Scuola-lavoro: l'alternanza fa discutere

Un'utile risorsa? Una perdita di tempo? Un'opportunità per i ragazzi? Una forma di sfruttamento di bassa manovalanza gratuita truccata da formazione?

 

del 07 marzo 2017

Un’utile risorsa? Una perdita di tempo? Un’opportunità per i ragazzi? Una forma di sfruttamento di bassa manovalanza gratuita truccata da formazione?

 

Un’utile risorsa? Una perdita di tempo? Un’opportunità per i ragazzi? Una forma di sfruttamento di bassa manovalanza gratuita truccata da formazione? L’alternanza scuola lavoro fa discutere e non poco. Introdotta dalla cosiddetta Buona Scuola, obbligatoria per tutti gli studenti del trinennio delle scuole superiori, con un monte ore tassativo: 200 ore nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali sta andando a regime tra le polemiche.

A Perugia il 7 marzo se ne discute in un convegno "Alternanza scuola lavoro: Perché e per chi?”. Sulle riviste specializzate Tecnica della scuola e Orizzonte scuola il tema lacera i commentatori e a Roma innesca interrogazioni parlamentari.

La ratio, spiega il Ministero, nel sito informativo, sta nel fatto che: «La scuola deve diventare la più efficace politica strutturale a favore della crescita e della formazione di nuove competenze, contro la disoccupazione e il disallineamento tra domanda e offerta nel mercato del lavoro. Per questo, deve aprirsi al territorio, chiedendo alla società di rendere tutti gli studenti protagonisti consapevoli delle scelte per il proprio futuro».

Buone intenzioni senza dubbio, in un Paese che vive il dramma della disoccupazione giovanile, ma sarà la pratica con cui le si applica a decidere se andranno o meno a lastricare le vie dell’inferno. Dalla raccolta empirica, tutt’altro che statistica, di sensazioni e sentimenti di insegnanti, alunni e genitori, si ricava l’impressione che molto dipenda dalla qualità dell’organizzazione e dei contatti tra la scuola e il territorio e che non sia sempre così semplice tradurre in concreto quello che nelle ottimistiche previsioni del ministero dovrebbe porre «le basi per uno scambio di esperienze e crescita reciproca».

A pochi mesi dall'entrata in vigore dell'obblico pare che tutto funzioni meglio per istituti tecnici e professionali e che le complicazioni sorgano di più per i licei: un fatto prevedibile. E’ infatti logico, anzi necessario, aprire presto un canale di comunicazione tra mondo della scuola e mondo del lavoro, alimentando uno scambio, proficuo per entrambi, quando si parla di istituti tecnici e professionali in cui la scuola forma professionalità specifiche destinate ad affacciarsi al lavoro dopo il diploma.

Tutto meno ovvio e più complicato quando si parla di licei: lì accade, più spesso, che le realtà lavorative facciano fatica a capire che cosa trasmettere a uno studente che ancora non sa che cosa farà da grande (dato che deve ancora scegliere l’università) e che le scuole vedano nell’obbligo tempo prezioso sottratto allo studio. Anche nella fortunata coincidenza che un ragazzo si vada a confrontare con il lavoro che desidera per sé, infatti, c’è il rischio che sia un confronto astratto, un po’ perché prematuro (mancano le nozioni dell’università), un po’ perché è probabile che, alla velocità con cui la tecnologia sta cambiando il mondo, quando un ragazzo di oggi sarà pronto per entrarci quel lavoro sarà radicalmente cambiato. 

Il ministero si vanta di aver fatto una scelta esotica in questo: «L’estensione delle attività di alternanza anche ai Licei rappresenta un unicum europeo. Persino in Germania, con il sistema duale, le esperienze scuola-lavoro riguardano solo gli istituti tecnici e professionali. Il nostro modello supera la divisione tra percorsi di studio fondati sulla conoscenza ed altri che privilegiano l’esperienza pratica. Conoscenze, abilità pratiche e competenze devono andare insieme».

Si tratta di capire come e quanto funzioni nella pratica. Per stabilirlo ci vorrà tempo, bisognerà mandare a regime l’esperienza, correggere eventuali storture. Ma, sarà importante anche ascoltare il parere di docenti, studenti e genitori che si trovano nel mezzo dell’esperimento. Per questo vi invitiamo a raccontarci la vostra esperienza. 

 

Elisa Chiari

http://www.famigliacristiana.it

 

 

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