Le hanno sparato nello Stato orientale del Jarkhand. Suor Valsa John difendeva i diritti dei santal dallo sfruttamento minerario dei loro territori.
del 25 novembre 2011 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) {return;} js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
           Difendeva i diritti delle popolazioni tribali contro gli appetiti di chi voleva spogliarli delle loro terre. Ed è stata uccisa da un sicario, in un agguato dai contorni ancora poco chiari. Assomiglia davvero in modo impressionante alla storia di padre Fausto Tentorio, il missionario del Pime ucciso nelle Filippine, la vicenda di suor Valsa John, una religiosa delle Suore della Carità di Gesù e Maria, uccisa martedì mattina nello Stato orientale indiano dello Jharkhaland.
          Originaria del Kerala suor Valsa John svolgeva il suo ministero nel distretto di Pakur, nella diocesi di Dumka. Come ha spiegato il vescovo locale Julius Marandi le circostanze della sua morte non sono ancora chiare. Ma è un fatto che questa religiosa viveva fianco a fianco con la popolazione tribale locale, i santal. E che - come ha ricordato la superiora del suo ordine religioso, suor Lilly Mary - li aveva sostenuti nella loro protesta contro lo sfruttamento minerario dei loro territori. Per questa ragione nel 2007 suor Valsa John era stata addirittura arrestata durante una manifestazione di protesta contro una miniera di carbone realizzata su un terreno acquisito illegalmente nel distretto di Pakur.
          Questa vicenda - che giunge ad appena un mese dalla morte di padre Tentorio - conferma quanto il martirio per la giustizia sia un volto tragicamente attuale per la Chiesa in Asia. È l'altro volto della sete di materie prime delle economie emergenti. Quello dei diritti calpestati delle popolazioni in indigene. E del martirio scomodo dei cristiani che donano la vita per difendere la dignità di questi fratelli. 
 
Suor Valsa, massacrata a colpi d'ascia
          Più di 500 cristiani, fra cui decine di suore, hanno preso parte all’incontro di preghiera e di protesta che, guidato dall’arcivescovo Vincent Concessao, ha avuto luogo il 18 novembre davanti alla cattedrale del Sacro Cuore di Nuova Delhi in reazione al brutale assassinio di una suora cattolica.
La 53enne Valsa John, delle Suore di Carità di Gesù e Maria, è stata uccisa a colpi di ascia il 15 novembre perché si prendeva cura dei poverissimi clan tribali dello stato federale di Jharkhand, nell’India nordorientale, sfruttati dall’industria mineraria.
«Valsa non era una suora ordinaria. Con lei abbiamo perso una sorella coraggiosa e determinata che stava dalla parte dei poveri», ha detto suor Mary Scaria, consorella più anziana dell’assassinata e segretaria della commissione giuridica della Conferenza episcopale cattolica indiana (CBCI), al termine dell’incontro di preghiera.
Secondo la polizia, la suora, originaria dello Stato meridionale del Kerala, è stata uccisa da una folla di una cinquantina di persone che, nel remoto villaggio di Bachuwari, attorno alla mezzanotte del 15, l’hanno prima picchiata con dei bastoni e poi finita con delle asce dopo aver bussato alla porta della casupola dove abitava.La suora risiedeva in quel villaggio nella giungla sin dal 1995 impugnando il testimone delle tribù povere e sfruttate oltre che fatte forzosamente sfollare dalla lobby mineraria.
«A causa delle iniziative di protesta capitanate dalla suora, la compagnia che in quella zona sfrutta le miniere di carbone ha infatti dovuto concedere ai tribali immiseriti e sfrattati tutto ciò che essi chiedevano», ha detto suor Lilly Mary, la madre superiora provinciale della congregazione cui apparteneva la suora ammazzata, che risiede a Ranchi, la capitale dello Stato del Jharkhand, a 450 chilometri di distanza dal villaggio in cui si è verificato il delitto.
L’accordo con la compagnia mineraria, ha spiegato suor Mary, fu siglato nel 2007 dopo un decennio di animate contestazioni nel corso del quale erano state pure depositate alla polizia diverse denunce false contro la suora uccisa, peraltro dismesse dai tribunali.
A causa delle continue minacce che le giungevano, i responsabili della sua congregazione avevano comunque chiesto alla suora di lasciare quella pericolosa regione. «Ma lei era decisa a restare con la sua gente», ha sottolineato suor Scaria, avvocato dell’Alta Corte di Nuova Delhi. Sorella Valsa, che entrò nella congregazione Suore di Carità di Gesù e Maria 24 anni fa dopo essere stata insegnante di scuola secondaria - aggiunge suor Scaria -, preferiva lavorare in questa difficile area.
«Quando ho sentito la notizia sono rimasta esterrefatto», ha detto a La Bussola Quotidiana Anil Radhakrishnan, un giornalista indù che lavora nello Stato indiano da cui veniva suor Valsa. Il giorno della morte della donna, Radhakrishnan ne ha del resto pubblicato un profilo commovente sulle pagine di Malayala Manorama, il principale quotidiano del Kerala scritto in lingua malayalam.
Il suo articolo, intitolato Unfading lamp of love (“Un lume d’amore che non si spegne”), si fondava su ciò che il giornalista aveva visto direttamente nel 2007 allorché fu inviato in quella lontana regione per realizzare un servizio sulla “donna dell’anno” commissionatogli dal noto periodico femminile del Kerala Vanita (“donna”).
«Quando la mia jeep raggiunse il villaggio, i tribali armati di archi e di frecce fermarono il veicolo. Ma quando fu detto loro che il sottoscritto doveva fare un servizio dedicato alla loro guida, diedero fiato ai corni e ci condussero da lei festanti con caroselli tradizionali», ricorda Radhakrishan.Stringendo le mani della suora avvolta nello stesso sari verde che indossavano i tribali, il capo del villaggio riferì al giornalista che la donna era il “loro Dio” e gli raccontò di come ella li avesse assistiti contro le angherie. «Era davvero il campione di quelle genti», ripete ora il giornalista.
Mentre Amarnath Khanna, il capo della polizia del distretto di Pakur a cui appartiene il villaggio teatro dell’omicidio, dice che i sospetti ricadono sulla mafia mineraria, conferme in questo senso giungono anche da Stephen Marandi, ex vice capo del governo locale dello Jharkhand, un cristiano protestante.
«Suor Valsa mi aveva informato delle minacce e per questo ho sono ricorso al governo dello Stato affinché venissero avviate indagini», ha detto alla stampa Marandi, che fu uno dei protagonisti dell’accordo tripartito del 2007.
«Di quelle minacce ci parlava da molto tempo», conferma Baby Malamel, fratello maggiore della suora ammazzata. «Ho visitato il villaggio dove è stata uccisa mia sorella. Un testimone oculare mi ha detto che gli aggressori venivano da fuori».
Anto Akkara
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