Ammetto che in questa vicenda c'è qualcosa che trovo insopportabile: e cioè che a Erich Priebke si voglia negare, sino a rendere di fatto impossibile questa pietosa pratica, una qualche forma di sepoltura.
L’indignazione non basta, cari e gentili amici lettori. L’indignazione comunque sia motivata non basta mai per fare la cosa giusta. Che a volte è semplice, ma non per questo diventa facile. Possiamo tornare a constatarlo anche nel caso aperto dalla morte del centenario Erich Priebke, cioè di un uomo che, vestendo la divisa hitleriana di ufficiale delle SS, si fece inesorabile esecutore di feroci «ordini superiori». E che con l’estremo atto della sua esistenza terrena ha ostentato una totale assenza di pentimento per aver servito il mostro nazista e una tenace vena negazionista delle immani atrocità che quel mostro ha commesso e alle quali lui stesso aveva cooperato.
È dunque comprensibile a tutti perché le autorità religiose e civili di Roma, città teatro dei gravissimi misfatti di Priebke (che restano tali quale che sia la ricostruzione degli eventi che li hanno preceduti: nulla in nessun caso può giustificare la rappresaglia e la persecuzione contro persone innocenti e inermi) e città nella quale – per obbligo di giustizia – ha dovuto condurre l’ultima parte della propria esistenza, abbiano deciso autonomamente, ma in modo significativamente convergente, di non acconsentire ad alcuna pubblica celebrazione del defunto. Esequie private sì, pubbliche no. Non si tratta di una novità e neanche, da un punto di vista cristiano, di una mancanza di carità o di accoglienza, ma anzi di una scelta dolorosa, saggia e caritatevole, tutta tesa a prevenire la strumentalizzazione (ovvero l’uso politico o comunque propagandistico) del «funerale in Chiesa», esattamente come accade quando si dice "no" alle esequie solenni di un mafioso o di chiunque altro si ponga deliberatamente e persino provocatoriamente fuori e contro la visione cristiana della vita. Il giudizio è sempre e solo di Dio, la prudenza è affare degli uomini e delle donne.
Detto questo, ammetto che in questa vicenda c’è qualcosa che trovo insopportabile: e cioè che a Erich Priebke si voglia negare, sino a rendere di fatto impossibile questa pietosa pratica, una qualche forma di sepoltura. Ma ogni uomo, qualunque crimine abbia commesso, ne ha diritto. Questo tantissimi di noi lo sanno bene, perché ci è stato insegnato e non possiamo proprio far finta di non saperlo più, sebbene oggi il virus della smemoratezza dilaghi. Non mi interessano le modalità, che devono essere ben valutate, m’interessa il gesto religioso e civile. Che non cancella in alcun modo i torti di Priebke, e dà invece piena ragione a tutti coloro che sono stati le sue vittime. Sconfitti e annientati nella logica degli assassini, eppure per sempre agli occhi di Dio e del mondo quelli dalla "parte giusta".
Marco Tarquinio
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