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Le Virtù dell'educatore nella Comunità Educante

Decalogo sul Modello di Gesù «Buon Pastore»: è Gesù stesso che traccia l'identikit del buon pastore... Le raggruppo in una sorta di decalogo-itinerario utile alla comunità educativa e di conseguenza applicabile al cammino formativo dell'educatore.


Le Virtù dell'educatore nella Comunità Educante

da Quaderni Cannibali

del 17 luglio 2007

Educatore non si nasce. Si Diventa. E si diventa per qualificazione oltre che per vocazione. Occorrono anni di paziente, costante, progressiva formazione.

 Le virtù necessarie? Tante, quante ne richiede il compito delicato e importante di far da segno e strumento, ossia da sacramento a Cristo Messia-pastore, nell'oggi e nel qui della storia.

L'educatore ecclesiale deve avere la coscienza di servire al Signore Ges√π come canale di trasmissione e fedele portavoce del messaggio evangelico, ma anche testimone che conferma, garantisce e dimostra con la vita il messaggio annuciato.

1 - Anzitutto quelle umane: il dominio di sè, l'apertura mentale, la rettitudine, il rispetto dell'altro, la tolleranza, la prudenza, la sincerità, la temperanza, la cordialità e la signorilità dei tratti, la perseveranza, il coraggio delle proprie idee, la giustizia, l'onestà, la solidarietà...

2 - Su queste qualità tipicamente umane possono e debbano incarnarsi, poi, le virtù promosse dal messaggio di Gesù che vanno da quelle teologali - Fede, Speranza e Carità - a quelle legate ai Consigli evengelici e alle Beatitudini come la povertà di spirito, la purezza del cuore, l'umiltà, la sottomissione della propria volontà alla volontà di Dio e a coloro che nel mondo la rappresentano, l'arricchimento progressivo della vita interiore, la preghiera incessante e profonda, la partecipazione ai sacramenti, la conversione e l'ascesi legate alla «sequela Christi», l'amare Dio con tutte le proprie forze, la capacità di perdono, l'abbandono fiducioso alla Provvidenza, la dedizione amorevole e coraggiosa all'apostolato per l'evangelizzazione del mondo, la scelta preferenziale dei poveri, l'amore fiducioso e filiale alla Chiesa...

3 - E inoltre le virtù richieste dall'esercizio stesso della ministerialità ecclesiale: presa di coscienza di essere espressione di Chiesa e di agire a nome di essa, piena disponibilità al servizio, generosità di prestazione, umiltà nella partecipazione e nella collaborazione e non ricerca di potere o di carriera, attenzione agli ultimi, prestazione di lavoro volontario, gratuito, continuativo, personalizzato, creativo, vigilante, competente, massimalista.

4 - Conviene attenersi soltanto ad una rosa di virtù-sintesi, di virtù-simbol, qualitativamente pregnanti di energia, di vitalità evangelica in ordine alla missione da portare avanti nella Chiesa nel mondo.

Tali virtù sono desumibili dal comprtamento stesso del missionario Messia-pastore Gesù di Nazaret. Giovanni 10 ne è pieno.

Le raggruppo in una sorta di decalogo-itinerario utile alla comunità educativa e di conseguenza applicabile al cammino formativo dell'educatore.

 

Decalogo sul Modello di Gesù «Buon Pastore»

 Tutto il cammino di salvezza narrato dalla Bibbia, può essere definito un vero e proprio cammino pastorale.

 É Gesù stesso che in Giovanni capitolo X traccia l'identikit del buon pastore perchè ogni discepolo possa tenerlo nel tempo e nello spazio come specimen per specchiarvisi dentro e imitarne le virtù in ogni gesto pastorale.

La Chiesa è un nuovo gregge e insieme - sull'esempio del suo Signore - nuovo pastore, inviato a orientarlo sulle strade che portano al regno.

Dal Capitolo X del vangelo di Giovanni possiamo trarre una sorta di specimen non solo dell'opera del «buon Pastore», ma anche del servizio di ogni discepolo del Signore Gesù.

 

1 - Essere pastori e non mercenari: «Io sono il buon pastore...Il mercenario invece che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde; egli è un mercenario e non gli importa delle pecore» (Gv 10,11 - 13).

Si tratta di una vera e propria missione. Gesù, il buon pastore, invece di essere un «pagato» sa di essere un «venduto» per amore: non è un impiegato dell'amore... è un amore impiegato, donato, abbandonato, consegnato senza riserve.

 

2 - Essere porta dell'ovile: «Io sono la porta» (Gv 10,7b).

La porta ha il compito di garantire, custodire, difendere, tenere al sicuro, ma anche di aprire, di mettere in contatto, di entrare e uscire garantendo la convivenza sociale.

Porta chiusa per pensare, meditare, studiare, contemplare, vivere lo spirito di deserto, pregare...; aperta per dialogare, collaborare, cercare la gente. L'educatore è nato per essere «porta».

Educarsi alla funzionalità della porta è dunque educarsi alla pastorale della mediazione e dell'equilibrio.

Educarsi alla pastorale della soglia, educarsi alla spirito dell'accoglienza, del saluto, dell'umiltà, della disponibilità, del dialogo, del servizio.

 

3 - Essere voce che chiama per nome: «Egli chiama le sue pecore una per una» (Gv 10,3b).

Occorre avere la vocazione ad essere voce: è la voce che permette il riconoscimento del pastore. Gli ovili erano una sorta di albero delle pecore di più padroni. Al mattino le pecore facevano gruppo intorno alla voce del pastore. L'incontro avveniva grazie ad una sorta di «liturgia della voce». Le pecore madri venivano chiamate ancge per nome.

In realtà la voce è qualcosa di sublime e di misterioso: un suono che richiama alla coscienza di essere, di esistere, di vivere. É la voce che attire, affascina, distingue, scuote, emoziona, amalgama.

 

4 - Conoscere e farsi conoscere: «Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me»(Gv 10,14).

Conoscersi è il presupposto del cercare, del volere bene... Conoscere il senso biblico significa: entrare l'uno nella vita dell'altro, sposare l'altro, assumerlo totalmente, condividendone gioie e dolori.

La «Strategia» della missione del Messia-pastore deve essere la strategia della missione dell'educatore: bisogna servire i fratelli.

 

5 - Amare e servire fino a dare la vita: «Offro la vita per le pecore» (Gv 10,15b).

Dare la vita significa «consumare» giorno per giorno tutto di sè per coloro che sono affidati: tempo, sentimenti, intelligenza, volontà, lavoro, capacità, attitudini. Dare tutto di sè significa particolarmente donare agli altri la vita di Cristo che è in noi. Signofica: comunicare Cristo. Ma «nemo dat quod non habet».

 

6 - Tendere al massimo in ogni cosa: «Io sono venuto perchè abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza» (Gv 10,10b).

 La legge del vangelo è il massimalismo: sempre, dappertutto e in ogni cosa. A partire dal comandamento di Gesù: amare con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze (cf Lc 10,27).

In questo versetto in esame si parla della vocazione alla santirà.

 

7 - Puntare sull'unità tra l'ovile e il pastore: «Diventeranno un solo gregge e un solo pastore». (Gv 10,16b).

Il Signore Gesù pensò all'unità dei suoi discepoli fin dal primo momento della loro chiamata e per essa pregò intensamente fino all'ultimo. L'unità e frutto della comunione che scende dall'alto. Essendo grazia, occorre chiederla in ginocchio, invocarla da Dio.

L'educatore deve sapere fare costantemente leva sulla preghiera: deve essere anzitutto un uomo di preghiera.

 

8 - Uscire dal tempio: «E le conduce fuori» (Gv 10,3c).

La comunità cristiana non è fine a se stessa. La Chiesa è nata per servire: è nativamente e perennemente serva nomade nel territorio ove è adunata e inviata. É chiamata per essere inviata.

Due pertanto i compiti a cui deve educarsi, per poi educare gli altri:

a) La spiritualità della strada. Gesù ama la strada dell'uomo, perchè ama l'uomo. Con Dio nel cuore. Camminando senza soste.

b) La pastorale sociale. É arrivato il tempo di portare i cristiani ad uscire dal sacrale e impegnarsi a ispirare di vangelo il sociale.

 

9 - Precedere nel cammino: «Egli (il buon pastore), cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono» (Gv 10,4).

L'educatore si colloca nella comunità ecclesiale e sociale non solo come leader ma anche come modello, testimone.

 

10 - Pensare ai lontani: «Ed ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre» (Gv 10,16a).

Il pernsiero costante di Gesù è legato sopprattutto alla ricerca di chi non ha mai conosciuto Dio, di chi si è smarrito nei meandri della vita, di chi non trova più la strada del ritorno a casa.

Ansia dei lontani, cuore colmo di compassione e di perdono per chi ha sbagliato nella vita, interesse struggente per la ricerca, il ritrovamento, la salvezza di chi ancora non conosce Dio.

La metodologia pastorale degli educatori è cercare l'altro, specie chi si trovapiù nel bisogno, per donargli Dio. E cioè: imparare a divenire «sacramento» d'amore, segno e strumento di salvezza integrale.

Marino Gobbin

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