La giovinezza è proprio... il periodo della comunione. I giovani, sia ragazzi che ragazze, sanno di dover vivere per gli altri e con gli altri, sanno che la loro vita ha senso in quanto diventa un dono gratuito per il prossimo. Da qui hanno origine tutte le vocazioni...
del 18 agosto 2011
 
 
          “La giovinezza è proprio… il periodo della comunione. I giovani, sia ragazzi che ragazze, sanno di dover vivere per gli altri e con gli altri, sanno che la loro vita ha senso in quanto diventa un dono gratuito per il prossimo. Da qui hanno origine tutte le vocazioni: sia quelle sacerdotali o religiose, sia le vocazioni al matrimonio e alla famiglia. Anche la chiamata al matrimonio è una vocazione, un dono di Dio. Mai dimenticherò un ragazzo che, tutti sapevano aspirare con decisione alla santità.
          Aveva questo programma di vita. Sapeva di essere “creato per le cose più grandi”, come si espresse una volta san Stanislao Kostka. E, al tempo stesso, non aveva alcun dubbio che la sua vocazione non fosse né il sacerdozio né la vita religiosa. Sapeva di dover essere un laico. Lo appassionava il lavoro professionale, gli studi di ingegneria. Cercava una compagna di vita e la cercava in ginocchio, nella preghiera. Non potrò scordare il colloquio in cui, dopo uno speciale giorno di ritiro, mi disse: “Penso che proprio questa ragazza debba essere mia moglie, che è Dio a darmela”. Quasi non seguisse soltanto la voce dei suoi gusti, ma prima di tutto la voce di Dio stesso… Sto parlando di Jerzy Ciesielski, scomparso in un tragico incidente in Sudan, dove venne inviato a insegnare all’università, e di cui il processo di beatificazione è stato già iniziato”. Ed è papa Giovanni Paolo II che sta parlando. Ricorda un amico teso alla santità per la via matrimoniale.
Seguire Ges√π, sposandosi
          Dunque, si può seguire Gesù anche sposandosi? La via di coloro che vanno dietro a Gesù può essere anche quella del matrimonio? La risposta è evidentissima. Non abbiamo detto che tutti i cristiani, proprio in quanto cristiani, sono chiamati a seguire Gesù? Tutti chiamati! 
 
Sì, tutti chiamati alla santità, tutti chiamati a seguire Gesù. Ma c’è anche una chiamata specifica al matrimonio, così come c’è una chiamata alla vita monastica? Non è “normale” sposarsi? Tutti comprendiamo che per diventare trappista o per entrare in un altro monastero ci vuole una vocazione particolare. Ma per sposarsi c’è davvero bisogno di una chiamata particolare? 
 
Credo proprio di sì. Non è infatti una cosa ovvia sposarsi, almeno per un cristiano o una cristiana. Non posso decidere di sposarmi prima di avere aderito incondizionatamente a Cristo Gesù ed avergli dichiarato la totale disponibilità del mio cuore e della mia vita. Battezzato nel suo sangue io gli appartengo, sono tutto ed esclusivamente suo. E se ho capito quanto mi ha amato e quanto mi ama non posso non dichiararmi tutto per potergli dire con sincerità: “Ti seguirò dovunque tu andrai, dovunque tu vorrai, fai della mia vita quello che vuoi: è tua!”. Solo allora lui potrà farmi capire: “Seguimi nella via del matrimonio”. È lui che deve indicarmi la via da percorrere per seguirlo. 
 
In un primo momento forse non appare subito chiaro il rapporto tra seguire Gesù e sposare una persona. Nella vocazione di un religioso, di una religiosa, di un sacerdote sembra più evidente la scelta esclusiva di Dio: non si sposano proprio perché riservano il loro essere interamente per Lui. E invece, nonostante l’apparenza, non è meno vero che chi si sposa ama Dio in modo altrettanto deciso. Solo che lo ama nella persona che Dio gli dà come marito o moglie.
È uno solo l’amore
          In un libro sulla preparazione al matrimonio dal titolo significativo “È uno solo l’amore”, ho trovato una lettera scritta da una persona consacrata, Chiara Lubich, ad un’amica prossima a sposarsi. Una lettera che mi è parsa particolarmente eloquente: “Ascoltami: non dividere il tuo cuore in terra, non dividere il tuo cuore! È uno solo l’amore: l’amore per Dio. Ma non fraintendermi, ascolta. C’è un ideale nella vita che supera tutti: amare. Amare chi? Dio. Lui abita nel cuore di tutte le creature. Ma tu, perché quella è la sua volontà, lo devi vedere soprattutto in un cuore: in quello di M. Carissima, M. lo devi amare di più di quanto lo ami perché… Dio abita nel suo cuore. Comprendimi. Per te l’amare Dio si dimostra così: amando M. più che puoi. Per lui rinnega il tuo egoismo, la tua volontà di star rinchiusa in te stessa, i tuoi comodi, tutti i tuoi difetti. Per lui aumenta la tua pazienza, perfeziona la tua capacità di madre, sappi tacere quando qualcuno sbaglia. Se tu ti sforzerai di vedere Gesù in lui, allora il tuo amore per lui non avrà fine. Nemmeno in paradiso, perché in lui ami Dio. Solo così crescerà grande il tuo amore…”
          Nel matrimonio cristiano l’uno coglie nell’altra la presenza di Dio e viceversa, e i due vivono l’amore scambievole. Non è solo un piacersi, uno stare bene insieme, un essere attratti reciprocamente. È anche tutto questo perché niente dell’amore umano viene rinnegato. Anzi questo amore si affina e cresce in profondità e in delicatezza. Ma per i coniugi cristiani c’è un di più. I due sono resi partecipi dell’unità stessa di Dio, che è Amore. Trinità: vivono del suo Amore, dell’unico amore. Nel rapporto d’amore dei due l’umanità stessa ritrova la sua bellezza originaria, come ha detto Giovanni Paolo II parlando ad un gruppo di famiglie: “L’umanità, per somigliare a Dio, deve essere come una coppia di due persone che si muovono l’una verso l’altra, due persone che un amore perfetto riunisce in unità. Questo movimento e questo amore le rendono somiglianti a Dio, che è lo stesso amore, l’unità delle tre Persone”.
“Due in una sola carne”
          Per capire questa, come ogni altra vocazione, occorre infatti andare agli inizi. E gli inizi della famiglia coincidono con le origini stesse dell’umanità, quando Dio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, chiamandoli ad essere “due in una sola carne” (Gen 2,24). A sua “immagine e somiglianza”, ossia nella reciprocità dell’amore, come spiega ancora così bene il Papa: «L’uomo e la donna, creati come “unità dei due” nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione d’amore e in tal modo a rispecchiare nel mondo la comunione d’amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell’intimo mistero dell’unica vita divina… L’immagine e somiglianza di Dio nell’uomo, creato come uomo e donna… esprime pertanto anche “l’unità dei due” nella comune umanità… L’uomo e la donna sono chiamati sin dall’inizio non solo ad esistere “uno accanto all’altra” oppure  “insieme”, ma sono anche chiamati ad esistere reciprocamente “l’uno per l’altra” » (MD III-7). Si apre davanti a noi una vocazione meravigliosa: l’uomo, maschio e femmina, è chiamato a vivere in comunione come umanità, a partecipare e a rivivere in terra la vita stessa di Dio.
          Sappiamo però che gli “inizi” si sono presto guastati e il primo frutto del peccato è la rottura dei rapporti con Dio e tra l’uomo e la donna. Da allora la famiglia porta in sé i germi dell’egoismo, della violenza, della disunità: Caino uccide il fratello, Lamec sposa due donne… Ed ecco l’infedeltà, la violenza, l’adulterio, il divorzio… il matrimonio è inquinato ed anche oggi ne avvertiamo le terribili conseguenze.
          Davanti a tanto fallimento Gesù ribadisce con forza: “...ma all’inizio non era così” e ridona al matrimonio tutto il suo splendore, facendolo sacramento di quell’unità che egli è venuto a portare sulla terra. La comunione che marito e moglie sono chiamati a vivere, che costituisce la realizzazione piena del loro rapporto, diventa immagine di quella singolarissima comunione d’amore che è la vita intima di Dio-Trinità.
Donare la vita, educare alla vita
          Marito e moglie, proprio perché rivivono l’amore di Dio, sono chiamati anche a trasmettere la vita, partecipando della paternità e maternità di Dio creatore. Non solo vivono la comunione, ma la dilatano, facendosi strumento perché “nascano i nuovi cittadini della società umana, i quali, per la grazia dello Spirito Santo, diventano col battesimo figli di Dio e perpetuano attraverso i secoli il suo popolo” (LG 11). Ecco perché la famiglia è paragonata ad una “piccola Chiesa”. Anche’essa come la “grande Chiesa” vive il mistero dell’unità e diventa segno e strumento di unità.
          Per vivere tutto questo non ci vuole forse una chiamata di Dio? Chi può presumere di vivere l’amore con tanta coerenza? Vivere da sposi cristiani implica, oggi più che mai, grande coraggio e forza per andare controcorrente rispetto alle sollecitazioni della nostra società che invita all’edonismo, al ripiegamento egoistico, al disimpegno civile, alla palese infedeltà…
          Abbiamo bisogno di coppie di sposi che sappiano dire, con limpidezza e generosità, che amare è attenzione all’altro, dono di sé, sacrificio, accoglienza… L’amore deve essere mostrato in tutte le sue stagioni: nella freschezza dei fidanzati, nella saldezza della maturità, nella serenità della vecchiaia; in tutte le sue condizioni: nuziale, materno, paterno, filiale, fraterno, dei nonni, degli zii, dei nipoti; in tutte le sue sfaccettature: dolce, forte, compassionevole, esigente, fedele, casto…
Abbiamo bisogno di coppie di sposi capaci di donare la vita e di educare alla vita, di assumere i dolori del quotidiano e quelli della malattia, dell’handicap, degli imprevisti che la vita riserba…
Ecco una grande via di santità, un cammino esigente e impegnativo per chi vuole seguire Gesù senza mezze misure.
 
Fabio Ciardi
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