L’esposizione si compone in particolare di ben 170 opere grafiche, che Chagall — indimenticato pittore, scultore e incisore di origine ebraica, nato nel 1887 nell’odierna Bielorussia e morto nel 1985 in Francia — realizza, su commissione dell’editore e mercante d’arte Vollard, per rileggere, in chiave pittorica, il messaggio biblico.
Nell’articolo si evidenzia il profondo rapporto fra l’artista e la Bibbia e vengono descritte le diverse sezioni dell'esposizione inerenti la narrazione artistica del tema biblico. Infine un cenno alla presenza storica dell’ebraismo in Calabria, anch’esso tema presente in mostra.
La redazione
«Per Marc Chagall la Bibbia non è solo la storia della Creazione, è anche quella delle creature, degli uomini. Mosè, Abramo, Giacobbe, Davide, Giuseppe, Saul non vengono mai rappresentati dall’artista come simboli di potere o straordinari condottieri, in maniera maestosa o imponente. A emergere nelle opere è piuttosto una certa goffaggine o una certa umiltà; e ciò perché è la semplicità il modo in cui Chagall vive la vita, la religione e lo stesso testo sacro, che per lui, più che essere lontano nel tempo e nello spazio, è qualcosa che ha a che fare con la quotidianità». Le parole di Domenico Piraina — tra le qualifiche che riveste, direttore del Palazzo Reale di Milano dal 1993 e cavaliere al merito della Repubblica italiana dal 2019 — introducono Chagall. La Bibbia, la mostra di cui è curatore, in corso fino al 29 agosto a Catanzaro, negli spazi del Complesso monumentale del San Giovanni.
L’esposizione si compone in particolare di ben 170 opere grafiche, che Chagall — indimenticato pittore, scultore e incisore d’origine ebraica, nato nel 1887 nell’odierna Bielorussia e morto nel 1985 in Francia — realizza, su commissione dell’editore e mercante d’arte Vollard, per rileggere, in chiave pittorica, il messaggio biblico. «Quando Vollard commissiona a Chagall, dopo Le anime morte di Gogol’ e Le Favole di La Fontaine, le tavole sulla Bibbia, siamo intorno al 1931 e il nostro artista, che per l’occasione intraprende un viaggio fino in Palestina, è già preparatissimo, oltre che entusiasta — spiega Piraina a questo giornale —. Difatti, la Bibbia, sin dagli anni giovanili (Chagall poteva avere una ventina d’anni), lo aveva catturato e affascinato. Si può dunque affermare che il tema biblico attraversi l’intera vita, sia privata (per le vicende storiche che lo toccano in prima persona) sia artistica, di Chagall, il quale, con la sua arte, non si ferma alle opere volute da Vollard, ma continua nel tempo a riferirsi al testo sacro».
Così, percorrendo le sale del Complesso monumentale del San Giovanni — che sorge sull’area del Castello Normanno eretto nell’ XI secolo da Roberto il Guiscardo e parzialmente distrutto nel Quattrocento —, ci si imbatte nelle opere chagalliane che, per l’appunto, narrano i fatti biblici come una speciale galleria di figure, una vicenda di patriarchi, profeti, re, regine, spose e pastori. Tra storie e creature fantastiche, sono esposte nello specifico: la serie della Bibbia, in bianco e nero e a colori, la quale riflette l’attaccamento al testo sacro dell’autore, dallo stesso definito «la più grande fonte di poesia di tutti i tempi»; le tavole a tema biblico pubblicate nel 1956 e nel 1960 sulla rivista d’arte «Verve», fondata nel 1937 da Tériade; le litografie su La storia dell’Esodo, in cui l’avventura del popolo ebraico, che fugge dalla schiavitù in Egitto per raggiungere la Terra Promessa, diventa allegoria della persecuzione patita dagli ebrei, in seguito all’invasione nazista della Francia, durante la seconda guerra mondiale.
«A tali tre sezioni sulla narrazione artistica del tema biblico — prosegue Piraina —, se ne aggiunge una quarta, l’ultima (a cura di Pasquale Faenza), che riguarda l’ebraismo in Calabria, dove, per la precisione a Bova Marina, sono stati rinvenuti i resti della seconda sinagoga più antica d’Occidente, dopo quella di Ostia. È l’idea, insomma, che abbiamo scelto per far dialogare Chagall con il territorio; motivo per cui, questa ulteriore parte di mostra, espone le opere di due artisti contemporanei calabresi. Si tratta di Max Marra, che ha dedicato una serie di lavori al ghetto, densa di rimandi alla tragedia degli ebrei, alle persecuzioni razziali e alla Shoah; e di Antonio Pujia Veneziano, presente con un’installazione di vasi in ceramica, decorata con gli antichi e sacri simboli della Menorah, della Stella di David o dello Shofar. Infine, siamo riusciti ad avere dalla Biblioteca di Reggio Calabria, proprio per l’esposizione, la copia anastatica (1475) del primo Commentario al Pentateuco, la cui versione originale è conservata nella Biblioteca Palatina di Parma. Pannelli, video e filmati — dice ancora Piraina — continuano inoltre il racconto sulla presenza ebraica in Calabria, terra di cui sono originario e che è sempre stato luogo di attraversamenti e incontri».
Adamo ed Eva scacciati dal Paradiso terrestre, Davide all’arpa, La partenza di Giacobbe per l’Egitto, Miriam la profetessa. Da un’opera all’altra è come se la voce di Chagall riecheggiasse all’interno delle sale museali; come se l’artista universale si rivolgesse ai visitatori con le sue celebri parole: «Fin dall’infanzia sono stato affascinato dalla Bibbia (…). Da allora ho cercato il suo riflesso nella vita e nell’arte. La Bibbia è l’eco della natura, il mio tentativo di trasmettere questo mistero». E quello che Chagall trasmette, attraverso le varie figure del Vecchio Testamento con cui intimamente dialoga per mezzo dell’arte, è anche un messaggio di amore e fratellanza che ben si amalgama col suo senso di nostalgia e sradicamento.
«Di Marc Chagall, di quest’uomo dalle tre identità (russa, francese ed ebraica) che nella sua arte trovano una sintesi, colpisce soprattutto la gioia. Il riuscire, cioè, a sorridere malgrado i terribili accadimenti patiti, tra cui il nazismo, a causa del quale deve scappare da Parigi negli Stati Uniti — afferma Piraina —. Chagall, perseguitato non solo per le sue origini ma anche perché artista, comunica, nonostante tutto, speranza: è qualcosa di fondamentale, soprattutto oggi, epoca in cui abbiamo bisogno di umanità».
Significativo, oltretutto, il fatto per il quale, dopo i periodi di chiusura dovuti alla pandemia, il Complesso riparta (con tutte le misure di sicurezza del caso) proprio da Chagall, il maestro della speranza. La mostra — prodotta e organizzata dal Comune di Catanzaro e dall’assessorato alla cultura della città capoluogo con Arthemisia — è realizzata con il contributo della Regione Calabria e con il patrocinio dell’amministrazione provinciale catanzarese. Il catalogo delle opere è di Rubbettino Editore; mentre fondamentale risulta il sostegno della Fondazione Cultura e Arte, ente strumentale della Fondazione Terzo Pilastro–Internazionale, presieduta dal professore Emmanuele Francesco Maria Emanuele, grazie al quale tutte le scuole del territorio possono usufruire dell’ingresso gratuito all’esposizione («Ingresso gratuito a conferma del valore didattico e divulgativo dell’arte di cui, da sempre, siamo convinti promotori», dichiara il presidente della Fondazione).
«In definitiva — conclude Piraina — questa è una mostra che invita tutti, compresi i giovani, a scoprire sì, i luoghi della Calabria, dove ancora manifesta è la presenza ebraica, ma principalmente la Bibbia, la quale, anche al di là del suo immenso senso strettamente religioso, andrebbe letta a scuola al pari dell’Iliade e dell’Odissea, per trovare risposte». Un po’ come ha fatto Chagall che, partendo dalla Bibbia, ha dato luce e colore alla vita.
di Enrica Riera
Testo tratto da osservatoreromano.va
Immagine tratta da arte.sky.it
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