Una riflessione sui risvolti educativi delle relazioni affettive ed emotive
UnsplashMi sembra che la famiglia “affettiva” sia realtà consolidata. Giorni fa, Gramellini sul Corriere ricordava che la fortuna di Sinner sono stati i suoi genitori, i quali consegnando il proprio rampolloal maestro di tennis gli hanno raccomandato: «Non imporgli cose che non gli piacciono». La morale: meglio avere un figlio felice che un figlio campione. Magari poi succede che la realtà, la vita, ti “imponga” delle cose…
Dal canto mio sottolineo che la conquista dell’affettivo, all’interno dell’educazione, oltre a portare dei guadagni, apra questioni di non poco conto. Oggi è una rincorsa all’emotivo: manuali che si incaricano di classificare le emozioni e ad offrire suggerimenti sul come gestirle; non manca chi ricorda che è fondamentale che i bambini o i ragazzi possano esprimere ciò che sentono, meglio sedentro attività “estetiche”, “artistiche”, ecc. Di fronte a queste “espressioni”, normalmente, si conoscono solo lodi, complimenti e dintorni, un risvolto che, probabilmente, appaga più le attese genitoriali che non i ragazzi stessi. Qualcuno ricorda che don Bosco diceva che la musica dei ragazzi si ascolta con il cuore, sottinteso che “l’udito” debba essere tenuto a bada…
Capita però che, in capo a qualche anno, magari all’interno di qualche ora scolastica, sia diventato molto “pericoloso” discutere le idee o semplicemente i pareri che possono emergere dai nostri giovani. Quando succede (questo sembra già un “evento”) si ha l’impressione di varcare un confine dove ti può capitare una “denuncia” per “lesa emotività”. Una sorta di intoccabilità, dove la persona e le proprie idee sono un tutt’uno simbiotico. Scalfire le idee, provare a saggiarne la tenuta, oggi, significa ferire il mondo emotivo, il sentire. Il risultato è scontato, ovvero che “ognuno la pensa come vuole”: un muro a difesa dell’emotività, potenzialmente scalfibile dal pensiero “straniero”.
Una “solitudine blindata” e… le parole dell’altro, cortesemente, accomodate fuori.
So long!
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