«Vado nello Sri Lanka, dice la signora milanese intervistata a Malpensa, parto lo stesso, 'tanto il mio albergo è al sicuro...».Di fronte alla tragedia che si è consumata riaffiora la tacita divisione tra «noi», i garantiti del mondo ricco e vacanziero, e «loro», i poveracci per i quali la furia degli eventi assomiglia a qualcosa di ineluttabile.
del 01 gennaio 2002
Vado nello Sri Lanka, dice la signora milanese intervistata a Malpensa, parto lo stesso, 'tanto il mio albergo è al sicuro. Il maremoto avrà spazzato via le casette di pescatori, per noi non ci sono pericoli'. E parte anche il ragazzo che ha già messo la collana di denti di squalo, quella da spiaggia: 'Il mio hotel m'han detto che è a posto, i soldi li ho già tirati fuori...' E maremoto o no, gli brillano gli occhi: in Thailandia, finalmente. Mentre abbondano notizie rassicuranti sulla sorte di vip in vacanza negli atolli più esclusivi: stanno tutti bene, per fortuna, anzi fanno sapere che non è successo quasi niente, e che proseguiranno tranquillamente le ferie.
L'apocalisse guardata con gli occhi dell'Occidente. Nemmeno ventiquattromila morti bastano a cambiare questo sguardo che oppone tacitamente, come cosa ovvia, due mondi: loro e noi. ('Non c'è alcun pericolo per noi', come dice la signora a Malpensa) Le case dei pescatori ingoiate, ben saldi gli hotel a cinque stelle, è normale. E se questo maremoto fa tanto rumore, non è perchè il giorno dopo Natale c'erano tra la Thailandia e le Maldive decine di migliaia di 'noi'? Umano e naturale, certamente, tuttavia nelle cronache la pur legittima ansia di chi ha investito migliaia di euro per una vacanza familiare al sole, e ora non sa dove andare perchè il suo atollo è sommerso, toglie il posto alle voci di centinaia di operatori presenti nelle zone più devastate, e non tutti irraggiungibili telefonicamente. Gente che ha sotto gli occhi la tragedia di 24 mila morti, di villaggi e città distrutte e lontane da ogni soccorso. Ma l'Occidente s'è abituato da tempo a vedere solo ciò che è vicino: come si fa a farsi risarcire i biglietti? E stanno bene, i vip alle Maldive?
Del resto, lo sanno tutti, è appunto quella tacita divisione , per cui una cosa siamo 'noi', e una 'loro'. Le apocalissi frequentano volentieri il 'loro' mondo, splendido, selvaggio ma anche non domato e feroce. Terremoti e inondazioni mietono normalme migliaia, decine di migliaia di vittime. È una natura spaventosa quella del 'loro' mondo, che falcia come una calamità biblica le loro baracche di fango, le loro favelas di cartone. Alle nostre case di cemento armato non succederebbe quasi niente. Che imparino a costruirsi case come si deve. Che si civilizzino.
C'è una foto che ieri era sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. La foto di una ragazza dai tratti orientali, un attimo prima che la grande onda la inghiottisse. La ragazza ha la bocca spalancata in quello che pare un urlo muto, come accade negli incubi, quando il terrore soffoca la voce. Quella faccia tra le onde sembra 'L'urlo' di Edvard Munch. Una delle più potenti espressioni mai date alla angoscia. La angoscia antica, millenaria di popoli da sempre esposti, sempre in attesa della grande furia dell'acqua, della terra, del fuoco. Contro cui non conoscono difesa. Nemmeno ora che si lavora per i turisti in lussuosi hotel a cinque stelle, facendo di tutto, vendendo di tutto - a volte anche i figli. I villaggi, le case, come dice la signora milanese, sono sempre quelle, buoni per essere spazzati via. Gli Hilton, ovunque, rimangono sempre in piedi. Ci sgomenta quest'apocalisse che nel suo gorgo orrendo ha preso dentro centinaia di garantiti, assicurati, nati in solide case; centinaia di 'noi'. È muto l'urlo degli altri 24 mila, come la ragazza in quella foto, un attimo prima.
Marina Corradi
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