Primo Commento

PRIMO COMMENTO

Iniziamo la Quaresima. E si apre con il gesto dell’imposizione delle ceneri, il mercoledì. Convertitevi e credete al Vangelo, ci ha detto il sacerdote mentre le ceneri scendevano sulla nostra testa. Le ceneri sono ciò che resta quando il fuoco ha bruciato tutto. Le ceneri della quaresima è ciò che resta degli ulivi quando sono stati bruciati. Quando il “male” è lasciato ardere nel cuore delle persone (qualunque sia significato che per diamo a questa parola) può arrivare a bruciare anche la vita più rigogliosa e distruggere i legami e le intenzioni più importanti e nobili che abbiamo, e – lo sappiamo, lo vediamo –  fallire in amore, purtroppo, è molto più semplice e frequente che riuscire. Ciò che vediamo attorno a noi è che si rompono continuamente rapporti d’amore a cui teniamo infinitamente, si spezzano, anche per niente, legami di amicizia che ci sembrano indistruttibili. Questa è l’esperienza più dolorosa che c’è. Per questo siamo giustamente tutti preoccupati che i rapporti importanti che abbiamo non finiscano in cenere, come continuamente accade attorno a noi. Per questo la Quaresima si apre, ogni anno, mettendoci davanti le tentazioni del Signore.

 

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4,1-13)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». 
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

 

Commento al Vangelo

Il Vangelo ci mostra come Gesù affronta l’esperienza della “tentazione”. Se Lo guardiamo bene, possiamo quindi trovare indicazioni “buone” per come possiamo riconoscerle, e magari superarle, in modo che non facciano brutti danni ai nostri affetti e legami.

Qualcuno, ascoltando questo brano, può però avere l’impressione che l’esperienza di Gesù non ci possa essere di grande aiuto: le tentazioni che ha vissuto sembrano troppo diverse dalle nostre, e anche un po’ “strane”. Non ci è mai capitato forse di avere la tentazione di trasformare i sassi in pane, né abbiamo mai pensato né desiderato di inginocchiarci davanti al diavolo (alle volte non abbiamo nemmeno la sensazione di averci a che fare), né ci pare di aver mai avuto la sensazione che il diavolo ci inviti a buttarci da un campanile. Ci sembra di aver a che fare tutti i giorni con tentazioni molto diverse, e francamente più serie, meno astruse, più difficili da vincere, e poi non ci vengono una sola volta, magari!, ma ci accompagnano continuamente.

Questo pensiero ci viene perché non teniamo presente il modo (si chiama “genere letterario”) usato da Luca per provare a descriverci l’esperienza che Gesù ha fatto. Il vangelo di oggi infatti non è una “cronaca” (composta magari da un testimone oculare) della sfida tra Gesù e il diavolo (Gesù era da solo, non c’era nessun’altro con lui). Il brano è piuttosto il tentativo escogitato da Luca per  dirci come Gesù è stato messo alla prova con ogni specie di tentazione (come dice chiaramente il v. 13), non con tre tentazioni soltanto (il numero “tre” nella Bibbia si usa quando si vuole dire “sempre”: come quando noi usiamo “mille” e diciamo “mille grazie”): Luca non ci sta quindi descrivendo “tre tentazioni” ma piuttosto tre piccole “parabole” in cui, attraverso immagini bibliche, ci viene chiaramente detto che Gesù è stato tentato in tutti gli aspetti della vita, come noi, con una sola decisiva differenza: Gesù non è mai stato vinto dalla tentazione e non ha mai “peccato”. Questi tre momenti che Luca ci descrive – e adesso cerchiamo di capirli bene – rappresentano il fatto che Gesù, in ogni momento della sua vita, ha condotto una dura lotta contro il male. Forse adesso qualcuno ci resterà male a sapere che a Gesù sono venuti dubbi come a noi, che abbia avuto difficoltà nel portare a termine la sua missione, che abbia scoperto e accettato, passo passo, il progetto di Dio Padre: abbiamo quasi timore di abbassarlo troppo al nostro livello. Dio ama la nostra debolezza, l’ha fatta sua, la vuole salvare dal fallimento e per questo ha vinto il peccato e ci ha dato la strada per farlo anche noi.

 

Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni fu tentato dal diavolo (v. 1).  È dunque lo Spirito santo che conduce Gesù nel deserto, è lo Spirito di Dio che prende Gesù e lo spinge dentro l’esperienza della tentazione! Questa è una cosa francamente inaccettabile, perché allora vuol dire che è Dio a provare gusto a metterci nei guai, a fare in modo di creare situazioni e incontri pericolosi, che poi alla fine ci fanno cadere e farci male. Allora potrebbe essere giusto il sospetto che ci viene che, alla fine, la responsabilità delle nostre cadute in tante esperienze che promettevano bene e poi sono finite o finiscono male, alla fin fine, dipendano da Dio (abbiamo come la sensazione che non ci dia una mano nelle nostre illusioni e che quasi quasi sia contento di buttarci dentro). Il Padre Nostro dice: non indurci in tentazione: sembra quasi che Dio vada fermato dal metterci a repentaglio, vada pregato e implorato perché non ci esponga alle cose brutte a cui noi poi alla fine, per debolezza, sappiamo che cediamo. Non cambia allora molto dire: non abbandonarci alla tentazione.

Questa è proprio il pensiero più distante che ci sia rispetto a quello che ci insegna Gesù. Se uno infatti legge bene  la Bibbia può accorgersi di una cosa che forse ci sorprende. Dio non mette mai i cattivi nella tentazione. Solo i “buoni”. Solo quelli che si sono lasciati riempire da Gesù del suo Spirito Santo possono Questo corregge una idea sbagliata che abbiamo della tentazione: la tentazione non è una provocazione a fare il male, ma è una spinta a vedere e vivere una situazione in modo diverso dall’amore, da Dio.  Se uno di noi è vicino al male, a una situazione o a una persona cattiva, potrà sentire la spinta a vedere e fare le cose in modo cattivo, in modo diverso da come Dio vuole che noi viviamo. Abbiamo poi la presunzione che, in fondo, non ci sono situazioni che non riusciamo ad affrontare, che siamo forti, intelligenti, e che possiamo alla fine cavarcela. Gesù ci insegna che soltanto con la forza di Dio dentro si possono affrontare vittoriosamente le tentazioni, e che Dio spinge ad affrontare le tentazioni, non a evitarle, per smascherarle: Gesù va nel deserto, spinto dallo Spirito Santo, per scovare il demonio per smascherare le false proposte di vita che fa a ciascuno di noi, va a caccia del diavolo per far vedere le bugie che propone quando ci tenta, e a vincere scegliendo bene, seguendo Dio. Questo è ciò che spetta anche a noi come discepoli: chi vuole crescere, migliorare, purificarsi, rafforzare la propria adesione a Dio non può essere risparmiato da queste prove, anche le piccole, che vanno vissute nella preghiera e unione con aa forza di Dio.

Consideriamo i tre momenti in cui sono raccolte tutte le prove che Gesù ha superato. La prima tentazione: Dì a questa pietra che diventi pane (vv.3-4). Una tentazione costante che Gesù ha avuto nella vita è quella di servirsi del suo potere divino per sfuggire alle difficoltà che gli uomini comuni incontrano. Gli uomini hanno fame, si ammalano, si stancano, devono studiare per imparare, possono venire ingannati, sono soggetti a disgrazie e oppressi da ingiustizia. Gesù sa di potersi sottrarre a queste difficoltà. Il diavolo lo invita a farlo. Gli propone di non esagerare a condividere tutto con gli uomini, lo sollecita a fare miracoli che avrebbero attirato l’attenzione e il consenso di molte persone. Se Gesù avesse acconsentito avrebbe fatto una esperienza di vita diversa da noi. Gesù ha compreso quanto era diabolico questo modo di vivere. I miracoli avranno per lui un senso diverso. Gesù ha lavorato, sudato, sofferto la fame, la sete, ha passato le notti insonni, non ha cercato privilegi. Se ci pensiamo, questa è una tentazione subdola che viviamo continuamente: darci da fare, non risparmiando i nostri sforzi, perché la nostra vita abbia tutti le cose che ci servono (i soldi, le macchine, i partner, il fisico, perfino lo sballo: queste sono le cose che ci possono riempire, “come fa il pane” con la pancia). Non ci deve mancare niente, diciamo, così la nostra vita sarà vissuta pienamente. La vita diventa una corsa frenetica a raggiungere queste cose, a prenderle e a garantirsele per sempre. Gesù indica questo stile di vita come una bugia, angosciante perché è irrealizzabile, e infernale perché nasconde che il pane, e ogni cosa, è fatta per essere condivisa.

La seconda tentazione: Ti darò tutti questi regni, infatti sono posti nelle mie mani…” (vv.5-8). Ciò che dice il diavolo sembra esagerato, invece è proprio la logica del mondo, quella che c’è ovunque: il dominio. La scelta che abbiamo davanti è dominare o servire. La competizione è una esperienza che troviamo ovunque. La solidarietà è una scelta che ci sorprende quando ci capita di vederla. Chi ha acquisito conoscenze e cultura, o chi ha raggiunto una posizione alta può aiutare a crescere chi ha avuto meno possibilità di lui, ma può anche tenersi per sé quanto ha raggiunto, dire che gli altri si devono arrangiare, devono darsi da fare, o anche umiliare chi è meno dotato o capace di difendersi. Il bramosia del potere ce l’hanno anche coloro che sono poveri, o che sono in difficoltà, tutti sono tentati di sopraffare chi è più debole. A Gesù non mancavano le doti per emergere, per arrivare in alto ad avere posti importanti. Era intelligente, lucido, coraggioso, incantava la gente. Avrebbe avuto successo, ma una condizione…di “adorare satana”: cioè, facendo come fa il mondo, adeguandosi a competere, ricorrendo alla violenza, schiacciando in vari modi gli altri, alleandosi con chi è forte e potente e impiegando gli stessi metodi. La sua decisione, ogni giorno della sua vita, è stata quella opposta: ha deciso di servire.

La terza tentazione: Buttati giù dal pinnacolo del tempio – dice il tentatore – perché così sta scritto… (vv. 9-12). È la tentazione che ci suona più strana eppure è quella che conosciamo meglio ed è la più tremenda. L’obiettivo massimo del Maligno non è quello di provocare qualche cedimento nel comportamento morale, di farci fare qualche peccato, ma minare alla base il nostro rapporto con Dio. Questo obiettivo viene raggiunto quando, nella mente di una persona si insinua il dubbio che il Signore non sia di parola, che non sia affidabile, che sia un bugiardo che non mantiene le promesse, che non ci protegga, che non ci custodisca, ma che ci abbandoni nei momenti difficili. Da questo dubbio nasce la richiesta di “avere delle prove”. Quando siamo in difficoltà o nella sofferenza pensiamo: il Signore è o non è con me? E provochiamo Dio: se stai dalla mia parte, se realmente ci accompagni con il tuo amore, come dici, manifestati e concedimi un segno d’amore, fa qualcosa per me. Gesù non ha mai ceduto a questa tentazione. Anche nei momenti più difficili si è rifiutato di chiedere al Padre una prova del suo amore, non ha dubitato della Sua fedeltà nemmeno sulla croce, di fronte all’assurdità di quello che gli stava accadendo. Poteva pensare che il Padre lo avesse abbandonato.

Quando non si realizzano i nostri desideri cominciamo a pensare: dov’è Dio? Forse non esiste, forse non vale la pena continuare a credere se non interviene per aiutare chi lo serve. Questo è la terza tentazione.

Dio però non ha promesso ai suoi fedeli di preservarli dalle difficoltà e dalle sofferenze che appartengono alla nostra vita di uomini. Non ha promesso di liberarci miracolosamente ogni volta dalla malattia, dal dolore, ma di dare a chi si affida a Lui la forza per affrontare ogni momento con l’amore e la forza di Dio.

 

Don Vincenzo Salerno

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