Si sente molto parlare nei dibattiti riguardo al tema della contrapposizione tra laicità e laicismo. Emerge da questi il complesso problema che dilania nel profondo le istituzioni e la società: appoggiare il relativismo etico oppure ricercare la verità?
del 27 maggio 2008
«Che cos’è la verità?» (Gv 18, 38)
 
Questa è la domanda, terribile nella sua crudezza, che Ponzio Pilato pone a Gesù durante il giudizio nel quale verrà sentenziata la sua condanna a morte. È indice dello scetticismo dell’uomo politico che non sa cosa sia la verità. E proprio per questo farà condannare Gesù.
Ed è proprio sulla verità che verte il problema che dilania la politica e la società italiana. Proprio a partire da questa domanda nasce la contrapposizione tra laici e laicisti. È necessario a questo punto dare delle definizioni ai due termini, un noto vocabolario riporta: i laici sono tutti i membri non appartenenti allo stato ecclesiastico, addentrandoci nel significato politico che assume nel nostro Paese viene inteso come quel partito formato ne’ da cattolici, ne’ da marxisti, ossia scevro da qualsiasi ideologia o fede religiosa, non per questo però privo dei valori culturali radicati nell’Occidente. Al contrario per laicista intendiamo il sostenitore del laicismo, ossia una figura che rifiuta ogni ingerenza da qualsiasi forma religiosa gerarchicamente organizzata. Queste definizioni sono però assai riduttive. Infatti ormai per il pensiero comune i laici sono coloro che non sono direttamente cattolici, o meglio, che si identificano con i laicisti, ponendo quindi una scorretta divisione tra laici e cattolici, che non esiste, poiché anche i cattolici sono laici. I laicisti non solo non appoggiano la visione e la morale cristiana, ma si battono con tutti i loro mezzi per eliminare ogni forma religiosa dallo Stato, non ponendosi però sul piano della ragione, ma dell’ideologia, quella laicista appunto. Per cui assistiamo ad atti inspiegabili dalla ragione umana quali la contestazione al Papa alla “Sapienza”, la questione nel crocifisso nelle aule pubbliche, i problemi riguardanti le ore di religione (nella mia città, Conegliano, se non ricordo male il vescovo Zenti, ora a Verona, ha portato l’istituto scientifico Marconi davanti al T.A.R. per la questione dell’ora di religione, visto che per una falsa idea di libertà si induceva, attraverso la scansione oraria, a non partecipare alle ore di religione, mettendole alla prima o all’ultima ora, per favorire chi non volesse partecipare) e così via.
 
 
La differenza
 
La sostanziale differenza che intercorre tra le due posizioni si situa sul modello a cui si ispirano per quello che riguarda le decisioni morali. I laici si affidano ad un’etica e ad un insieme di valori della tradizione “giudaico cristiana” mentre i laicisti appoggiano una libertà assoluta, quasi ossessiva, che nasce dalla totale importanza del singolo, senza però avere una vera intenzione di curare il bene comune. Il bene comune infatti non appartiene al singolo, ma ad una comunità. E senza i valori questa comunità non può esistere, poiché Hobbes diceva “Homo Homini lupus”, senza valori di riferimento non può essere che così.  Se i laici (che possono essere cattolici o meno – credenti o meno) dunque si basano sul concetto di verità inerente ai valori di riferimento dell’Occidente, i laicisti seguono quello che viene definito il “relativismo etico”, che non solo si distacca dai valori, ma lascia semplicemente le decisioni, di qualsiasi sorta, in mano alla maggioranza, o meglio alla maggioranza dei singoli. Ma non è, come i laicisti affermano, l’unico modo per condurre uno Stato senza l’ingerenza della religione. È solo porre od imporre un’altra “religione” o pensiero (quello laicista) semplicemente dando totale libertà al singolo, ma ciò non è detto che sia un bene, anche se in apparenza lo può sembrare.
 
 
Qualche pillola di storia
 
La motivazione per cui molte persone si basano sul relativismo etico dev’essere ricondotta all’origine e all’evoluzione della democrazia e del concetto di libertà. Il relativismo etico possiamo farlo nascere in seguito alle sanguinose guerre di religione dei secoli XVI e XVII, che provocarono il bisogno di distensione e di pace, e la via migliore era quella di neutralizzare lo scontro tra posizioni assolute, che proprio per la loro assolutezza, creano degli scontri molto accesi, poiché è impossibile trovare una posizione mediana. E dagli stessi presupposti nasce quindi la democrazia, come alternativa al massacro, visto che non prende in considerazione le questione antropologiche che stanno alla base dell’uomo, bensì mette a punto un sistema di regole (più o meno condivise) che permettono pace e stabilità. Si definisce quindi quella che conosciamo come democrazia procedurale, non più basata quindi su valori bensì su regole condivise. Ora lo Stato non si basa più su dei “valori”, ma sulla legalizzazione a maggioranza di questi. Non sono quindi valori assoluti, ma valori della maggioranza. Non sono ab – soluti, ossia sciolti dal contesto, ma sono invece pienamente contestualizzati e decisamente più vulnerabili. Tutto questo presenta dei rischi, la stessa democrazia in un certo senso ha una base minata. Giovanni Paolo II afferma nella Veritatis Splendor: «una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia».
La posizione della Chiesa oggi si pone da un lato nella ferma volontà di non provocare ingerenze di alcun genere nella vita politica; dall’altro canto non può però non essere promotrice del riconoscimento di quei valori che la contraddistinguono e che fanno parte anche della nostra storia culturale. Nasce così lo scontro sulle problematiche riguardanti la vita e la morale, che accendono sempre di più le discussioni nella politica e nella società civile. I laicisti non vogliono assolutamente dare rilevanza ai valori, ma al contrario dare solo valore a ciò che propone la maggioranza dei singoli dando la possibilità di instaurarsi non una vera libertà degli individui fondata su un valore, ma una libertà “di tendenza” o “comoda” per la maggioranza, ledendo quelli che possono essere valori imprescindibili come la vita.
 
 
Come ci possiamo dunque regolare?
 
Seguendo anche ciò che ci propone Don Bosco: «siate buoni cristiani ed onesti cittadini» il cristiano pertanto, nei diversi schieramenti politici, deve essere attivo nella promozione delle verità in cui crede. Non dobbiamo assolutamente cadere nella trappola che ci viene proposta dal relativismo etico di cercare la pace glissando sui valori assoluti, bensì fare come propone con le parole e con i fatti il Papa Benedetto XVI, che cerca il confronto senza perdere posizioni sui valori nel piano della ragione. Il Santo Padre vuole condurre il dialogo sul piano della ragione per dimostrare che sono questioni che devono riguardare tutti gli uomini e non sono solo la prerogativa della Chiesa! Forse per chi crede è più facile, ma dev’essere uno sforzo comune di tutte le menti veramente libere ed illuminate quello di ricercare quel bene comune che si può e si deve trovare a partire dalla verità dell’uomo, dalla sua dignità.
Così anche i laici estranei da ogni credo religioso possono far valere i valori che sono radicati in loro e frutto di millenaria tradizione, per promuovere veramente la libertà e la dignità dell’uomo. Persone come Marcello Pera (ex presidente del Senato) o Giuliano Ferrara (direttore de “Il Foglio”) sono persone in ricerca che si adoperano con molta forza, attraverso lo strumento della ragione, all’affermarsi di valori condivisi.
Tutti noi, insieme, dobbiamo lottare per non cadere nell’individualità, nella falsa ricerca di una libertà dimentica della verità e con fermezza e umiltà essere portatori efficaci della vera dignità dell’uomo, anche a prezzo di incomprensioni.
Cristiano De Marchi
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