'Nuova evangelizzazione' è la parola d'ordine tra i sacri palazzi vaticani. Non tanto, ovvio, nel contenuto, il Vangelo, quanto in metodi e spirito. E se i giovani hanno sete di Dio, anche la Chiesa, per affrontare questa immane sfida, ha sete di giovani. "Non abbiate paura”, predicava fiero e coraggioso Wojtyla.
del 31 agosto 2011
 
 
          Chi non ricorda il “non abbiate paura” di Karol Wojtyla, 33 anni fa, appena eletto Papa tra la sorpresa di tutti? “I giovani non hanno paura”, mi confermava una volta don Francesco, che ha la fortuna impagabile di incontrarne a decine ogni giorno, nel Centro Giovanni Paolo II di Loreto che dirige, “sta a noi mostrare loro la perla preziosa per cui spendere la vita”.
          Il successore Benedetto XVI, nel pronunciare anche lui la sua prima omelia da Pontefice, appellandosi all'“esperienza di una lunga vita personale” assicurò da par suo ai giovani medesimi che “Cristo non toglie nulla e dona tutto”. E un fremito insolito, per l'enfasi che ci mise, sembrò scuoterlo in quell'istante preciso.“Sembra quasi che uno debba 'rinunciare' a se stesso, ma non è così, semmai rinunciare a 'possedere' se stessi, perché Cristo trasfigura e rende più veri i più profondi desideri del cuore”, mi spiegò una volta un seminarista. Cercavo lumi su cosa oggi sogna chi abbraccia una vocazione tanto radicale quando demodè, non senza fatiche e paure. “La felicità”, mi rispose senza esitazione; “e la vita che ho scelto me la dischiude ogni giorno di più”.
          Parole vive e vibranti, più che discorsi stantii. Testimonianze appassionate, non solo polverose teorie pastorali troppo incapaci di dar conto di un certo sentore di novità che aleggia nell'aria. Teneri germogli su tronchi solo in apparenza vuoti di linfa. Schegge impazzite di cattolicesimo, chissà, ma di quella pazzia 'buona' che ribalta schematismi angusti, addita nuove strade, rivela l'inconsistenza di analisi e pensieri in cui l'eco della vita vera risuona debole e lontana. Il panorama religioso cattolico italiano, a chi lo racconta per mestiere ogni giorno, pezzo dopo pezzo, rivela anche squarci mal si conciliano col ritratto di stanchezza, grigiore, incomunicabilità insormontabile tra chi si spende indomito per l'annuncio della buona novella e folle di uomini e donne disincantati, scettici, eppure assetati sempre di Verità con la V maiuscola. Di Dio.
          “Ci hai fatti per te o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”, scriveva già sant'Agostino nelle Confessioni. Ma prima di deporre la corazza dell'incredulità, per anni ed anni brancolò nel buio della disperata mancanza di senso per una vita densa nondimeno di passioni, eventi, avventure. Ne hanno ricavato persino uno sceneggiato TV. “Nella vita di Agostino”, ha commentato uno spettatore d'eccezione, il Papa, “c’è la vita di ogni uomo, il dramma umano di sempre: tristezze, insuccessi, problemi. Ma la verità alla fine è più forte di tutto”.
          “Se guardo al passato, la sensazione è di essere stata corteggiata da Dio tutta la vita. Solo quella volta, però, dissi di sì'. Metafora civettuola quanto efficace, per una madre di famiglia, due figli, prima comunione poi tutta una giovinezza lontana da tutto ciò che odora di 'sacro'. Indifferente, forse, più che ostile. Fino ad imbattersi in un sacerdote che, chissà come, riempie all'inverosimile le sue chiese. “Venite e vedrete”, già suggeriva Gesù ai discepoli.
          Un quarto d'ora di anticipo non basta a trovar posto seduti. In un'antica basilica del centro di Roma va in scena un ciclo annuale di incontri settimanali sui dieci comandamenti. Il predicatore alterna sapiente domande penetranti e silenzi carichi di attesa, toni pensosi e battute che strappano fragorose risate. L'attenzione non scema un istante tra giovani e adulti, uomini e donne, cattolici praticanti e atei pratici.Il 'lato' per così dire più ostico dell'essere cristiani, quella sfilza di 'no' senza se e senza ma appresa da ignari bambini a memoria, è lì che tiene protese centinaia di orecchie. Con buona pace dell'uomo di oggi refrattario, dicono, ad ogni regola ed autorità avverse ai totem della modernita, libertà individuale e autonomia morale. “I comandamenti sono il libretto di istruzioni del nostro bene”. Parola di uno, il marito della donna già citata, che in gioventù, racconta ora sorridendo, prese infinite volte le parti del detrattore implacabile di Chiesa e religione discutendo col malcapitato cattolico di turno.
          Partita svariati anni fa da un'anonima parrocchia romana, quella esperienza ha messo radici in oltre quaranta diocesi d'Italia, spinta solo dal passaparola potente di migliaia di persone delle più variegate estrazioni, provenienze, età, giovani compresi in gran numero. Anche le pagine di un gruppo facebook cui han dato vita, sono sommerse di domande su dove e quando prendervi parte.“Perché tanta pesantezza, invece, in altre esperienze che la Chiesa propone?”, si chiedono ora i nostri due amici, ripensando al passato. E la domanda è davvero un pugno ben assestato nello stomaco di sciatteria, abitudine, stanchezza con cui tanta vita si trascina all'ombra dei campanili. Come dire, “avevamo sete. Perché non avete saputo darci da bere?”.
          E dire che se la sete è tanta e diffusa, un bar ben fornito di ogni bibita si direbbe il cattolicesimo in Italia, forte di vitalità senza paragoni, in ambito europeo e 'occidentale'. Un fitto tessuto di parrocchie, fino al più remoto angolo dello stivale, interseca in varie occasioni la quotidianità di una larga fetta di popolazione. Gruppi ecclesiali, associazioni, movimenti vari si organizzano, si ramificano, si attivano in mille modi per dare anima ad una presenza cristiana in ogni ambito del vivere collettivo, fedeli ognuno al proprio specifico, fantasioso 'carisma'.
          Riverberi, forse, del 'ritorno di Dio' che ha rimpiazzato in fretta e furia, in tempi recenti, le vecchie teorie della secolarizzazione destino ineluttabile della modernità. Il sacro non è stato espulso dal vissuto individuale e collettivo. Ma 'domanda' e 'offerta', si constata altresì, paiono spesso sintonizzate su troppo diverse lunghezze d'onda, specie tra le nuove generazioni. Masticato da bambini e adolescenti l'abc del cristianesimo, in preparazione ai sacramenti dell'iniziazione cristiana, “la sfera religiosa si fa eccentrica rispetto alle sfide della vita e il pensiero religioso entra in una specie di stand by”, scrive Alessandro Castegnaro, al termine di un'approfondita indagine sui giovani del Triveneto. Eppure “i ricevitori sono aperti, l'interesse spirituale è presente o disponibile a essere risvegliato, se gli si offre l'occasione. La domanda spirituale è però cambiata. Essa fatica a fidarsi di verità che provengono 'dall'esterno' e richiede che vengano scoperte 'dall'interno', che entrino cioè in risonanza con la vita interiore”.
          'Nuova evangelizzazione' è la parola d'ordine ora tra i sacri palazzi vaticani. Non tanto, ovvio, nel contenuto, il Vangelo, quanto in metodi e spirito. In un paese di seimila anime appena “ci sono almeno quindici processioni l'anno. Ma se non si portano in processione Gesù e il Vangelo con la propria vita, proprio questo tradizionalismo fa perdere la fede ai giovani”, riflette e fa riflettere una mia giovane amica della Sicilia devota e ancorata a solide, in apparenza, radici cristiane.“Non abbiate paura”, predicava fiero e coraggioso Wojtyla. Perché nel mezzo di un'esuberante 'notte bianca', tra musica, alcool, divertimento sfrenato ci vuole pure coraggio, e una bella faccia di bronzo, per allungare ad uno sconosciuto un volantino con l'invito ad adorare il Santissimo in una chiesa. E così in spiaggia, in discoteca, nei pub. Esperienze di evangelizzazione “agli estremi confini” non di terre remote e sconosciute, ma delle nostre città e paesi. Locali notturni prestati a conferenze di apologetica cristiana, adorazione eucaristica in tende in riva al mare, chiese aperte ad orario continuato, testimonianze di fede in locali da ballo. Novità nella forma e nel metodo, così eccentrici talora da incuriosire persino giornali e TV.
          Nuova evangelizzazione “non è gettare la rete sempre nel solito posto. I pesci si spostano”, sintetizza una 'sentinella del mattino', rete di evangelizzatori ispirati alle indimenticabili e indimenticate parole di Giovanni Paolo II alla GMG 2000 a Tor Vergata. L'immancabile sito internet, per saperne di più, è www.sentinelledelmattino.org. Altra frontiera da evangelizzare, lo spazio impalpabile e sconfinato del web. Facebook e i social network più trendy pullulano già di preti e suore. Siti cattolici nascono ogni giorno. Competenza comunicativa e chiarezza di idee ed intenti non sempre reggono il passo delle buone intenzioni. Ma se le vie del Signore sono veramente infinite, perché batterne solo alcune?
          Perché infinite sono anche le vie lungo cui la sete di Dio si disperde. Questione magari di nuovi linguaggi da usare, forse, con generazioni che si affacciano sulla scena della vita senza ricevere i 'fondamentali' della fede in famiglia, parrocchia, scuola. Ma novità di sostanza, soprattutto, urgono in tempi così enigmatici di frammentazione del sapere, relativismo etico e culturale, divaricazione progressiva tra un'esperienza, uno stile di vita, un orizzonte di pensiero e l'altro. “Ognuno cerca il suo modo di pensare, di vivere, e non c'è comunicazione in una profonda visione della vita”, ha osservato acuto Benedetto XVI.
          Tempi nondimeno fecondi di prepotente e silenzioso 'ritorno di Dio'. Nuova evangelizzazione vuol dire forse scrutarne con attenzione i 'segni', accantonando per sempre modelli antiquati e sclerotizzati di religiosità: vuoti formalismi, devote abitudini passive diventate convenzioni sociali, paure, sensi di dovere, esteriorità di gesti e parole. Ci vuole una fede che parli il linguaggio della ragione ed emani calore di affetti e sentimenti, abbracciata per scelta e testimoniata al mondo come già san Pietro esortava, “pronti sempre a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi”.
          E se i giovani hanno sete di Dio, anche la Chiesa, per affrontare questa immane sfida, ha sete di giovani. Che non di rado son severi e diffidenti prima quanto generosi e capaci di tutto poi, una volta conquistati. Me lo riferiscono ad ogni incontro decine di preti, educatori, tutti coloro che a vario titolo si spendono per far loro trovare la perla preziosa: perché “sono schietti, ti mettono in discussione, non si fanno rigirare con belle parole o una predica, ti richiamano di continuo all'autenticità di cosa fai e chi sei”.
 
Paolo Fucili
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