Nel momento in cui il Papa ha aperto il suo account Twitter si sono avute reazioni di segno diverso e opposto: alcune di grande entusiasmo, altre di preoccupazione. La parola del Papa è spesso sotto attacco, anche dei media. Molto spesso è anche frainteso oltre che deriso. Non è una novità.
Nel momento in cui il Papa ha aperto il suo account Twitter si sono avute reazioni di segno diverso e opposto: alcune di grande entusiasmo, altre di preoccupazione. In particolare sono stati sollevati alcuni dubbi che è interessante e importante affrontare perché ci fanno capire meglio la scelta di Benedetto XVI di essere presente nell’ambiente digitale.
1. I messaggi del Papa su Twitter corrono il rischio di essere banalizzati perché esposti al commento stupido o alle battute ironiche.
E’ vero. Nel momento in cui si espone si è più vulnerabili. E più ci si espone, più lo si è. Eppure il Vangelo è fatto per essere annunciato e dunque essere esposto, come il seme, ad ogni tipo di terra. Non è mettendolo al riparo che può portar frutto. Il Vangelo nel mondo è spesso calpestato, deriso. La parola del Papa è spesso sotto attacco, anche dei media. Molto spesso è anche frainteso oltre che deriso. Non è una novità. Direi che anzi c’è da aspettarselo sempre In particolare proprio all’avvio di una iniziativa come la presenza del Papa in un network sociale. In generale, seppure usando la prudenza cristiana, non può essere questo, però, il motivo per tacere. Siamo davanti a una avventura affascinante e, proprio per questo, rischiosa. In ogni caso la presenza del Papa segue quella di molti cristiani, di molti vescovi, di almeno 8 cardinali. Twitter è già un mezzo ordinario di comunicazione pastorale.
2. Il messaggio su Twitter è frammentato, legato a contesti di consumo rapido, manca il silenzio. Non c’è il contesto giusto per la riflessione.
L’obiezione sembra sensata, ma non lo è come sembra. Ed è il Papa stesso a chiarire questo possibile fraintendimento nel suo messaggio per la 46a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Scrive il Papa, infatti: “sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a [...] trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio”. Senza citare nessuna piattaforma o applicazione particolare, il Papa continuava dicendo che “Nell’essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità”.
Quindi siamo ad un apparente paradosso: ciò che potrebbe essere considerato il frutto di una vita frenetica che spezza le comunicazioni in balbettii di poche parole, può diventare il canale che permette di poter fruire di una intuizione sapienziale proprio in un contesto di ritmi frenetici e frammentati. Tutti ricordiamo la folgorante poesia Mattina di Giuseppe Ungaretti: M’illumino / d’immenso. Quale potenza espressiva hanno questi due versi! Eppure sono composti, se consideriamo anche il titolo e gli spazi, di appena 30 caratteri.
3. Il Papa è su Twitter ma non “segue” nessuno e dunque non rispetta le regole di una comunicazione adatta ai netorks sociali
In generale l’obiezione è vera e sensata. Tuttavia occorre aprire meglio gli occhi su ciò che accade in Twitter e chi vi è presente. E’ necessario ormai distinguere presenze personali e presenze istituzionali (un po’ come su Facebook i profili e le pagine, in un certo senso). Se il Papa seguisse qualcuno ci si dovrebbe chiedere: chi? perché aluni sì e altri no? E perché? Anche altre figure legate al mondo della religione (come il Dalai Lama, ad esempio) non seguono nessuno proprio per non fare discriminazioni. E se pure seguisse qualcuno (come il presidente Obama, ad esempio, che segue 670.000 persone) avrebbe senso? sarebbe umanamente possibile e plausibile?
La scelta è stata più semplicemente di avere un profilo aperto tramite l’hashtag #askpontifex col quale è possibile porre domande o dire qualcosa. In tal modo tutto è più trasparente e, sì, anche più “esposto” all’esterno senza alcun genere di filtro.
4. Ma la Rete è un luogo “finto”, pieno di rischi e di alienazioni… Il Papa non fa bene a essere presente in questo ambiente.
La rete è luogo di rischi. Anche molto gravi. Ma si impara a vivere non solamente evidenziando i rischi e alimentando le paure, ma affrontando i problemi. Solo così è possibile evitare la deresponsabilizzazione. Oggi infatti si rischia di condannare l’ambiente digitale in quanto tale attribuendo ad esso i problemi che invece sono nostri, umani, da affrontare. E’ chiaro che i media potenziano alcuni aspetti negativi, dalla stampa in avanti. Anzi, direi, dall’invenzione della scrittura in avanti. Ma potenziano anche molti aspetti impositivi: la solidarietà, la condivisione, il pensare insieme, l’open source, i progetti condivisi, le amicizie di persone che già si conoscono e che vivono distanti per motivi di lavoro o altro.
La rete è ancora “bambina”. Bisogna puntare ad aiutare l’uomo a vivere bene al tempo della rete. Il compito è arduo, impegnativo e alto. Anche se volessimo non potremmo cancellare il cambio sociale e forse potremmo dire antropologico che la rete sta imprimendo. Occorre dunque ragionare con coraggio. A mio avviso la strada giusta è evitare di pensare che viviamo due vite: una fisica e una digitale, una vera e una finta. Così si fa crescere l’alienazione e la mancanza di responsabilità (cioè il rischio è di arrivare a dire: se una cosa è finta è finta e dunque anche il male in rete è finto…). La vita è unica, e l’ambiente digitale è parte di essa. Il digitale non può e non deve sostituire il reale. Ma non lo sostituirà, vampirizzando le vite dei nostri figli, solamente se li aiutiamo a vivere l’integrazione e non la schizofrenia.
Infine, sì, la presenza del Papa su Twitter è una novità che colpisce e fa notizia. E tuttavia, a ben guardare, si tratta di una presenza che segue molte atre presenze di pastori della Chiesa. Non si contanto i sacerdoti. I vescovi sono numerosi e tra questi 8 sono i cardinali che da mesi o addirittura anni twittano. La presenza pastorale su Twitter sia nel mondo cattolico sia in quello protestante è cosa ormai consolidata, ordinaria. Esistono anche le famose #twittomelie, ricordiamolo. E sono stati scritti persino libri in proposito. Il Papa accettando di essere presente su Twitter, al di là del contenuto stesso dei suoi messaggio, sostanzialmente incoraggia i credenti e i pastori a essere presenti e a testimoniare il vangelo nell’ambiente digitale.
Antonio Spadaro
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