Le persecuzioni dei cristiani non si arrestano, almeno 70 mila uccisi nel 2013

Oggi la Chiesa ricorda Santo Stefano, il primo martire, che morì lapidato chiedendo a Dio di non imputare questo peccato ai suoi assassini. Non solo nei secoli passati ma ancora oggi tanti cristiani...

Le persecuzioni dei cristiani non si arrestano, almeno 70 mila uccisi nel 2013

 

Oggi la Chiesa ricorda Santo Stefano, il primo martire, che morì lapidato chiedendo a Dio di non imputare questo peccato ai suoi assassini. Non solo nei secoli passati ma ancora oggi tanti cristiani vengono uccisi a causa della fede. In relazione al 2012 si è parlato di circa 100 mila cristiani uccisi. Per fare il punto sulla situazione nel 2013, Debora Donnini ha sentito Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa in Italia.  

 

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La statistica è molto controversa. C’è stata anche una polemica tra Todd Johnson, forse il migliore esperto di statistiche religiose del mondo, e la Bbc. Tutto dipende da alcune situazioni africane, in particolare il Congo e ora anche il Sud Sudan, e da quanti degli uccisi in queste situazioni possono essere considerate persone uccise per la loro fede, in quella che Johnson chiama una situazione di testimonianza. I dati finali per il 2013 si conosceranno nei primi mesi del 2014 ma è probabile che, essendo un po’ diminuito il numero di cristiani uccisi in Africa, la cifra possa scendere dai 100 mila intorno ai 70-80 mila. 

 

Il Rapporto annuale 2013 della Commissione sulla Libertà Religiosa Internazionale degli Stati Uniti segnala otto Paesi che destano particolare preoccupazione, cioè Birmania, Cina, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, Sudan e Uzbekistan. Quale Paese la colpisce di più? 

 

Credo che continui a colpire tutti la situazione della Corea del Nord: non solo perché si continuano a uccidere dei cristiani, ma perché i cristiani ci sono, cioè non sono stati sterminati dalle vicende precedenti. E quindi è evidente che anche in una situazione difficilissima di un Paese che limita al minimo i contatti con il mondo esterno, ci sono persone, ci sono anche giovani che non hanno conosciuto se non l’educazione del regime, che continuano a convertirsi al cristianesimo, che manifestano in qualche modo la loro fede e che quindi sono arrestati, deportati nei campi di concentramento e anche uccisi. Naturalmente, questi che elencano gli Stati Uniti non sono gli unici Paesi che destano preoccupazione, perché vi è poi tutta una costellazione di Paesi in cui si va dal fenomeno della violenza diffusa a quello di forme di violenza legale: non dobbiamo mai dimenticarci, per esempio, delle leggi che puniscono la blasfemia in Pakistan, di cui conosciamo bene – il caso di Asia Bibi insegna – l’uso strumentale nei confronti dei cristiani. 

 

La Nigeria, per esempio, è un altro Paese che desta preoccupazione … 

 

Sì. Occorre chiarire che qui il problema non è costituito dal governo nigeriano, ma da alcuni movimenti estremisti dell’ultrafondamentalismo islamico, in particolare uno, denominato Boko Haram. Quindi, al di là dei numeri, quello che è importante dire è che questi cristiani non sono tutti uccisi dai seguaci di altre religioni. Certamente – abbiamo appena citato la Nigeria – c’è il problema di movimenti islamici ultrafondamentalisti, però non dobbiamo dimenticare altri due elementi: il primo è l’esistenza ancora di regimi comunisti molto duri, ed è il caso della Corea del Nord, e l’altro è quello di conflitti tribali, dove qualche volta è difficile chiarire se i cristiani sono uccisi perché cristiani o perché della tribù “sbagliata” … 

 

C’è poi, l’Europa, dove non ci sono – ovviamente – forme di violenza di questo livello nei riguardi dei cristiani, però ci possono essere casi di restrizioni nei loro riguardi … 

 

Sì, verso i cristiani e verso le persone religiose in genere. Credo che lo dica molto bene nella Evangelii gaudium Papa Francesco quando ci ricorda che c’è una mentalità che vuole ridurre la fede ad un fatto puramente privato e chiudere i credenti nelle chiese, nelle sinagoghe e nelle moschee, cioè finché stanno chiusi e pregano va tutto bene, ma quando cercano di manifestare pubblicamente la loro fede nell’agone sociale e politico, cominciano le discriminazioni quando non le vere e proprie persecuzioni. Mi ha molto colpito che Papa Francesco abbia citato un vecchio libro che – ha detto – gli ha fatto tanto bene: “Il Padrone del mondo” dello scrittore inglese Robert Hugh Benson, che mostra proprio una situazione in cui i cristiani se cercano di dare testimonianza pubblica, anche nell’agone sociale e politico della loro fede, sono perseguitati e alla fine sono anche uccisi. Il Papa ha detto: Ma credete che queste cose ci siano solo nei romanzi o che succedessero soltanto tanti anni fa? No, succedono ancora oggi.

 

 

Debora Donnini, Massimo Introvigne

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