Chi ha visto le prime 3 puntate trova il programma “stupendo”. Tutto fuorché una pagliacciata. Le suore mostrano allo spettatore come rapportarsi con i giovani, ovvero con fermezza e non con severità. Capaci di andare a fondo nel cuore delle ragazze alla ricerca delle ferite che sono alla base del loro comportamento, piuttosto che pretendere una cieca obbedienza e regole prefissate.
di Mario Manca, tratto da vanityfair.it
Dopo «Il Collegio» e «La Caserma», pensavamo che «Ti spedisco in convento», il nuovo format disponibile su Discovery+ che sbarcherà in chiaro su Real Time ad aprile, avrebbe aggiunto poco e niente alla formula del docu-reality sugli adolescenti insofferenti alle regole. Ecco perché ci ha sorpreso e perché ve ne innamorerete
Tra collegi e caserme, pensavamo che il convento avrebbe aggiunto poco e nulla e che, al limite, ci saremmo trovati la sorvegliante con il velo sulla testa e la coroncina tra le mani. È bastato, però, andare su Discovery+ e vedere la prima puntata di Ti spedisco in convento, il nuovo docu-reality prodotto da Fremantle e ispirato al format Bad Habits, Holy Orders, per capire che dietro c’è qualcosa di più forte, che non ci aspettavamo di trovare. La premessa sembra la solita: cinque ragazze viziate, estroverse, trasgressive e dipendenti dai social che, a loro insaputa, si apprestano a vivere per un periodo di tempo all’interno di un convento che non proverà tanto a rimetterle sulla retta via, quanto ad accoglierle, ad ascoltarle, a farle sentire protette e al sicuro.
Il punto di forza del programma, che vedremo in chiaro su Real Time ad aprile, è, infatti, il rapporto umano, il bisogno di percepire i dissidi interiori dell’altro senza puntare il dito sul diavolo, ma provando a capire quali traumi di vita abbiano portato le ragazze a sviluppare un senso di disagio tale da nascondersi a tutti i costi dietro lo scudo della strafottenza.
Le protagoniste – Emilia detta Emy, la più seducente tra le cinque; Valentina, studentessa universitaria fastidiosamente snob; Sofia, globetrotter amante del lusso sfrenato; Stefania, diretta e con un grande vuoto lasciato dalla figura paterna; e Wendy, che assomiglia tanto ad Arya Stark e si presenta un po’ come un’eterna adolescente dall’animo introverso – sono, infatti, chiamate a rapportarsi con un’istituzione, quella religiosa, della quale pensano di sapere tutto, un po’ come noi. Nell’immaginario collettivo le suore vengono ancora etichettate come bigotte, chiuse, impenetrabili, ed è per questo che sentirle parlare apertamente di masturbazione e di desiderio sessuale davanti alle telecamere era tutto fuorché scontato. Delle cinque sorelle della Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù nel Convento la Culla di Sorrento ci siamo innamorati subito, forse anche più delle ragazze. La Madre Superiora Suor Monica, la Madre Generale amante degli abbracci Suor Daniela, da timida e riservata Suor Felicita, la dolce e paziente Suor Arleide e la vulcanica Suor Analia, la più giovane delle cinque (28 anni), sono, infatti, una boccata d’aria fresca, la conferma che non sempre l’abito fa il monaco e non sempre il giudizio affrettato corrisponde alla sostanza più profonda.
Nonostante la ragazze facciano di tutto per non rompere il legame con il proprio mondo, rubando il vino dalla credenza nel cuore della notte e cercando di rimettere mano ai telefoni come succedeva spesso al Collegio, le suore portano pazienza, si pongono non come castigatrici inflessibili, ma come guide premurose, disposte anche al compromesso purché la cosa serva a conquistare la fiducia che le fanciulle faticano a concedere a chi è fuori dalla loro cerchia. In Ti spedisco in convento si ride e si piange, si sorride nel vedereEmy che twerka sfacciatamente davanti a Suor Monica ma ci si scioglie quando Stefania racconta di suo padre e del vuoto che ha provato quando era troppo tardi per poter costruire un rapporto con lui. La differenza principale con La Caserma, il format di Raidue che nonostante le premesse non è riuscito a fare breccia nel cuore degli spettatori, sta tutta qui: nella scelta di un cast che, dalle ragazze alle suore, si mostra come il vero tesoro di un programma sorprendente, perfetto per intrattenere ma anche per riflettere (merito anche della scelta di un gruppo ristretto di protagoniste sul quale concentrare l’attenzione). Al termine delle puntate è chiaro che la vera redenzione non passi attraverso la regione, ma da una cosa che è alla portata di tutti ma che molto spesso ci ostiniamo a non riconoscere: l’umanità, quel sentimento schiacciato sempre più dall’egoismo e dalla voglia di apparire che, se solo avesse la possibilità di emergere, renderebbe le nostre vite più serene e appagate. Convento o non convento.
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