Il 13 marzo di un anno fa veniva eletto alla Cattedra di Pietro il cardinale Jorge Mario Bergoglio. Di Papa Francesco si sa ormai tutto... Eppure c'è un nome, normalmente lasciato cadere, che ha avuto notevole importanza nella sua formazione...
del 13 marzo 2014
Di Papa Francesco si sa ormai tutto, o quasi, data la curiosità insaziabile suscitata dalla sua inusuale apparizione in Piazza San Pietro il 13 marzo dello scorso anno. Le vetrine e gli scaffali delle librerie continuano a presentare nuovi titoli che promettono informazioni sul suo curriculum di giovane inquieto, di gesuita e di vescovo, oltre che gettare luce sulla sua famiglia di emigrati piemontesi in Argentina. Si conoscono gli autori da lui amati e citati, dai più noti come Manzoni e Borges ai meno noti, che hanno marcato la sua formazione culturale.
Eppure c'è un nome, normalmente lasciato cadere, che ha avuto notevole importanza nella sua formazione e che può aiutare a comprendere motivazioni e orientamento della sua azione.
Nell'intervista concessa al direttore de La Civiltà Cattolica Papa Francesco afferma: «Io sono invece vicino alla corrente mistica, quella di Louis Lallemant». Chi era costui e perché dice «invece»?
Il Lallemant era un gesuita francese della prima metà del 1600, incaricato della “rifinitura” della accuratissima formazione del gesuita, che si concludeva con il cosiddetto “terzo anno”, riservato a coloro che si apprestavano ad essere ammessi in forma definitiva alla Compagnia di Gesù. In genere erano persone mature sui quarant'anni con un ricco bagaglio di cultura e di esperienze nelle attività del nuovo e dinamico Ordine. Il Maestro doveva essere un uomo di notevole levatura per farsi accettare e convincere.
Quando il Lallemant ricevette questo incarico, la Compagnia era in piena espansione in Europa, America Latina ed Estremo Oriente, le sue opere richieste, il lavoro intenso. Di fronte al pericolo di una erosione del carisma, si stava affermando la tendenza a rafforzare l'identità del gesuita, attraverso l'emanazione di norme e la moltiplicazione di pratiche sempre più dettagliate che garantivano uno stampo unico e universale.
Ma non tutti erano di questo avviso, convinti che l'identità della Compagnia si sarebbe mantenuta più con il rafforzamento dell'interiorità, che con l'uniformità dei comportamenti esterni. Nasce così la corrente detta “mistica” accanto a quella prevalente, detta “ascetica”. Il Lallemant è uno dei più influenti rappresentanti della corrente mistica, che punta sulla formazione del cuore libero, capace di lasciarsi provocare dallo Spirito. Ciò comporta uno spostamento di accento dalle norme alla libertà, dall'istituzione che regola i dettagli al discernimento interiore di quello che lo Spirito desidera, dalla conformità ad un modello prestabilito alla disponibilità ad innovare.
Papa Francesco si riconosce in questo Maestro e in questa corrente che, pur accettando l'istituzione come l'ha accettata il fondatore Sant'Ignazio, riconosce la necessità della libertà interiore che permette di “discernere” o di sintonizzarsi continuamente sull'azione dello Spirito che guida verso nuovi traguardi.
La riforma della chiesa nasce allora da un cuore liberato dalla “mondanità spirituale”, dall’”idolatria del denaro”, dal “culto della personalità”, più che da riforme delle strutture. Le quali sono tanto più utili e necessarie in quanto sono permeate da questo spirito evangelico.
Non sarebbe una grande novità, se non ci fosse quell’“invece”. Il fatto è che la corrente ascetica, normativa è stata, in passato nettamente maggioritaria nella Compagnia, come è stata prevalente nella chiesa e, sotto forma di moltiplicazione di norme, anche nella società.
Papa Francesco “invece”, rifacendosi al Lallemant, si sente più portato a risvegliare le energie interiori, mettendo in primo piano le motivazioni evangeliche, fonti di libertà creatrice, non solo all'interno della Chiesa, ma anche nelle incertezze della nostra società.
Che la sua popolarità venga, anche, dall'aver risvegliata l'istanza mistica, sonnecchiante nei cuori di non pochi dei nostri contemporanei?
Di Piergiordano Cabra
Tratto da: Corriere della Sera – Edizione di Brescia, 26 gennaio 2014
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