La Rosa Bianca (Weiße Rose), questo fiore candido, era il nome di questo gruppo di giovani studenti universitari che tra il 1942 e il 1943 cercarono di svegliare le coscienze del popolo tedesco...
del 07 settembre 2018
La Rosa Bianca (Weiße Rose), questo fiore candido, era il nome di questo gruppo di giovani studenti universitari che tra il 1942 e il 1943 cercarono di svegliare le coscienze del popolo tedesco...
“Uno spirito forte, un cuore tenero”
era il motto di un gruppo di giovani studenti tedeschi uniti da un forte legame di amicizia, dal profondo desiderio di libertà e soprattutto da un grande amore per la vita.
Dovevano avere davvero uno spirito forte per resistere nell’inferno della Germania hitleriana e nonostante ciò continuare ad avere un cuore tenero, sensibile a tutto ciò che è bello, la musica, l’arte, la filosofia e prima fra tutti la propria coscienza, mai messa a tacere, anzi capace di urlare alle coscienze addormentate dei loro connazionali “Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza; la Rosa Bianca non vi darà pace”.
La Rosa Bianca (Weiße Rose) , questo fiore candido, era il nome di questo gruppo di giovani studenti universitari ( Hans Scholl, sua sorella Sophie Scholl, ChristophProbst, Alexander Schmorell, Willi Graf, cui poi si aggiunse anche il professor Huber, l’unico professore di Monaco che osava fare commenti anti-nazisti nelle sue lezioni) che tra il 1942 e il 1943 cercarono di svegliare le coscienze del popolo tedesco, “così inerte di fronte a dei crimini tanto orrendi ed indegni di esseri umani”, corresponsabile, “Infatti è soltanto a causa del loro comportamento apatico che uomini malvagi hanno la possibilità di agire così(…)”, “ciascuno è colpevole, colpevole, colpevole!” (dal primo volantino).
I ragazzi della Rosa Bianca non erano dei rivoluzionari, non erano dei sovvertitori dell’ordine pubblico e tanto meno volevano fare gli eroi e i martiri. Fecero e dissero solo ciò che dettava loro la propria coscienza di uomini, di giovani che aspiravano a tutto ciò che è bello e ad un mondo migliore, liberato dall’orrore di quell’assurda guerra, di quei crimini tanto orrendi contro altre persone, dalla follia di quel pazzo indemoniato capace di incantare il popolo tedesco, reso inerme, tanto da non avere la forza e la volontà di reagire e pian piano spogliato dei propri diritti “da una macchina statale comandata da criminali e ubriaconi”.
Essi non incitavano alla violenza, essi proponevano a tutti i tedeschi e soprattutto ai giovani universitari come loro di fare resistenza passiva: “ciascuno può contribuire alla caduta di questo regime (…). Disponiamo di un mezzo solo: la resistenza passiva.(…) Sabotaggio quindi nell’industria bellica (…) Occorre impedire il regolare funzionamento della macchina bellica (…) Sabotaggio in tutti quei settori scientifici e culturali che svolgono attività per la continuazione della presente guerra. (…) Sabotaggio in tutte le manifestazioni culturali che possono aumentare il prestigio dei fascisti di fronte al popolo.(…) Sabotaggio di tutte le pubblicazioni, di tutti i giornali che siano al soldo del «governo» (…) Cercate di convincere tutti i conoscenti (…) della schiavitù spirituale e materiale determinata dal nazionalsocialismo, della distruzione di tutti i valori morali e religiosi, e di persuaderli alla resistenza passiva.”(dal terzo volantino).
“Strappate il mantello dell’indifferenza che avvolge il vostro cuore!”, così scrivevano in uno dei loro volantini che avevano diffuso in cabine telefoniche, tram, spedite ad indirizzi scelti a caso tra gli elenchi telefonici. Era questo il loro modo di combattere per la libertà, per la vita, per la dignità umana e per smuovere le coscienze dei loro connazionali e colleghi universitari.
Erano consapevoli del fatto che rischiavano la loro vita continuando a lottare per ciò in cui credevano, ma andarono avanti fino alla fine. Erano giovani come noi, erano appassionati di musica, poesia, di filosofia, leggevano Platone, Aristotele, Agostino, Pascal, Newman e perfino Confucio ed altri ancora. Nei loro volantini traspare l’influenza di questi autori ma anche la formazione cristiana di questi ragazzi profondamente convinti delle loro idee e decisi a difenderle ad ogni costo.
La loro storia non poteva che suscitare ammirazione e sono state dedicate a loro mostre, libri e nel 2005 anche il film “Sophie Scholl-La Rosa Bianca” del regista Marc Rothemund, vincitore del festival di Berlino come miglior regia e migliore interpretazione femminile.
Il film focalizza l’attenzione sull’unica ragazza e la più giovane del gruppo, Sophie, sorella di Hans Scholl e molto legata a lui. Il regista, basandosi sui verbali degli interrogatori e su testimonianze varie, ricostruisce gli ultimi sei giorni di Sophie ed il fratello Hans, scoperti ed arrestati mentre distribuiscono volantini all’Università, il sesto ed ultimo, rivolto esplicitamente ai loro colleghi: “Colleghe! Colleghi! (…)? Vogliamo lasciare in preda ai più bassi istinti di potere di una cricca di partito la nostra gioventù tedesca? Mai più! (…) In nome della gioventù tedesca esigiamo dallo stato di Adolf Hitler la restituzione della libertà personale, il bene più prezioso dei tedeschi che egli ci ha tolto nel modo più spregevole. (…) E’ questo un inizio della lotta per la nostra libera autodeterminazione, senza la quale non possono essere creati valori spirituali.(…) A noi interessano una vera scienza ed una autentica libertà spirituale! (…) Libertà e onore!(…) Il nome tedesco rimarrà disonorato per sempre, se la gioventù tedesca non insorgerà (…)
Studentesse! Studenti! Il popolo tedesco guarda a noi!”
Il risveglio infatti non poteva che incominciare dai giovani. Sophie e Hans furono “processati” e condannati a morte “in nome del popolo tedesco”, per “alto tradimento”, proprio per aver cercato di svegliare i loro colleghi e i loro connazionali dall’indifferenza, per essersi ribellati alla cultura di morte nazionalsocialista. Con loro, il 22 febbraio 1943, fu giustiziato anche l’amico Cristoph Probst; gli altri membri della Rosa Bianca furono a poco a poco arrestati, giustiziati o deportati nei lager per metterli a tacere, ma il loro nome e i loro ideali hanno continuato a vivere e parlare ancora oggi: la loro vita vissuta intensamente, il loro desiderio di libertà, il loro amore per la verità, i loro spiriti forti e i loro cuori teneri non possono lasciare indifferenti.
Nel film si vede una Sophie intelligente, vivace, forte e determinata. Una ragazza di ventun anni, dall’animo più forte dell’ufficiale della Gestapo che la interroga e che rimane colpito per la sua determinazione, forza e coraggio. Il momento più bello e commovente del film è infatti proprio quello dell’interrogatorio a Sophie, ferma nelle sue convinzioni e capace di affermare coraggiosamente “Non rinnego nulla. Sono convinta di aver agito nell’interesse del mio popolo. Non mi pento e ne accetterò tutte le conseguenze”, pur di non tradire le proprie idee, sue fratello e i suoi amici. Avrebbe potuto tradirli per salvare la propria vita, avrebbe potuto accettare la proposta dell’ufficiale Mohr, ma ha dato ascolto alla propria coscienza fino all’ultimo. L’ufficiale ciecamente non capisce questo comportamento e Sophie afferma “Le leggi cambiano, la coscienza resta”.
Questo film non lo si deve intendere come un semplice film sulla resistenza politica al Nazismo, è un film che fa riflettere su valori quali la libertà, l’amicizia e soprattutto ci fa chiedere se anche noi siamo capaci di tener fede ai nostri ideali, anche se controcorrente, non per forza in situazioni così gravi e difficili, ma nella quotidianità.
Julia Jentsch, l’attrice che ha interpretato Sophie Scholl, riflettendo sulla vicenda di questa ragazza coraggiosa si è domandata : “Agiamo veramente sempre in coscienza? Quanto saremmo disposti a rischiare in nome degli ideali?”.
Rossella Rumore
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