Per una spiritualità giovanile ispirata a Maria - 1' Parte

Due articoli per il Mese Mariano su come i giovani possano trovare in Maria una figura significativa e come Maria conduca i giovani verso una comprensione più matura della storia della salvezza. 1' Parte

Per una spiritualità giovanile ispirata a Maria - 1' Parte

 

Nel 1864, allorché Bernadette Soubirous si trovò dinanzi alla statua della Madonna  colpita in marmo di Carrara per essere collocata nella grotta, ne fu profondamente delusa: «Non è fatta come doveva essere!».

Lo scultore accademico Fabisch aveva trasformato in una grande signora, panneggiata nelle pieghe della scultura classica, colei che Bernadette aveva visto nelle sembianze di una giovane ragazza («più giovane del peccato» dirà Bernanos...)!

A pensarci bene, questo fatto è impressionante.

Dopo quasi duemila anni dalla sua nascita, Maria di Nazaret si manifesta con un volto giovane, come se il tempo, che tutto tocca e consuma, si sia dichiarato impotente nei suoi riguardi.

Alla luce della dottrina paolina circa la condizione dei corpi glorificati, che risultano trasformati e sganciati dalle condizioni spazio-temporali (1 Cor 15, 40-46), la realtà giovanile compete alla Vergine assunta, riplasmata dallo Spirito con corpo libero dalle strettoie e limiti del tempo e dello spazio, e quindi da ogni processo interno ed esterno di invecchiamento.

Non diversamente il vangelo di Luca ci presenta Maria nel momento centrale della sua esistenza, quando diventa madre del Figlio dell'Altissimo, come una vergine, cioè una ragazza integra nel corpo e nello spirito.

Esiste pertanto una consonanza profonda tra Maria e i giovani proprio in ragione della condizione giovanile della Vergine, che gli artisti di ogni epoca hanno espresso nelle loro Madonne.

Da questa prima consonanza bisognerà procedere ad un discorso più articolato, che tenga conto del mondo giovanile della nostra generazione e insieme delle potenzialità plurime della Parola di Dio circa Maria di Nazaret.

Rinviando ad un mio precedente saggio, che nel presentare Maria ai giovani d'oggi percorre la triplice tappa dell'antropologia, della teologia e della mariologia[1], penso rientri nel tema che ci interessa mostrare come i giovani possano trovare in Maria una figura significativa e come Maria conduca i giovani verso una comprensione più matura della storia della salvezza.

 

MARIA Dl NAZARET: UNA GIOVANE DONNA PROTAGONISTA DI STORIA

Oggi, con tante ricerche e indagini, sia locali che nazionali, ci è consentito di conoscere un po' meglio i giovani del nostro tempo. Al di là del loro gergo incomprensibile, dei loro vestiti ora trasandati fino alla sciatteria ora eleganti e costosi, del loro gusto per la musica ad alto volume e gli effetti abbaglianti di luce, i ragazzi d'oggi vivono un momento critico. Non sono più i giovani silenziosi e integrati ai valori dominanti di trenta, quarant'anni fa, neppure si identificano con il protagonismo contestatario e violento della generazione sessantottesca, di cui sembrano aver perso perfino la memoria. I giovani d'oggi sono socialmente disoccupati (il 40% dei disoccupati della Cee va dai 15 ai 25 anni) ed emarginati dai centri di responsabilità in mano agli adulti o agli anziani: non tanto rifiutano la società, quanto se ne sentono rifiutati e quindi passano dalla protesta all'apatia, non scorgendo nessuno spazio di possibilità alternative di fronte allo strapotere dell'organizzazione.

La situazione mondiale, con la sua logica di morte, l'inquinamento ecologico, i sistemi oppressivi, le sperequazioni sociali e l'apocalittica minaccia nucleare, rappresenta una cappa di piombo, che soffoca le speranze dei giovani. Domina il pessimismo, che inocula il terribile virus dell'anomia o crisi di significato. I giovani sono incerti se impegnarsi definitivamente per un futuro che dubitano di poter mai vedere.

A questi giovani, che vivono il periodo della trasmissione del patrimonio culturale umano ed ecclesiale e svolgono la funzione sismografica di registrare il movimento del mondo, che cosa può dire Maria di Nazaret? Quale significato vitale riveste la sua figura?

Una lettura attualizzante del vangelo di Luca offre una risposta a questi interrogativi, presentando la giovane donna di Nazaret nei suoi atteggiamenti ed impegni paradigmatici per tutti i cristiani, in primo luogo per i giovani.

 

Una giovane credente si assume il rischio della storia

In base agli studi semiotici e, prima ancora, all'antica scoperta dell'uso della syncrisis o parallelismo antitetico da parte di Luca, possiamo capire la scena dell'annunciazione a Maria solo se la poniamo in parallelo con quella fatta a Zaccaria.

L'identità di Maria nel suo atteggiamento profondo e nel suo ruolo salvifico si staglia sullo sfondo della figura antitetica di Zaccaria.

L'apparizione dell'angelo Gabriele a Zaccaria ha luogo a Gerusalemme, in alto (si sale alla città situata a 700 metri sul livello del mare: cf Lc 2,42) e nel tempio, cuore della vita religiosa del popolo di Israele. Anzi, essa avviene in pieno rito liturgico-sacerdotale, mentre Zaccaria rinnova la brace e i profumi sull'altare dell'incenso davanti al Santo dei Santi, alla presenza del popolo orante (Lc 1, 9-10).

Nell'annuncio dell'angelo a Maria il contesto cambia totalmente. Non siamo più a Gerusalemme, città santa e centro del culto, ma «in una città della Galilea chiamata Nazaret» (Lc 1, 26), cioè in un borgo situato in basso (si scende a Nazaret: Lc 2, 51), considerato semipagano in quanto ai confini con regione non ebrea (Galilea degli stranieri o delle genti: Is 8, 23; Mt 4,14), in un paese oscuro e senza fama, mai nominato nell'Antico Testamento. Anzi, nell'estimazione comune, nulla di buono poteva venire da Nazaret (Gv 1, 46). Inoltre, qui non si è nel tempio, ma in un luogo profano, in una casa (Lc 1, 56), un ambiente quotidiano, feriale.

L'apparente vantaggio di Zaccaria su Maria viene sottolineato anche dal fatto che il primo discende da chiara stirpe sacerdotale, così come la sua sposa (Lc 1, 5). Maria invece non è qualificata da nessuna ascendenza, neppure da quella davidica come è precisato per Giuseppe, «uomo della casa di Davide» (Lc 1, 27). Sembra che non contino i suoi genitori, ma solo la sua persona! Il contrasto si acuisce quando Luca accentua l'anzianità dei futuri genitori del Battista: «... Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni» (Lc 1, 18). Maria e Giuseppe invece sono «fidanzati nel senso ebraico di questo termine, cosa che indica la giovinezza».[2] Maria in particolare è chiamata due volte «vergine» (Lc 1, 27), qualifica che indica contemporaneamente la sua integrità fisica e la sua condizione di giovane ragazza pronta per il matrimonio:

Eppure, nel corso degli annunci, le sorti si rovesciano.

Il vecchio sacerdote, fedele alla legge e prescelto per entrare nei recessi del santuario, esce squalificato dal tempio; viene punito con il silenzio a motivo della sua mancanza di fede: «... ed ecco sarai muto e non potrai parlare... perché non hai creduto alle mie parole...» (Lc 1, 20). Nonostante la sua preghiera e un'intera vita di fedeltà a Dio, Zaccaria non riesce a superare lo scandalo della sua vecchiaia e della sterilità della moglie: non entra nei voleri divini.

La giovane Maria, una laica in ambiente profano, pronuncia il sì di una fede esemplare, che sarà lodata da Elisabetta (Lc 1, 45): «...Eccomi sono la serva del Signore, mi accada secondo la tua parola» (Lc 1, 38). Prevenuta dal favore di Dio (Lc 1, 28. 30), Maria si qualifica con un'adesione perfetta al disegno di Dio. La sua fede riassume il meglio della tradizione ebraica e anticipa in modo esemplare la fede cristiana accogliendo nel cuore e nel corpo il Figlio di Dio.

Dalla giovane donna di Nazaret, senza titoli e blasoni, i giovani possono apprendere che il piano di Dio, superando le ingiuste acquisizioni del senso comune, concede largo spazio e fiducia al giovani, per quanto emarginati e rifiutati possano sentirsi. Ma sulla scia di Maria, loro coetanea, essi devono rispondere non con lo scetticismo, ma con la fede fiduciosa nel Dio della salvezza.

Come donna e come giovane, nonostante i pregiudizi del mondo antico, Maria si trova al centro della storia, nella «pienezza dei tempi» (Gal 4, 4), con una vocazione unica: diventare Madre del Figlio di Dio. E Maria, dopo lucida riflessione (turbamento riflesso e attivo, processo dialogale e dialettico: Lc 1, 29), pronuncia il suo consenso responsabile all'opera dei secoli, come verrà chiamata l'incarnazione del Verbo. Ella non immagina tutto ciò che il futuro le riserva, ma si fida di Dio e rischia la propria vita sulla Sua parola.

 

Una giovane donna che spera nel cambiamento del mondo

Il ritratto spirituale che Luca ci tramanda fa di Maria una simpatica figura di ragazza che ha raggiunto un equilibrio tra attività e riflessione, silenzio e parola, al di là di ogni unilaterale chiusura nell'introversione o apertura nell'espansiva loquacità.

Colpiscono anzitutto le due pennellate di Luca 2,19 e 51:

«Maria, da parte sua, conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore... Sua madre conservava tutte queste cose nel suo cuore».

Come annota A. Serra, che ha dedicato a questi versetti un volume di 380 pagine[3], «benché sobria in apparenza, questa menzione della Vergine è di valore eccezionale»[4].

Cerchiamo di penetrare nel suo contenuto.

«Conservare nel cuore» non è per la Scrittura «un pigro rifugio nella storia di ieri, o celebrazione astratta del tempo che fu. Si tratta piuttosto di memoria dinamica e attualizzante, che cerca di ricavare insegnamenti nuovi dai fatti antichi... Siffatto dinamismo della memoria secondo la Scrittura riceve impulso dalla convinzione che Yahwéh è immutabile nel suo amore, è fedele in ogni tempo alle sue promesse di voler essere con l'uomo. Ciò che egli ha fatto in passato, è pegno di ciò che fa oggi e di quello che farà in futuro. Nei tempi andati, in effetti, nessuna delle parole del Signore è caduta a vuoto; questo dovrà riconoscere Israele... Per la Scrittura, quindi, «ricordare» equivale a contemplare il passato in ordine al presente e al futuro. E' un riesame degli eventi trascorsi, condotto sotto spinta dell'oggi che incalza e del domani che preme alle porte (ivi, pp. 40-41).

Tutt'altro che lasciarsi trascinare dal fiume della storia senza capirne la portata, Maria è una giovane che sa pensare, riflettere, interiorizzare gli eventi-messaggi (rémata) riguardanti suo Figlio. Al contrario dello stolto e dell'immaturo, che non capiscono niente della vita perché non trasformano l'esperienza in coscienza, Maria è una creatura capace di meditazione sapienziale sulla storia. Lo sguardo retrospettivo sugli eventi, alla luce di Dio, rinvigorisce la speranza, questa difficile virtù!

Luca aggiunge il participio symbàllousa, che ordinariamente viene tradotto «meditando» (Lc 2,19). L'etimologia del verbo symbàllo indica con maggior precisione un'attività della mente, che «getta insieme» ossia «pone a confronto». Maria pertanto pone a confronto nella sua mente i fatti che accadevano sotto i suoi occhi e le parole che riguardavano Gesù sia tra loro, sia con gli oracoli dell'Antico Testamento onde penetrarne il significato. Si tratta di un atteggiamento non sporadico, ma costante: un tentativo prolungato per cercare di capire il mistero di Gesù, che rappresenta anche per lei un enigma permanente. Maria unisce nella sua meditazione gli atteggiamenti del sapiente, del profeta e del cresmologo. In base all'uso profano o agli oracoli divini trasmessi nei santuari, il verbo symbàllo significa «interpretare, dare la spiegazione esatta, fare l'esegesi».

I risultati cui è giunta la giovane esegeta sono in qualche misura convogliati nel Magnificat (Lc 1, 46-55), che la critica interna ed esterna (e fors'anche la semiotica) attribuiscono a Maria[5]. Comunque, «...le parole di questo cantico rivelano i sentimenti di Maria... Il Magnificat è una riprova di come la Vergine facesse l'esegesi dell'incarnazione del Verbo, allorché giunse la pienezza della rivelazione pasquale. Tra il Magnificat e il symbàllousa corre una stretta parentela»[6].

Dove approda la meditazione della giovane donna di Nazaret? Il suo canto parte dalla sua esperienza di Dio salvatore: Maria si sente guardata con amore da Dio e si vede al centro dell'azione divina e della lode di tutte le generazioni, nonostante la bassezza della sua condizione (o a motivo di essa). Tutto l'io di Maria, cioè la sua anima (sede delle emozioni) e il suo spirito (sede della vita religiosa), esplode nella celebrazione gioiosa di Dio (Lc 1, 46-47).

L'approdo dell'esperienza di Maria è Dio, scoperto nel suo volto santo, onnipotente, misericordioso. Dio rimane il protagonista assoluto (dei tredici verbi del cantico, undici hanno per soggetto Dio e solo due Maria): è lui ad operare in Maria «grandi cose» (v. 49), termine tecnico che indica gli interventi salvifici di Dio a favore del suo popolo, specie nell'Esodo dall'Egitto, ma che ormai significa la concezione verginale di Gesù, anche se ciò non è espressamente nominato (lo richiede il contesto prossimo).

La Vergine vede la sua maternità messianica come il concentrato degli interventi di Dio nella storia e insieme il punto di partenza di una nuova era. Ormai il capovolgimento delle sorti è decretato con implicazioni religiose, sociali ed etniche: i superbi, i tiranni e gli arricchiti sono scompaginati e sostituiti con le categorie più emarginate dal punto di vista sociale e religioso.

A base degli interventi di Dio sta la sua misericordia, che si estende di generazione in generazione traducendo la sua fedeltà alle promesse fatte ai padri. Nel Dio fedele, Maria trova il fondamento della sua speranza nel cambiamento del mondo, in vista dello stabilirsi di un'alleanza dove gli uomini cessino di essere oppressori e oppressi.

Al di sopra dei mali del mondo, la giovane profetessa del Magnificat vede ergersi la fedeltà di Dio, alla quale ella si àncora per sperare un mondo diverso e migliore, già contenuto nell'evento salvifico dell'incarnazione. Una giovane dallo sguardo perspicace ha elevato «l'inno più forte e innovatore che sia stato mai pronunciato» (Paolo VI).

 

Una giovane madre che opta per la vita

Già S. Efrem osservava: «Elisabetta ha partorito nella vecchiaia l'ultimo dei profeti e Maria in età giovanile il Signore degli angeli». Maria è indubbiamente una mamma giovane, ma non per questo meno responsabile. Ella non ha affrontato la maternità alla leggera: ha interrogato l'angelo per rendersi conto lucidamente di quanto stava per affrontare (Lc 1, 34). Una volta che ha deciso di accettare la maternità messianica, ella è andata innanzi a farsi condizionare dagli altri, neppure da Giuseppe, con il quale ha vissuto un preoccupante dramma.

E difficile per noi ricostruire la psicologia di Maria durante la sua gravidanza. La tradizione etiopica fa digiunare nel mese di Natale in ricordo del digiuno di Maria, la quale per sopportare gli sguardi di rimprovero e le male lingue, avrebbe elevato a Dio una preghiera accompagnata dal digiuno onde essere aiutata da lui in tale frangente. Nei nostri tempi, P. Gaechter giunge perfino ad ipotizzare che le persecuzioni o incomprensioni cui è stata sottoposta la Vergine durante la gravidanza, l'hanno fatta cadere in una forma di depressione, da cui sarebbe stata liberata nella nascita di Gesù (quando  egli aggiunge  Maria avrebbe intonato il Magnificat della liberazione).

Comunque, la tradizione ha interpretato la Vergine annunciata come la nuova Eva o «madre dei viventi» ed hanno affermato: «La morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria»[7]. Maria, in altri termini, si pone dalla parte della vita, sia perché ha accettato responsabilmente la maternità nei riguardi del Messia, sia perché Gesù è «la Vita» (Gv 14, 6): quindi si può  con S. Germano di Costantinopoli  chiamare Maria con il titolo di «Madre della Vita» (LG 56).

Ed è veramente istruttivo seguire l'itinerario di Maria volto alla protezione e alla difesa della vita del suo Gesù. A Betlemme, con la tenerezza di cui è capace una mamma, Maria avvolge in fasce il suo bimbo per proteggerlo dal freddo della grotta (Lc 2,7); poi Giuseppe e Maria fuggono nella notte ed emigrano in Egitto per sottrarre l'innocente Gesù dalla follia necrofila e omicida di Erode e non ritornano in patria che allorché sanno che «... sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino» (Mt 2,13-20). All'inizio della vita pubblica, Marco ci rivela un tratto umanissimo di Maria, che si accompagna al clan familiare deciso ad indurre Gesù lanciato nel ministero a maggiori precauzioni: «L'immagine che ci offre di lei è quella di una donna maternamente sollecita per le sorti del figlio»[8]. Questo atteggiamento collima con l'episodio dello smarrimento e ritrovamento di Gesù nel tempio, quando Maria e Giuseppe lo cercano con cuore angosciato per tre giorni (Lc 2, 48).

Al contrario di una madre captativa, Maria lascia crescere il proprio bambino (Lc 2, 52) e non contrasta la partenza di lui da Nazaret per la sua missione. Lo segue in maniera discreta, ma non manca all'appuntamento della croce, quando suo Figlio muore e la sua maternità viene estesa ai discepoli di Cristo rappresentati da Giovanni (cf Gv 19, 25-27).

L'opzione di Maria a favore della vita è quanto mai attuale nel nostro tempo, in cui la tensione classica tra l'amore e l'odio si configura come uno scontro terribile tra la cultura di vita e la cultura di morte. Il giovane, che si trova smarrito di fronte all'agguerrito arsenale di armi sofisticate in grado di far scendere la notte sul mondo dopo un'apocalittica conflagrazione, oppure guarda pensoso alla criminalità organizzata contro la vita, al commercio della droga, alla fame e all'aborto che mietono ogni giorno milioni di vittime, quale scelta deve compiere? Maria, Madre della Vita, interpella a porsi responsabilmente dalla parte della vita. La sua esperienza è stata tutto l'opposto di quanto l'incauta e smaliziata scrittrice Barbara Alberti ha osato prospettare nel suo «Vangelo secondo Maria», dove la sua scanzonata protagonista sogna di fuggire in blue jeans ad Alessandria e finisce - horribile dictu! - con l'abortire il figlio concepito! No, nessuno sforzo può togliere alla fanciulla di Nazaret la gloria di avere accolto nel cuore e nel grembo la Vita del mondo: Cristo! Maria impegna nella cultura di vita e squalifica programmi ispirati ad una logica di morte, che elimina il futuro della storia e, in quanto è in suo potere, la realizzazione delle promesse di Dio.

 

 [1] S. De Fiores,  Maria, una proposta per i giovani d'oggi, in Maria presenza viva nel popolo di Dio, Roma, Edizioni monfortane, 1980, pp. 411-421.

 

 [2] R. Laurentin, I Vangeli dell'infanzia di Cristo. La verità del Natale al di là dei miti, Cinisello Balsamo, Edizioni paoline, l985, p. 33.

 

 [3] A. Serra, Sapienza e contemplazione di Maria secondo Luca 2, 19. 51b, Roma, Edizioni Marianum, 1982, p. 380.

 

 [4] A. Serra, Bibbia, in Nuovo dizionario di mariologia (a cura di S. De Fiores e S. Meo), Cinisello Balsamo, Edizioni paoline, 1985, p. 252.

 

 [5] Cf  lo studio di A. Valentini, La controversia circa l'attribuzione del Magnificat, in Marianum 45 (1983), pp. 55-93.

 

 [6] A. Serra, Sapienza..., a. c., p. 243.

 

 [7] S. Germano di Costantinopoli, Oratio in dormitionem SS. Deiparae. PG 98, 343.

 

 [8] A. Serra, Bibbia, a.c., p. 237.

 

 

 

Stefano De Fiores

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