Quel treno per Yuma

Quel treno per Yuma è una pellicola che torna al cuore del Western e recupera un taglio di stile che si stava lentamente perdendo nelle moderne rielaborazioni. La qualità della recitazione e l'ambientazione studiata alla perfezione fanno sembrare che il film sia stato realizzato ex novo, un inganno in cui sarebbe facile cadere se non si ricordasse che un film dallo stesso nome ha compiuto 50 anni.

Quel treno per Yuma

da Attualità

del 24 ottobre 2007

Quel treno per Yuma è una pellicola che torna al cuore del Western e recupera un taglio di stile che si stava lentamente perdendo nelle moderne rielaborazioni. La qualità della recitazione e l’ambientazione studiata alla perfezione fanno sembrare che il film sia stato realizzato ex novo, un inganno in cui sarebbe facile cadere se non si ricordasse che un film dallo stesso nome ha compiuto 50 anni. Il film si ispira a un breve racconto di Elmore Leonard, dove si racconta che un giovane uomo dal nome Dan Evans (Christian Bale) che ha perso la gamba nella Guerra di Secessione Americana (1861-1865) e si dirige in Arizona per cercare fortuna dedicandosi alla vita di fattoria. Purtroppo i suoi sogni non si realizzano e oltre ad una insufficiente produzione, deve combattere contro il suo vicino che lo vuole forzare a lasciare la terra. Il territorio respira ancora le scorrerie degli indiani, ma quello che è più temuto è una banda capeggiata da Ben Wade (Russell Crowe), che semina panico con rapine, omicidi e furti di ogni genere. Una serie di eventi  porteranno Dan Evans a scortare Wade, catturato e ammanettato, alla vicina città di Contention, dove alle 3:10 del pomeriggio un treno porterà il fuorilegge al carcere di Yuma.

Russell Crowe, che ultimamente ha evidenziato un rallentamento nei successi cinematografici, mostra sempre quel carattere che lo contraddistingue dal Gladiatore, è tra i pochi che riesce a nobilitare la rabbia e ha dare una saggezza a colui che dovrebbe rappresentare l’anti-eroe. È proprio quest’uomo solenne e deciso, determinato e crudele, freddo e concreto, a cogliere l’attenzione dello spettatore. Per chi è più addentro alla letteratura filosofica forse non sembra esagerato paragonarlo con i personaggi di Nietzsche, ma questo è un accostamento analogico, non risulta infatti che Elmore Leonard abbia avuto quest’intento. Il regista James Mangold ha realizzato un eccellente risultato, superando anche l’ombra della precedente versione del 1957, dovuto soprattutto alla qualità decisamente elevata dei suoi attori. Christian Bale recita il non facile ruolo per un eroe, ma è un uomo che ha evitato i rischi e ora si trova quasi in difficoltà a dover spiegare perché porta un omicida alla giustizia. Tornando al regista, è doveroso sottolineare che James Mangold sfiora la vetta della sua parabola emotiva quando che nella scena di quando sono chiusi nella camera di hotel, circondati dalla morte sia per uno che per l’altro, i due uomini così diversi e così lontani iniziano a parlare. Non ci sono barriere, sembra che Wade per la prima volta si trova a parlare a uno del suo rango; il dialogo è così ben cadenzato che non rivela ciò che in realtà è:una finestra sull’altro.

Il film ha ricevuto diverse lodi sia dalla critica che dal pubblico, Michael Phillips del Cicago Tribune il 6 settembre 2007 ha poeticamente commentato il film:“porta un vagone di nuove munizioni e una nervosa inquietudine a un territorio picchettato da un originale(film) di mezzo secolo fa”. Guardando alle reazioni di oltre oceano, la domanda di sempre guardando questo film sarà: un grande film o un bel remake?

Vittorio Castagna

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