I giorni 20 e 21 Novembre, con i giovani che vivono un anno di servizio civile nelle case salesiane dell’Ispettoria, abbiamo vissuto un’esperienza di formazione a Torino, per poter conoscere meglio la vita di don Bosco
I giorni 20 e 21 Novembre, con i giovani che vivono un anno di servizio civile nelle case salesiane dell’Ispettoria, abbiamo vissuto un’esperienza di formazione a Torino, per poter conoscere meglio la vita di don Bosco, e di conseguenza scoprire la storia dietro alle nostre case salesiane dove operiamo.
Nonostante fossi già stata più volte a visitare i luoghi di Don Bosco, è stata un’esperienza formante, vissuta in un’ottica nuova: quella di imparare e prendere spunto da lui per quanto riguarda l’educazione e la cura dei ragazzi, con i quali siamo a contatto tutti i giorni.
Il primo giorno abbiamo visitato i Becchi, dove è nato; poter vedere e toccare con mano quei luoghi dove è cresciuto ci ha permesso di capire come è cominciato tutto: un povero ragazzo senza padre, da sempre educato alla devozione a Maria e Gesù, abituato a affidarsi e a sognare in grande! Incredibile come una ferita può diventare feritoia, come quel ragazzino, che ha vissuto in povertà ed è stato orfano, è riuscito a diventare Padre di tanti giovani, confidando in Dio e avendo fede in lui!
Il secondo giorno abbiamo poi visitato Valdocco, dove don Bosco ha dato inizio alla sua opera. Partendo da una piccola tettoia affittata da Pinardi, è poi arrivato a costruire la prima casa salesiana, nucleo originario di una congregazione presente in 133 nazioni, grazie ai missionari che hanno portato l’opera salesiana in tutto il mondo.
Questi giorni sono stati molto importanti nel mio percorso di servizio civile, perché mi hanno permesso di apprezzare a pieno le origini della famiglia salesiana e di sentire la chiamata, nel mio piccolo, a prendermi cura dei ragazzi proprio come ha fatto don Bosco, dedicando loro amore e attenzioni, anche (e soprattutto) quando diventa più difficile: mi ha infatti colpito molto quante difficoltà abbia dovuto affrontare per poter prendersi cura dei suoi ragazzi, a partire dal non trovare un posto adeguato per farli giocare, fino a tutte le delusioni che ha sopportato, provocate a volte proprio dai suoi ragazzi.
Mi ha anche fatto riflettere, prima della sua santità, l’umanità di don Bosco, perché ferita e in difficoltà, proprio come ogni uomo, proprio come noi, proprio come me: da questa umanità ferita e in difficoltà, il piccolo Giovannino è diventato il grande santo che tutti noi oggi conosciamo, testimone che noi per primi dobbiamo fare lo sforzo di lasciarci trasformare da lupi in agnelli dall’amore di Cristo, e che la santità non è una meta irraggiungibile, ma un invito che Dio fa a ciascuno, a prescindere dalla nostra storia.
Oltre a tutto questo, sicuramente mi porto a casa il bel clima respirato in quei due giorni, vissuti in modo semplice ma pieno. I momenti di gioco, le ricreazioni, la serata e i viaggi in bus hanno fatto sì che si creassero tra noi dei bei rapporti, che ci hanno permesso di sentire esperienze di realtà diverse, di confrontarci e di conoscerci anche tra noi. Non conoscere bene la maggior parte delle persone prima di partire non è stato un problema ma uno stimolo ad aprirsi, per condividere momenti di gioia e divertimento tutti insieme.
In conclusione, questa esperienza è stata formante sotto tanti punti di vista, per la conoscenza e il confronto con l'allegria tipica salesiana con altri giovani che vivono l’anno di servizio civile, ma soprattutto per la visita a don Bosco, che ci ricorda che quello che facciamo non è finalizzato a noi, non è per portarli a lui, ma è per indirizzarli a Cristo.
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