A pochi giorni dal viaggio del Papa in Terrasanta il rabbino argentino amico di Bergoglio dai tempi in cui questi era arcivescovo di Buenos Aires, parla del viaggio durante il quale accompagnerà il Papa.
«Dopo l'elezione di Francesco ci siamo incontrati tre volte a Roma» e in uno di questi incontri, racconta il rabbino Abraham Skorka, «ci siamo messi a sognare di trovarci insieme davanti al Muro, di abbracciarci per dare un segno ai duemila anni di dissensi tra ebrei e cristiani, e che io lo accompagnassi a Betlemme per essergli accanto in un momento tanto significativo per il suo spirito, come gesto di amicizia e di rispetto; di lasciare un messaggio di pace indelebile a tutti i popoli e le nazioni di quella regione».
A pochi giorni dal viaggio del Papa in Terrasanta, in una ampia intervista al direttore Antonio Spadaro pubblicata su Civiltà cattolica, il rabbino argentino amico di Jorge Mario Bergoglio dai tempi in cui questi era arcivescovo di Buenos Aires, parla del viaggio durante il quale accompagnerà il Papa e del modo in cui Bergoglio guarda all'ebraismo.
Il rabbino racconta: «In occasione del primo incontro indicando se stesso e me con la mano, disse: `La nostra amicizia e il nostro dialogo è segno che si può´, e io continuai: `si può creare il sentiero che porta verso la pace e che sa avvicinare di più Roma e Gerusalemme´».
Nella conversazione con padre Spadaro, vengono citati anche i nomi di alcuni testimoni del dialogo ebraico-cristiano, come il cardinal Lustiger, ed emergono quelle che il Papa considera letture importanti per fondare un buon dialogo ebraico-cristiano. Skorka, in particolare, spiega che secondo lui in Papa Francesco c'è «l'attesa della Chiesa di una risposta ebrea alla Nostra aetate, un manifesto accolto dalla maggioranza del popolo ebreo che risponda alla domanda: che cosa significa un cristiano per un ebreo?». Ma Bergoglio - chiede padre Spadaro - come vede la religione ebraica? «Le molte cose che ho visto e sperimentato accanto a Bergoglio mi inducono ad affermare che egli vede e sente l'Ebraismo come la madre della sua fede. Non è una mera percezione intellettuale, bensì un sentimento che costituisce una componente importante della sua fede personale». Skorka fa notare inoltre come alcune posizioni e affermazioni di Bergoglio trovino correlazioni evidenti con la letteratura rabbinica.
Skorka ha poi proseguito: «Non mi aspetto che Papa Francesco risolva tutti i problemi tra palestinesi e israeliani, né tutti i conflitti del Medio Oriente e del mondo». «Il vero potere del Papa – ha spiegato - risiede nella credibilità che egli riesce a suscitare nei suoi e negli altri».
«In una realtà mondiale carente di valori, in cui tutto si misura e si analizza nell'ottica del potere geopolitico e del ricavo materiale, Francesco - afferma Skorka - viene a cambiare questo paradigma esistenziale introducendo una dimensione spirituale. Per forgiare una pace veritiera è necessario ottenere un cambio di atteggiamento da parte di coloro che sono in conflitto, e Papa Francesco può concentrare i suoi sforzi su questo obiettivo».
Il messaggio del viaggio, secondo Skorka, è molto più ampio dell'evento in sé. «Per varie ragioni - rileva - il conflitto palestinese-israeliano viene fatto oggetto di speciale attenzione ed è tra quelli che risvegliano le più accese passioni in molte zone del mondo. La sua degna e giusta risoluzione costituirebbe un paradigma per gli altri conflitti che affliggono l'umanità».
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