Sono tanti gli atteggiamenti che questi ultimi tempi di mobilitazione per la pace hanno prodotto. Chi vuole la pace ponendo condizioni. Ci sono anche tanti modi per intendere termini come pace, pacifisti, pacificatori, operatori di pace... Abbiamo cercato di coinvolgere diverse voci per conoscere le loro opinioni riguardo questo intricato argomento:Ernesto Olivero, fondatore del SerMiG, l'Arsenale della Pace a Torino, centro di accoglienza sorto sulle rovine di un vecchio arsenale militare grazie all'aiuto e al coraggio di tanti ed ora vera e propria fabbrica di pace.Don Gianni Filippin, missionario in Albania.
del 01 aprile 2003
Caro Ernesto che differenza c'è tra
pacifisti ed operatori di pace?
La pace è patrimonio di tutta l’umanità, non ha una bandiera, ma tutte le bandiere del mondo; non è di un solo schieramento, di una parte soltanto, ma di tutti gli uomini di buona volontà che ricercano la verità con onestà di pensiero e vivono in modo coerente.
Pacifisti o operatori di pace? Non è facile esporre delle differenze senza dare dei giudizi, ma i pacifisti mi richiamano masse variegate che usano la protesta che può anche non avere dei limiti ed utilizzare ogni mezzo. Giorni fa, durante una delle manifestazioni contro la guerra in Iraq cui ho partecipato con molti giovani, ho assistito alla protesta di un gruppo di estremisti presenti tra la massa di giovani e di gente che marciava: hanno spaccato vetrine, hanno strappato bandiere degli USA, hanno imbrattato muri di scritte… Ci siamo sentiti morire dentro perché non eravamo scesi in strada per altra violenza e non volevamo essere involontari complici. La cosa più triste è che il giorno dopo un giornale titolava “La guerra dei pacifisti” soffermandosi su questi atti incivili. La pace è di tutti ma sono dubbioso di chi la vuole ottenere con la violenza, e sono dubbioso sui movimenti che non isolano questi estremismi.
Ma voglio soffermarmi sugli operatori di pace. Li percepisco come testimoni che vivono fortemente il loro ideale sulla terra dei viventi e lo perseguono con una determinazione inaudita. L‘operatore di pace vive sempre da commosso, opera senza stancarsi, sa che la pace non è la sola assenza di guerra ma ha per presupposto la giustizia tra gli uomini e lotta contro l'ingiustizia instancabilmente. E’ una ragazza, un ragazzo, una donna, un uomo che sa che l'ingiustizia si può eliminare se si incide sulle radici, che non basta dare qualche euro a un povero per dargli dignità. Una carità spicciola è molto facile, andare alla radice del problema è molto più difficile. Si aiuta un povero facendolo entrare nella dignità di un lavoro, nella dignità di una casa, nella dignità di sapersi mantenere in modo autonomo. Per l'operatore di pace anche il cosiddetto nemico diventa una persona da amare, da capire con le sue motivazioni; quindi sa che gli unici strumenti che ha a disposizione, a seconda degli obiettivi che si pone per cercare di contrastare le ingiustizie, sono la bontà, il convincimento, la grande fantasia. Mentre il pacifista a volte si accontenta di gridare o di dire di ‘no’, ad esempio ‘no alla guerra’ , l'operatore di pace dice ‘sì alla pace’, ma un sì che non è solo una parola, perché il sì viene da forti motivazioni che investono anzitutto la sua vita; l’operatore di pace va al di là dell’emozione del momento perché vive in una commozione continua.
Nei momenti come quello che stiamo vivendo in cui sembra che la pace sia sconfitta, dobbiamo essere ancora più determinati a credere che la pace non la si può sconfiggere o violentare, che la guerra non porterà mai alla pace, alla pace vera. Oggi l’operatore di pace non scende soltanto in piazza a distribuire volantini, ma fa politica, non ruba, fa bene la sua professione, si appassiona a vivere per gli altri e a rispettarli. Paga di persona, e sa che una guerra non è mai la soluzione ad un problema perché ne produce infiniti altri. Un operatore di pace non si arrende alla forza delle armi, ma è forte nello scegliere il dialogo e la trattativa ad oltranza.
Se aumentano tra i pacifisti gli operatori di pace credo veramente si possa sperare in un mondo nuovo, un mondo dove le migliaia e migliaia di morti per fame ogni giorno, per guerre, violenze e terrorismo… saranno un ricordo.
Ernesto Olivero
Caro don Gianni quali atteggiamenti
hanno i ragazzi Albanesi nei confronti
della guerra tra America e Irak?
Mi è difficile risponderti perché purtroppo sembra che sia qualche cosa che non li tocca, non li coinvolge più di tanto. E perché?
Ho provato più volte a scuoterli, a provocarli. Le risposte?
- “Abbiamo già i nostri problemi. Quando devi lottare per la sopravvivenza non hai voglia né tempo di pensare ai problemi degli altri.”
- “Non abbiamo voce in capitolo. Come Albania contiamo poco sul tavolo della politiche mondiali. Chi ci ascolterebbe?”
Sono risposte che lasciano un po’ di amaro in bocca, ma ci fanno un po’ pensare.
Se non c’è giustizia non c’è neanche pace.
Schierarsi per la pace non equivale a un “pacifismo”, a oltranza, ma a un chiaro e forte impegno a operare perché sia rimossa ogni situazione di sfruttamento, d’ingiustizia, di egemonia politica ed economica sul fronte mondiale. Altrimenti manifestare per la pace è un lusso che può permettersi solo la borghesia occidentale.
don Gianni Filippin
Francesco Rebuli
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