alla mamma di Max Tresoldi per ribadire la solidarietà di tutta l’azienda e sua personale», come peraltro raccontato anche dalla stessa signora Tresoldi, che oggi pomeriggio sarà a "La Vita in Diretta" per una nuova puntata, questa volta insieme a esperti come la neurologa del Besta, Matilde Leonardi: «La presidente Anna Maria Tarantola è stata gentile – conferma –. Era molto dispiaciuta, mi ha detto che anche lei è madre e se a suo figlio avessero rivolto parole simili avrebbe reagito come me».
«Ce la meritiamo davvero, una televisione così? Davvero l’unica scelta che ci resta è il telecomando, per cambiare canale o forse per spegnere definitivamente la tv?», è intanto la protesta del Forum delle Famiglie. «Sono per l’ennesima volta indignato davanti alla televisione dopo il gravissimo episodio di lunedì, con l’inaccettabile soliloquio/sproloquio di Alda D’Eusiano di fronte a Max Tresoldi, svegliatosi dopo 10 anni di coma e pronto a testimoniare “in diretta” che la vita è bella», scrive infatti il presidente Francesco Belletti, che rappresenta 50 associazioni per 3 milioni di famiglie. «Non posso che fare il parallelo con la recente vicenda dell’esclusione del professor Cerrelli da "Domenica In" (sempre Rai, un bella preoccupazione…), dove la redazione, sul tema dell’omosessualità, ha scelto di escludere il parere dell’esperto».
«A quanto pare, non basta nemmeno la Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità per garantire un minimo di rispetto per le persone», scrive invece Adriano Pessina, direttore del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica, esprimendo solidarietà a Max, «violentemente e gratuitamente offeso dalla dottoressa Alda d’Eusanio su un canale della televisione pubblica». Max è «un uomo che ha parzialmente e a fatica recuperato alcune funzionalità anche grazie alle cure instancabili della sua famiglia e che oggi viaggia in tutta Italia testimoniando l’importanza della cura e della speranza. Un uomo a cui è stato detto, in diretta, che la sua non è una vita degna di essere vissuta». Il Centro di Bioetica, che da anni intrattiene con la famiglia Tresoldi «rapporti di collaborazione e riflessione comuni sui temi della disabilità e della giustizia», esige provvedimenti adeguati: «Ci auguriamo che l’Ordine dei giornalisti, sempre che la dottoressa D’Eusanio ad esso appartenga, prenda una chiara posizione di distanza su quanto accaduto».
Lucia Bellaspiga
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