A migliaia, ogni giorno, varcano il confine degli Stati limitrofi e la situazione è veramente esplosiva. Si pensa che per la fine dell'anno il numero dei profughi provenienti da quel Paese potrebbe arrivare a tre milioni...
Circa 80mila vittime fra cui oltre 7mila bambini. È il bilancio, fornito dagli attivisti dell’opposizione, nel secondo anniversario dell'inizio del conflitto in Siria. E la situazione umanitaria va peggiorando di giorno in giorno anche nei Paesi confinanti dove si calcola che siano giunti almeno un milione di profughi siriani. L'Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres, parla di “un rischio di un'esplosione in tutto il Medio Oriente” e denuncia il mancato versamento del 30% dei finanziamenti internazionali promessi per i soccorsi. Marco Guerra ha raggiunto il presidente della Croce Rossa italiana, Francesco Rocca, in visita in un campo profughi in Giordania per coordinare gli aiuti umanitari.
R. – A migliaia, ogni giorno, varcano il confine degli Stati limitrofi e la situazione è veramente esplosiva. Si pensa che per la fine dell’anno il numero dei profughi provenienti da quel Paese potrebbe arrivare a tre milioni.
D. – Qual è la situazione, riuscite a far fronte all’emergenza?
R. – Io sono proprio in questo momento in visita al campo profughi al confine tra Giordania e Siria. La situazione è drammatica. C’è un bisogno enorme di servizi e si fa quel che si può ma la situazione è veramente drammatica, rischia di sopraffare le capacità degli uomini e le donne di buona volontà che in questo momento sono qui ad operare, cercando di alleviare le sofferenze di queste persone. Ma i bisogni sono enormi. In solo un campo ci sono circa 150 mila persone. Vivono nelle tende. Sono numeri veramente importanti.
D. - Si rischia di destabilizzare quindi anche i Paesi limitrofi alla Siria?
D. - Questo è uno degli elementi che emerge in questi giorni, perché quando cominciano a esserci 400, 500 mila profughi, qui, in Giordania, dove ci sono circa 6 milioni di abitanti, si può comprendere qual è l’impatto sociale di questi rifugiati. Quindi, ha sicuramente un effetto destabilizzante. A me sembra che la comunità internazionale sia più presa da tatticismi che non dai bisogni reali della popolazione e della gente. Questo rischia di essere un ennesimo conflitto dimenticato. A due anni di distanza le conseguenze di questa tragedia umanitaria sono enormi. Io mi auguro che aumenti veramente la sensibilità intorno a questo problema.
D. - C’è ancora un margine per una soluzione politica del conflitto?
R. – Io vedo i risultati delle armi. E’ necessario fermare il fuoco, tutte le parti devono fare un passo indietro, si deve riaprire al dialogo, bisogna ascoltare il grido della popolazione sofferente. E’ impossibile, è inaccettabile vedere bambini, donne, come sto vedendo io in questo momento esatto, fare la fila per i servizi sanitari essenziali per contrastare le conseguenze delle esplosioni, dei colpi d’arma da fuoco.
D. – In quali condizioni si lavora e quali rischi si assumono entro i confini siriani?
R. – Sono otto gli operatori della Mezzaluna siriana che finora hanno pagato con la vita la loro attività. I volontari sono tutti giovanissimi, tutti sotto i 30 anni. Nonostante questo hanno una vocazione fortissima ad aiutare la loro popolazione sofferente e continuano a farlo sempre col sorriso, sempre molto motivati, determinati. Ma la situazione è difficile anche perché non si capisce da dove viene il fuoco, anche perché a distanza di pochi blocchi possono cambiare gli stessi gruppi che controllano le aree. Quindi c’è una situazione di instabilità continua nelle zone colpite dal conflitto.
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