Iniziamo con la Lectio Divina sul brano di Matteo (Mt 25, 31-46) a cura di don Paolo Maria Bolognani...
Carissimi,
come promesso oggi inizia la nuova rubrica di donboscoland: "Lo grideranno le pietre"! In tanti ci avete scritto per manifestare interesse e curiosità. Già da ora vi ringraziamo, perchè ci seguite e ci sostenete...se non ci fossero i lettori e gli affezionati, che senso avrebbe il nostro sito?!
Come vi anticipavamo, il primo appuntamento è con una Lectio Divina. Il brano che abbiamo scelto è quello dell'evangelista Matteo (Mt 25, 31-46)
Buona lettura!
DAL VANGELO DI MATTEO
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
COMMENTO
Ci troviamo davanti ad una scena di giudizio, come potremmo immaginarci essere stata presso una corte dell’antico Oriente, magari di Carlo Magno... (chi volesse ispirare l’immaginazione veda la descrizione in Dn 7).
Il giudice è il “Figlio dell’uomo”, “Ben-Adam”, che potremmo tradurre in: “uomo nella pienezza della sua umanità” (e nel quale riconosciamo i connotati di Gesù)! Immaginiamoci allora giudicati dalla parte migliore di noi stessi, così come ci ha pensati Dio…
Egli separa le pecore bianche - che indicano la luce - dai capri, che sono scuri e rappresentano le tenebre.
Gli uni stanno alla destra, la parte della mano benedicente, e sono appunto “benedetti”, cioè guardati da Dio con uno sguardo-abbraccio di benevolenza (ricordiamo una antica benedizione: “Il Signore volga lo sguardo su di te…”);
Gli altri stanno alla sinistra, luogo dell’ombra, del tramonto; sono allontanati e addirittura “maledetti”, persone dalla vita “bruciata” (cfr. “nel fuoco eterno”).
Agli uni è promesso il regno in eredità, un regno preparato apposta e pensato da sempre per “gli uni”, mentre il “fuoco eterno” non era pensato se non per il diavolo e i suoi angeli, cioè coloro che lo servono… (significa che chi “non” fa le opere di misericordia, diventa servitore-angelo di colui che divide: “Dia-ballo”)
Per quanto possiamo sforzarci, riusciamo a pensare a persone che sono solo luce o solo oscurità?! Forse è più corretto pensare che sono entrambe dimensioni che abitano dentro di noi, dentro ciascuno di noi!
Segue la sentenza, rivolta a quelli che stanno sulla destra e a quelli che stanno sulla sinistra, con un parallelismo perfetto e la ripetizione, per 4 volte, quasi ossessiva, di sei azioni chiamate in seguito dalla tradizione: “OPERE DI MISERICORDIA CORPORALE”.
Quando nella retorica ebraica si voleva sottolineare una cosa la si ripeteva, e per darvi ancora più enfasi, la si ripeteva in modo antitetico. Qui le opere sono ripetute ben quattro volte! L’autore ci vuole dire che siamo nel cuore del discorso: la realizzazione della persona umana dipende dal fare o non fare queste opere di misericordia!
Facciamo caso a tre parole apparentemente insignificanti, ma che qui diventano parole-chiave:
“perché”: dà il motivo di benedizione o maledizione; fa la differenza tra una vita di luce ed una vita di tenebra! “non”: è l’unica differenza tra il primo e il secondo dialogo! È l’inerzia, il non fare (l’indifferenza, direbbe madre Teresa di Calcutta), il grande Male! “quando mai”: chi ha fatto il bene non si accorge nemmeno di averlo compiuto, gli veniva naturale, non poteva fare diversamente perché gli era connaturale, era “figlio dell’uomo”, era “essere di luce”; chi non ha fatto il bene, non ha “visto”, ossia non ha saputo vedere con lo sguardo di Dio, non ha riconosciuto Dio nel bisognoso che aveva davanti, o semplicemente guardava da qualche altra parte…
Mentre le sei opere di misericordia erano conosciute in tutto l’oriente antico (vedi ad esempio il Libro dei morti dell’antico Egitto o il Midrash al Salmo 118), lo specifico di Gesù è nei versetti 40 e (45):
“Ogni volta che (non) avete fatto queste cose
a uno di questi miei fratelli più piccoli,
(non) l’avete fatto a me.”
L’identificazione del “figlio di Dio” con ogni “Ben-Adam” è lo sguardo di misericordia di Dio sull’uomo, sguardo imprestato all’uomo stesso, imparato dall’uomo che imita Gesù, il Ben-Adam per eccellenza.
Il brano non vuole dare informazioni sui castighi di Dio, ma invitare OGGI a fare esperienza di salvezza, di luce! Vuole richiamarci sull’unica cosa necessaria: “Và vendi quello che hai e dallo ai poveri…” (cfr. Mc 10), dove sappiamo che il giovane ricco si fece “scuro in volto” e se ne andò triste…
Ma dove possiamo oggi vedere le opere di misericordia?!
Bisogna andare nelle “periferie esistenziali”, là dove non sono puntati i riflettori della società, là dove non ci sono interessi di parte o guadagni da trovare, dove nessuno penserà di farne una trasmissione di successo o delle “app” da scaricare.
Là troverai Mario, di cui tutti in paese sanno che è sempre disponibile a darti un passaggio, a fornirti una bici che ha recuperato in discarica e ha messo a posto…
Là troverai Anna, che cresce da sola tre figli, e che trova comunque la forza e il tempo per dedicarsi ai poveri della comunità…
Là troverai Gemma, che all’insaputa di tutti, con la sua gastronomia, dà da mangiare gratuitamente ad un popolo di affamati…
Non è gente senza difetti, non appaiono per gesta eroiche.
Ci dicono, così, che non bisogna essere perfetti per essere capaci di opere di misericordia. Tutti le possiamo fare, così come siamo e per quello che siamo!
Questa gente non pretende di cambiare un mondo difficile, incapace di misericordia, e nemmeno se ne dispera, ma OGGI immette misericordia in un mondo che ne è stato privato e che ne ha estremo bisogno…
Che aspetti?!
Don Paolo Maria Bolognani sdb
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