L’uomo si è liberato di Dio, ma non sa cosa farsene di questa libertà

Franco Cardini

Lo storico, autore di “Le dimore di Dio” (Il Mulino), a Huffpost: "Siamo come criceti su una ruota o come marinai di notte in mezzo al mare"

Muoio dalla voglia di dire a Franco Cardini che ha scritto un libro strepitoso. “Beato lei. A me non piace per niente”. Ma come? “L’unico dei miei libri che mi piaciucchia è ‘L’appetito dell’Imperatore’. Gli altri, niente. E più recenti sono, meno mi piacciono”. A proposito di appetito, siamo in un ristorante, a Roma, e ordina subito un’amatriciana. “Tanto più che il mio medico me lo sconsiglierebbe”. Poi mi avverte che farà una cosa oscena. “Mettere l’acqua nel vino è una vecchia abitudine che ho preso da mia nonna. È una magia. Il vino dura di più e ne bevo meno”. Non bisogna dargli retta né col vino, né coi giudizi sul suo ultimo libro. “Le dimore di Dio” (Mulino) è un racconto davvero strepitoso non solo delle moltissime case che l’uomo ha costruito in onore di Dio, ma anche della tenace insistenza con cui l’ha fatto nei secoli. Templi, Chiese, Sinagoghe, Moschee. Perché tutti gli uomini e le donne, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni forma, hanno ripetuto questo gesto? “Escluderei sia stato Dio ad aver avuto bisogno di loro”.

Franco Cardini è un professore di storia medievale e guarda il mondo contemporaneo con distaccato buonumore. “Può darsi che Dio troverà una dimora anche nei computer. Chi può dirlo”. Nel frattempo, ci sono i posti in cui ha dimorato già. “Il fatto che Dio sia in cielo, in terra e in ogni luogo, come dice il catechismo di Pio X, non esclude l’esistenza di spazi che Dio privilegia, posti in cui Egli si manifesta con più intensità che in altri. I luoghi citati dalle Sacre Scritture, per esempio”. Già usare la parola Dio, in un articolo di giornale che sarà pubblicato online, mette in allarme. Non c’è Dio, scriveva Cioran, che sopravviva al sorriso dello spirito. Che è poi la specialità della rete: prendere per il culo tutto. “Ma è anche vero il contrario”, dice Cardini. “Non c’è sarcasmo, ironia e cinismo che sopravvivano al cospetto di Dio. Si può negare, rifiutare, bestemmiare, dileggiare Dio: tutto ciò fa parte della nostra nullità, mentre la sua gloria non ne viene neppure sfigurata”. 

Non capisco cosa intenda dire.

Che la maggior parte dei trattati teologici, di tutte e tre le religioni monoteiste, prendono le mosse dalle sensazioni. Perché la sensazione è ciò che si avverte nel corpo e nella mente. Non è l’oggetto, non è la presenza stessa di Dio.

Ma non le sembra, comunque, un punto di partenza effimero?

Se lei dà una martellata su un dito a un bambino, il bambino urlerà. Ma se lei gli chiede cosa ha provato, il bambino le risponderà che ha provato dolore solo se in precedenza gli ha insegnato a dare quel nome a quella sensazione. Altrimenti, non saprà cosa risponderle. Vale la stessa cosa per la presenza di Dio. Ci sono intere culture nate per decifrarla.

È roba da intellettuali?

No. Mia nonna, che era una contadina, avvertiva la presenza di Dio con più intensità di quanto non l’avverta io. Ne sono sicuro. Nella mia mente Dio è subito associato alle opere di Michelangelo, l’al di là alla cupola della Moschea blu di Istanbul. È un’immagine mediata dall’arte, dalla cultura. Un filtro tra me e questa presenza. Che, però, può essere avvertita anche senza mediazioni, direttamente.

Lei dove l’ha provata di più?

Erano i primi giorni di aprile del 2005 ed era morto Giovanni Paolo II. Io sono un cattolico normale e mi trovavo a Roma, in un albergo vicino San Pietro. Andai a dare un’occhiata alla veglia e finì che senza accorgermene passai la notte lì. Non mi apparve l’Arcangelo Gabriele. Eppure la Basilica, la folla, la preghiera, il cappuccino e il cornetto all’alba. Avvertii intensamente che Dio era lì.

Tutto qui?

Ma Dio non si può immaginare, figurarsi se si può dire. Qualsiasi tentativo di farlo è destinato al fallimento. L’unico modo di parlarne è non attribuirgli niente di speciale.

Allora perché gli uomini gli hanno dedicato le opere più straordinarie?

Prima che Dio diventasse uno, attraverso il monoteismo, la divinità era ovunque. In particolare, nei luoghi in cui si esprimeva la potenza della natura. Poi la presenza di Dio, il solo e unico Dio, comincia a manifestarsi in luoghi precisi. Il Tempio di Gerusalemme, modello successivo di tutte le Chiese e Moschee costruite nel mondo, venne edificato sulla collina del Moriah, a nord est di Sion, sul cosiddetto Monte della Dimora. Il luogo dove in precedenza Dio aveva impiantato il giardino dell’Eden.

Quindi Sinagoghe, Chiese, Moschee sono porzioni di Paradiso?

Sono certamente un modello architettonico e artistico del Paradiso.

Come si può immaginare il Paradiso se nessuno lo ha mai visto?

Immaginarlo si può eccome, tanto è vero che è stato immaginato da tutte le religioni, e questo esclude che sia inimmaginabile.

Ma può essere come lo immaginiamo?

Paolo VI, una volta, disse che chi aveva perduto un animale caro in Paradiso lo avrebbe ritrovato. Mi sono sempre chiesto come, in che forma. L’uomo immagina il Paradiso per analogia. L’ha accostato al piacere erotico, alla serenità mentale, alla sazietà fisica. Ma c’è un buco che non riusciremo mai a colmare: è come sarà tutto questo senza più il corpo. Qui finisce l’immaginazione e comincia l’inimmaginabile.

Lei crede che ci andrà in Paradiso?

Ho troppa stima di Dio per pensare che sia stato ferito dal male che ho fatto in Terra, cioè quelle tre o quattro fesserie di cui sarò chiamato a rispondere.

Se è così, allora, ci andremo tutti.

Mia nonna raccontava che una notte, durante la seconda guerra mondiale, andò in Chiesa. Era illuminata solamente dalla fiammella delle candele e, nella semi oscurità, riconobbe il profilo di un uomo che pregava. Quando l’uomo si alzò e le passò vicino vide che sulla giacca aveva le mostrine delle SS. Era un soldato nazista. E si spaventò tremendamente. Non faceva altro che raccontarlo. E raccontava che quando lo disse in famiglia, si stupirono tutti. Le dissero: ‘Ora anche i nazisti pregano?’.

E lei?

Rispose che quelli erano affari tra quell’uomo e Dio. E non saprei come rispondere meglio alla domanda che mi ha fatto su chi andrà in Paradiso.

In Chiesa, però, oggi non ci va nessuno. Nemmeno i nazisti.

E crede che questo dispiaccia a Dio?

Io volevo sapere se dispiace a lei.

Senz’altro le Chiese non sono state fatte per rimanere vuote. Le Cattedrali medievali, addirittura, erano costruite per ospitare l’intera popolazione di una certa città. Così veniva stabilita la loro grandezza. A Natale e a Pasqua si riempivano completamente.

Ma oggi che sono vuote, secondo lei, c’è ancora la presenza di Dio, o anche Dio ha smesso di essere lì?

Dio non scompare perché scompaiono gli uomini che vanno in cerca della sua presenza. Certo, là dove si avverte la presenza di Dio, l’uomo funziona come un ripetitore radio. Trasmette il segnale. Lo diffonde. Lo amplifica. Se non c’è nessuno, nessuno lo sentirà.

Ma è possibile che Dio oggi sia andato altrove?

Dove?

L’uomo non ha smesso di adorare. Idee, capi, star. 

Nel Novecento, l’uomo ha avuto delle divinità politiche: la classe, la nazione, che erano dei surrogati di Dio. Oggi sono culti – se così vogliamo chiamarli – a cui manca completamente la trascendenza. Tutto rimane qui, tremendamente con i piedi per terra. Non c’è teologia, non c’è alterità.

È necessariamente un male?

Il movimento di liberazione dell’uomo da Dio è cominciato molti anni fa, direi nel 1400. Oggi si è compiuto fino in fondo. L’uomo è completamente libero. Ma assomiglia a quel criceto che sale su una ruota e corre a perdifiato, rimanendo sempre fermo nello stesso posto.

Perché?

Perché il vuoto lasciato da Dio nella vita dell’uomo è stato via via riempito dalla ricerca di una soddisfazione senza nome. L’uomo ne agguanta una, la sperimenta, ma poi ne vuole subito un’altra, e poi un’altra ancora, senza riuscire mai a essere soddisfatto.

Perché pensa che prima lo fosse?

Innanzitutto, cerco di pensare il meno possibile. Preferisco guardare i dati oggettivi, come mi insegnano le discipline che studio.

E i dati le dicono che prima l’uomo stava meglio?

Questo sarebbe un giudizio di valore. E non è quello il punto.

Allora qual è?

Che l’uomo si è liberato di Dio, oggi la sua libertà è assoluta. Il problema è che non sa cosa farsene. È come un marinaio che si trova, di notte, in mezzo al mare. L’acqua calma. Infinite rotte a disposizione. Ma non ha più stelle in cielo che gli diano un senso dell’orientamento.


di Nicola Mirenzi

tratto da huffingtonpost.it

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