In una delle mete preferite del turismo occidentale, da un mese è in vigore la più rigida legge islamica che prevede la pena di morte anche per bambini di dieci anni. Ma nei villaggi turistici tutto resta permesso.
Chi non è stato in vacanza alle Maldive? Nessuna mano alzata? Normale, visto che da sempre è un “paradiso” low cost, dunque oves et boves. Pigli un charter e, con quattro soldi, porti la famigliola su spiagge come suol dirsi incontaminate, piene di villaggi-vacanze con animatori, feste, balli e cotillons. Il turismo di massa, occidentale, da sempre popola quegli atolli nell’Oceano Indiano: più di mille e cento isole e isolette dove fai il bagno, godi, ti diverti, prendi il sole in costume e anche senza, bevi, fumi (pure spinelli se vuoi) e, insomma, fai tutto quel che si fa in posti del genere. Sì, anche quello. Anzi, c’è chi ci va appunto per quello. Insomma, il bengodi alla portata di tutte le tasche. Chi non ha visto il suo idraulico abbronzato in pieno inverno e, interrogatolo, ha sentito che era appena stato alle Maldive?
Tuttavia, da quelle parti, basta spostarsi di dieci metri e dal Terzo Millennio si piomba nel VII secolo. Infatti, non molti sanno che il Paese è ufficialmente islamico e da un mese vi è stata introdotta la più radicale sharia, con tanto di «peccati» introdotti nel codice penale, il quale prevede la pena di morte per le più svariate trasgressioni, anche a carico di bambini di dieci anni. In quest’ultimo caso, però, prevale una qualche forma di pietà, visto che il reo non può essere impiccato finché non abbia raggiunto la maggiore età. Il che significa che dovrà stare una decina d’anni nella cella della morte.
Dal 27 aprile scorso la pena di morte, la cui ultima esecuzione risaliva al lontano 1953, è rientrata alla grande nelle isole del turismo. Beninteso, vale solo per i 350mila cittadini, i quali sono e devono essere tutti rigorosamente musulmani sunniti: dal 2008 è fatto divieto costituzionale ai non musulmani di richiedere la cittadinanza (sempre che ci sia qualche non musulmano così pazzo da richiederla).
Donde questo giro di vite? Dal 17 novembre 2013, data della salita al potere del presidente Abdullah Yameen, il quale ha ottenuto la fiducia unanime dei maldivesi proponendosi come «salvatore dell’islam» e applicatore alla lettera della sharia. Come abbiamo detto, la responsabilità penale, col nuovo codice integralista, comincia a dieci anni. Che scendono a sette (sette!) in caso di furto, consumo di alcool, fornicazione (sic!) e, naturalmente, apostasia. Epperò nell’aeroporto e nei vari resort si può essere serviti di carne di maiale e alcolici, purché a farlo non sia personale di cittadinanza maldiviana.
Ovviamente, è vietatissima la presenza di «idoli» di altre religioni, tra cui le aborrite croci. Per il resto, il copione è il solito: donne velate e ben coperte, barbe, polizia religiosa e guardiana della moralità. Ma la Repubblica maldiviana campa di solo turismo e, sharia o non sharia, pecunia non olet.
Così, ecco che i turisti in spiaggia possono fare qualunque cosa, basta che paghino. Di qua, chador e magari burqa; di là, bikini e topless, musica «degenerata», sbronze, fornicazioni e adulterii.
Ora, pare che diversi internauti si siano attivati per lanciare una campagna di boicottaggio al turismo in quelle lande. Ma dimenticano che i maldiviani hanno votato compatti per il loro presidente, dimostrando con ciò di volerla fortemente, la sharia. Con ogni evidenza sanno altrettanto bene che, se dovessero estenderla ai litorali, si garantirebbero la morte per fame. Perciò, si limitano a dimostrare, col voto, tutto il loro disprezzo per la zona franca che tocca loro sopportare per avere di che campare.
Continueranno, dunque, a vivere in un paradiso tanto incontaminato quanto schizofrenico, VII secolo da una parte e XXI dall’altra, angeli di qua e diavoli (occidentali) di là. Andiamoci, allora, in vacanza alle Maldive (chissà come mai non c’è stato ancora ambientato alcun cinepanettone), prima che se ne accorga Al Qaida. Alla quale, com’è noto, di far morire di fame il popolo non importa affatto.
Rino Cammilleri
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