L'incontro con il Risorto ha trasformato i discepoli di Emmaus: sono passati dallo scoraggiamento alla speranza, dalla voglia di dare le dimissioni alla missione! C'è un cammino da fare per passare dal vedere al credere, ma Gesù è pieno di delicatezza: si avvicina ad essi, mostra loro le sue mani e i suoi piedi segnati dai chiodi della Passione e insiste: “Sono proprio io: toccatemi!”.
del 19 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Letture: Atti 3, 13-19 1° Lettera di Giovanni 2, 1-5Luca  24, 33-48 
          Le prime righe del vangelo di questa domenica evocano l’entusiasmo dei discepoli di Emmaus. Poco prima essi erano scoraggiati: la passione e la morte di Gesù avevano segnato per loro la fine di una grande speranza. Ma ora tutto è cambiato: hanno camminato con lui, l’hanno ascoltato mentre spiegava loro le Scritture e lo hanno riconosciuto “mentre spezzava il pane”. L’incontro con il Risorto li ha trasformati: sono passati dallo scoraggiamento alla speranza, dalla voglia di dare le dimissioni alla missione!
          1. Gesù Cristo trasforma quelli che incontra: dopo l’incontro con il Risorto, riconosciuto mentre spezzava il pane, i discepoli di Emmaus non rientrano a casa e, benché tardi, riprendono la strada verso Gerusalemme. “Il nostro cuore non ci bruciava nel petto mentre Lui ci spiegava le Scritture?… mentre essi ancora parlavano, Gesù in persona si trovò in mezzo a loro. Presi da timore e stupore, essi credevano di vedere un fantasma. … Nella loro gioia essi non osavano crederci ed erano presi da stupore”.
          C’è un cammino da fare per passare dal vedere al credere, ma Gesù è pieno di delicatezza: si avvicina ad essi, mostra loro le sue mani e i suoi piedi segnati dai chiodi della Passione e insiste: “Sono proprio io: toccatemi!”. E per convincerli ancora meglio, domanda loro: “Avete qualcosa da mangiare? Ed essi gli offrirono una porzione di pesce fritto ed Egli ne mangiò”.  Gesù vuole che i suoi apostoli abbiano un’esperienza della risurrezione del suo corpo, proprio quello che è stato crocifisso.
          Inoltre Gesù offre loro una spiegazione biblica, come già aveva fatto con i discepoli di Emmaus: “Non bisognava che il Cristo soffrisse per entrare nella gloria?” e s. Luca annota: “Aprì loro la mente alla comprensione delle Scritture”. Gesù dona loro la fede, questa virtù soprannaturale - che è una luce per la loro intelligenza e una forza per la loro volontà – impegnata a credere, a dare fiducia a Gesù veramente risorto. 
          Da notare che è l’amore di Gesù a fare il primo passo: Lui provoca l’incontro, prende l’iniziativa e li aiuta a riconoscerlo: “Guardate le mie mani e i miei piedi”. L’incontro con il Risorto trasforma i discepoli: all’inizio erano timorosi e ora diventano testimoni.
          E noi, che celebriamo ogni settimana l’Eucarestia, facciamo davvero un incontro con Gesù risorto che trasforma? La storia della Chiesa ci parla di quanti uomini e donne sono stati trasformati dal loro incontro con Gesù.
          Gesù si offre all’incontro con me ogni mattino e ogni sera nel momento della preghiera personale e comunitaria o familiare; ogni domenica nell’Eucarestia per ascoltare la sua Parola, comunicare alla sua offerta e ricevere il suo Corpo. Se questo incontro è vero, ogni volta Lui mi dice: “Va’!”, mi dona una missione. Mi manda a compiere il mio dovere, verso gli altri, i malati, i poveri, quelli che hanno in qualche modo bisogno di me.
          2. “Voi ne siete i testimoni”: è l’ultima parola del vangelo odierno. Essa fonda la missione degli apostoli. E questa missione in atto la troviamo nel brano degli Atti degli Apostoli, dove Pietro spiega i fatti sottolineando che egli compie solo la missione affidatagli da Gesù risorto, “Lui il primo dei viventi, quello che avete ucciso; ma Dio lo ha risuscitato dai morti e noi ne siamo i testimoni”. 
          Il testimone deve trasmettere quello che ha visto e udito per suscitare una risposta di fede. La comunità cristiana ha la missione della testimonianza. Come Gesù Cristo, essa incontra l’ostilità delle forze di questo mondo e deve affrontare la persecuzione. Il martire, cioè il testimone, è colui che ha sigillato con il sangue la sua testimonianza.
I martiri di tutti i tempi hanno testimoniato Ges√π Risorto fino alla morte.
          Essere testimoni oggi non è il privilegio di specialisti. Gesù chiama ciascuno di noi: ”Sei tu che sei mio testimone”. Il nostro modo di vivere il Vangelo, di far fiorire la pace e l’amore attorno a noi, in famiglia, sul lavoro… è una testimonianza. La stessa partecipazione alla messa domenicale (non più legata alla tradizione, ma è scelta personale) deve diventare un vivere la risurrezione, la Pasqua.
Essere testimoni è anche saper prendere la parola quando occorre per “rendere testimonianza della speranza che è in noi” (s. Pietro)
          3. “Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio Io!”: un vecchio ritornello che si cantava a ogni stazione della Via Crucis diceva: “Santa Madre, deh voi fate/ che le piaghe del Signore/ siano impresse nel mio cuore”. Le piaghe da sempre sono state viste come il segno dell’amore di Gesù per noi, un amore concreto che passa attraverso il dono totale di Sé. 
          “Dalle sue piaghe siamo stati guariti” ci ricorda s. Paolo. Quell’amore crocifisso è diventato fonte di salvezza e di speranza per tutto il mondo. Ogni volta che vado a confessarmi, penso che “sono stato comperato a caro prezzo” e grazie a quelle piaghe possono gioire del perdono e dell’abbraccio benedicente del Padre.
          Le piaghe delle mani: quelle mani che hanno fatto solo del bene, benedicendo tutti, guarendo con un semplice tocco malati, lebbrosi, peccatori; che hanno accarezzato i bambini e spezzato i pani per sfamare tanta gente; che hanno abbracciato Maria e Giuseppe e sferzato quanti trasformavano il Tempio da casa di preghiera in luogo di commercio; quelle mani che hanno distribuito per la prima volta il Pane di vita durante l’ultima cena pasquale….
          Le piaghe dei piedi: quei piedi che hanno percorso in lungo e in largo la Palestina “facendo del bene”; che furono lavati e profumati da Maria di Magdala in casa di Simone; quei piedi che furono piedi di obbedienza, camminando decisamente verso Gerusalemme, luogo del suo sacrificio…
“Non voglio più conoscere altro che Cristo e Cristo crocifisso!”
          Guardiamo a queste mani e a questi piedi per “credere all’Amore”: la fede che Gesù sollecita dai suoi discepoli deve passare attraverso la porta delle piaghe del Risorto. Crede solo chi ama. Capire l’amore di Gesù per noi (le piaghe: fino a che punto ci ha amati!) porta alla fiducia, all’abbandono in Lui, alla consegna di sé alla sua volontà!
Toccate!….   Guardate!…
          Noi tocchiamo Gesù quando lo riceviamo nella Comunione. Quanta superficialità, quanta leggerezza, quanto poco tempo dedichiamo al ringraziamento, allo stare con Lui nell’Amore! E di questo non ci confessiamo mai! Ecco perché l’Eucarestia trasforma poco o nulla la nostra anima e la nostra vita: non tocchiamo Gesù!
          Noi guardiamo a Gesù nell’adorazione eucaristica: i nostri occhi fissi sull’ostia consacrata contemplano il suo cuore aperto dalla lancia dei nostri peccati e lo riconoscono come il Salvatore e il Signore della nostra povera esistenza. Guardare Gesù come il fiore guarda il solo per averne luce, calore, forza, nutrimento e vita. Anche in questo campo, quanto poco tempo ci regaliamo per stare davanti a Lui Eucaristia in adorazione silenziosa.
          Toccare e guardare, per capire che ci troviamo di fronte ad una Persona viva, che ci ascolta e ci parla; non è un fantasma!!! Eppure quante nostre preghiere sono dette a … nessuno, ad un fantasma!
Don Gianni
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