Naufraghi in mare, ma è l'Europa ad affogare

Nuove richieste d'aiuto, profughi che sbarcano a Rodi e l'Italia che chiede l'intervento dell'ONU...

Naufraghi in mare, ma è l'Europa ad affogare

 

Dopo la tragedia che si è consumata nel Canale di Sicilia tra sabato e domenica scorsa, l’organizzazione internazionale per le migrazioni fa sapere di aver ricevuto tre chiamate di richiesta di aiuto da altrettante barche nel Mediterraneo al largo della Libia mentre secondo il procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia ci sarebbero «un milione di persone pronte a partire dalle coste libiche» (La Stampa, 20 aprile).

 

Nel frattempo la guardia costiera greca ha fatto sapere di avere messo in salvo 80 migranti che erano su un’imbarcazione che si è incagliata su una scogliera davanti a una spiaggia dell’isola greca di Rodi. Tre persone sono morte nel tentativo di raggiungere la riva. Secondo le prime ricostruzioni, la maggior parte dei migranti proviene dalla Siria. Sul posto sono arrivati polizia, guardia costiera e ambulanze (Internazionale, 20 aprile).

 

LE OPERAZIONI CONTRO GLI SCAFISTI

 

Le autorità italiane hanno arrestato oggi "altre 24 persone" accusate di "commerciare in carne umana", e con questi arresti "siamo a 1.002 persone arrestate". Lo ha detto il premier Matteo Renzi, in conferenza stampa con il primo ministro di Malta Joseph Muscat. E che gli arresti "avvengano ex post, dopo che hanno fatto il viaggio", o "che avvengano prima attraverso operazioni legittimate dalla comunità internazionale", questa "è la nostra assoluta priorità: non possiamo pensare di lasciargliela vinta perché avremmo una responsabilità davanti alla storia" (Askanews, 20 aprile).

 

Tra gli indagati anche l’etiope Ermias Ghermay e l’eritreo Medhane Yehdego Redae. Secondo la procura, questi due trafficanti erano i principali responsabili della tratta tra la Libia e l’Italia. Ghermay risulta ancora latitante ed è ricercato dal 2014, quando è stato riconosciuto come uno dei responsabili del naufragio in cui sono morte 366 persone, al largo di Lampedusa, a ottobre del 2013 (Internazionale, 20 aprile).

 

CHIESA CHIEDE RIPRISTINO DI MARE NOSTRUM

 

Il presidente del Centro Astalli, il gesuita padre Ripamonti: "Serve attivare un’operazione di soccorso ad ampio raggio, anche in acque internazionali, come era Mare Nostrum. Se si vuole veramente combattere il monopolio dei trafficanti, occorrono alternative legali: canali umanitari nei Paesi di origine e in quelli di transito. Chi scappa dalla guerra deve poter chiedere asilo in Europa" (Famiglia Cristiana, 20 aprile).

 

Il Mediterraneo deve essere un canale umanitario". Lo chiede la Fondazione Migrantes all'indomani della tragedia a largo delle coste libiche. "Anzitutto - afferma il direttore della Fondazione Cei, monsignor Giancarlo Perego, all'agenzia missionaria Misna - bisogna mettere in discussione Triton, la missione di pattugliamento dell'agenzia europea Frontex, del tutto inadeguata per fare del Mediterraneo un canale umanitario, a protezione delle migliaia di persone che continuano a fuggire". Secondo Migrantes, "è necessario che oggi l'operazione italiana Mare Nostrum divenga europea e i paesi dell'Ue non possono giustificarsi sostenendo che costa troppo. In Europa i fondi ci sono. Se l'Italia ha potuto sostenere l'operazione per oltre un anno, lo possono certo fare i Ventotto". "Non ci si può fermare ad un'operazione Triton, che da subito abbiamo considerato e contestato come insufficiente a salvare le persone in mare, occorre fare uno sforzo unitario in Europa, per un'operazione che abbia le stesse caratteristiche di Mare Nostrum e non sia quindi un semplice controllo di frontiere, ma diventi veramente un presidio umanitario del Mediterraneo, che possa salvaguardare la vita delle persone" aveva detto ieri Perego ai microfoni di Radio Vaticana (Avvenire, 20 aprile).

 

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE SI MUOVE?

 

Sotto la pressione di Italia, Francia e Malta potrebbero esserci notizie di un rapido intervento di polizia internazionale – con benedizione ONU - contro gli scafisti libici e non solo per fermare la tratta di esseri umani che arrivano dalla sponda sud del Mediterraneo. L'ipotesi del blocco navale non sarebbe possibile senza far esplodere definitivamente la situazione libica sotto la pressione dei profughi respinti dalle navi, sempre se il ministro degli esteri libico fosse d'accordo nel dare una mano all'Italia e all'Europa.

 

 

Lucandrea Massaro

http://www.aleteia.org

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