Una giornata tipo di don Bosco, come ce la raccontano Le Memorie Biografiche: molta preghiera, molto lavoro, tanto cuore per i ragazzi, poco tempo per sé.
del 26 luglio 2007
Oggi diremmo che al mattino suona la sveglia, allora suonava la campana del campanile di Maria Ausiliatrice. I rintocchi sono sei, quelli per indicare le ore. Le luci di Torino cominciano ad accendersi, ma una arde già al primo piano dell’oratorio di Valdocco: è quella dello studio di Don Bosco: é lì dalle cinque e mezza. Già dai tempi dell’ordinazione sacerdotale si era prefissato di non dormire più di 5 o 6 ore per notte: manterrà la promessa ed in più aggiungerà una notte “in bianco” ogni settimana almeno fino al 1866, quando la salute non gli permetterà più di fare così. Per prima cosa don Bosco va in chiesa per la sua preghiera personale, l’inginocchiatoio, l’adorazione in cui affidare le mille occupazioni della giornata che lo attendono.
A colazione una piccola tazza di caffè, un po’ di latte con del pane. Verso le 7 e mezza è raggiunto dai giovani che desiderano ardentemente confessarsi da lui: il confessionale lo tiene occupato per almeno un’ora: un penitente a destra uno a sinistra, poche parole, pochi consigli ma tanta profondità. Don Bosco poi si prepara a celebrare la S. Messa, secondo la consuetudine del tempo da solo, ma con tanta venerazione e ardore che sembra perdersi nel desiderio di Dio. I suoi occhi sembrano andare oltre quell’altare…
Verso le nove esce dalla sacrestia e i giovani in cortile si precipitano verso di lui facendo a gara per stargli vicino, toccarlo, baciargli la mano…lo attendono però i mille impegni della giornata…ma trova sempre il tempo per i suoi ragazzi, per dire una parola ad uno, una parola ad un altro, scherzare con loro, ricordagli qualche principio della fede.
Il tempo per il pranzo e la cena è sempre molto poco, mentre le visite delle persone invece sono molte, visite che lo costringono a chiudersi nella sua camera, a parlare, ascoltare, confortare, dare consigli, a volte anche a trovare qualcosa su cui scherzare e alleggerire gli animi. Lo aspettano poi le lettere, decine al giorno, cui occorre rispondere: i suoi missionari, i primi salesiani lontani da Valdocco che chiedono consigli, persone che vogliono una parola di conforto. È così, dopo un breve riposo dopo il pranzo di preghiera e silenzio, passa tutto il pomeriggio con qualche passeggiata nei cortili e nei laboratori per stare il più possibile con quei giovani a cui sta dando un futuro umano e cristiano, con qualche commissione in città sempre inframmezzata da una visita alla Consolata per una preghiera per i suoi ragazzi.
Le ore passano e presto arrivano le undici di sera: la luce dello studiolo di Don Bosco è ancora accesa: forse è questa la notte che passerà tutta a lavorare. Prima di questo momento ha trovato ancora la forza di recarsi in chiesa dove tutti gli interni sono riuniti per la preghiera della sera: un pensiero edificante è quello che don Bosco propone loro, la buona notte in cui racconta  i sogni che ha fatto, i progetti, le paure e i consigli che vuole dare a quegli orfani che lì hanno trovato un padre. Lo ascoltano in silenzio. Le undici e mezzo e lo sguardo va, mentre attraversa il cortile, verso la statua di Maria Ausiliatrice che veglierà sul lavoro instancabile del suo figlio più devoto.
 
Riferimenti:          MB IV,186-191.
 
LE GIORNATE A MORNESE: Una comunità che vuol bene
 
Le giornate a Mornese raccontate dalla Cronistoria: un alternarsi di preghiera, lavoro e scuola, ma anche tempo per l’incontro e la gioia.
 
“Al mattino la giornata iniziava con la preghiera, poi la S.Messa a cui seguiva la meditazione, infine una particolare preghiera che commemora le sofferenze di Maria. Don Bosco aveva fissato per i vari momenti della giornata (in corrispondenza delle Ore canoniche, in modo che la comunità si potesse unire alle preghiere dei sacerdoti) la commemorazione ‘dei dolori e delle allegrezze della Madonna’. Seguivano le varie attività, il pranzo, la ricreazione, la preghiera davanti a Gesù Eucaristia. Le attività del pomeriggio erano interrotte da uno spazio per la lettura, e il Rosario precedeva la cena”.
E’ difficile ricostruire l’orario che seguiva madre Mazzarello, sempre così schiva dal ritagliarsi spazi propri. Il più possibile è in mezzo alle ragazze e alle suore, perfino alunna per condividere con semplicità la fatica di imparare a scrivere, con il cuore il desiderio di poter così comunicare con chi è partito per i paesi al di là dell’oceano.
Insieme si condividono anche i lavori per l’andamento e il sostentamento della casa, dal laboratorio di cucito al grande bucato al fiume Roverno, ma sempre con il tono della festa, della gioia, della stare alla presenza di Gesù offrendogli tutto.
“Vanno al Roverno una volta al mese, nel cascinale più vicino al molino prendono a prestito qualche pentola e la spianatoia per gli gnocchi. Sì, la bontà della madre arriva fino a quello: non solo sopporta come le altre lo strapazzo della strada che è lunga e difficile e il peso del lavare curva su un pietrone, guazzando nell’acqua sotto la sferza del sole; vuole anche far ristorare le sue figlie con un pranzo migliore del solito, imbandito all’aria aperta. Le educande attizzano il fuoco, sbucciano le patate, aiutano la madre a impastare… e intanto cantano con lei belle lodi imparate dal direttore.
A sera tornano tutte felici al collegio, accompagnate dalle oratoriane che, saputo della gita sono scese al Roverno per aiutare o vengono incontro contente di vedere una volta di più la madre e le suore, e di accompagnarle fino al collegio, a giocare e saltare un po’ in cortile, fuori orario e fuori programma”.
Suor Maria Mazzarello poi, è l’anima della ricreazione, della comunione, l’esempio della gioia e dell’umiltà nel grande clima di povertà. Ha una parola per tutte, studia i caratteri, sa guidare e affiancare ciascuna.
 
Cronistoria vol.II p.125-126
Don Colli, Lo Spirito di Mornese.
 
PER RIFLETTERE:
Come impieghi il tuo tempo?
Quale spazio risevi per la preghiera, per l’incontro, per un lavoro/studio serio?
A che punto è il tuo cammino per imparare a ‘vivere alla presenza del Signore’?
don Filippo, sr Francesca
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