"Ero in carcere e mi avete visitato"

Il 30 dicembre un gruppo di 10 ragazzi di varie realtà salesiane si è recato nell'Istituto Penitenziario Minorile di Treviso per un incontro con i ragazzi detenuti sul tema del sogno...

"Ero in carcere e mi avete visitato"

del 08 gennaio 2018

Il 30 dicembre un gruppo di 10 ragazzi di varie realtà salesiane si è recato nell'Istituto Penitenziario Minorile di Treviso per un incontro con i ragazzi detenuti sul tema del sogno...

 

L’Istituto Penitenziario Minorile di Treviso, il carcere di Santa Bona, accoglie 14 ragazzi, dai 14 ai 18 anni, sia detenuti che sono ancora in attesa di giudizio, sia chi è stato condannato in via definitiva. In questo istituto è attiva una associazione di volontariato, La Prima Pietra, fondata da un gruppo di volontari nel 2004 ed ispirata all’insegnamento evangelico “Ero in carcere e siete venuti a farmi visita”, che, tra le varie attività, si occupa di coordinare gli interventi e i pomeriggi di animazione che vengono fatti dai gruppi esterni ai ragazzi del carcere, cosicché non restino semplici parentesi ma siano guidati da un filo conduttore comune.

I giorni di vacanza sono sempre difficili da riempire per i giovani detenuti e così, venuti a conoscenza della possibilità, l’ANIMAZIONE MISSIONARIA MGS ha accettato di organizzare un incontro. Nel nostro caso, il 30 dicembre con un gruppo di 10 ragazzi provenienti da diversi oratori salesiani abbiamo passato lì la giornata, e il tema che abbiamo scelto di proporre è stato il sogno. Sia noi che loro dovevamo trovare una canzone che rappresentasse per noi il sogno, e presentarla insieme, motivandone la scelta. Interessanti sono state le diverse presentazioni: una canzone molto sognatrice la nostra, che con dolcezza e ottimismo parla di speranza, ideali, diritti. Una canzone dura e aspra la loro, che li ha stranamente visti uniti nella scelta, nel definire il sogno come espressione di non mollare, di non arrendersi, di resistere, e forse quindi di esistere ancora.

Sono poche le ore che abbiamo passato insieme pranzando e giocando tra calcetti e ping pong, nemmeno una giornata intera, ma hanno lasciato un ricordo profondo, e delle sensazioni intense e forse complesse da descrivere.

Da un lato, rimane una tristezza di fondo nel ripensare ai volti di questi ragazzi, che, inaspettatamente, si sono impressi nei ricordi con un tratto profondo, dall’altro però c’è la speranza, o il sogno, che possa essere stato un tempo felice, che nelle ore trascorse insieme si siano sentiti meno soli, ragazzi che passano del tempo con altri ragazzi, con semplicità! Non sono altro che giovani come i tanti che vediamo nei nostri Oratori, ognuno diverso dall’altro, con le loro storie, e in mezzo a loro per un po’ si dimentica dove ci si trova, sono solo ragazzi in un pomeriggio di animazione. Lo stereotipo fa facilmente capolino, sarebbe facile dire che è colpa loro, che dopotutto se la sono cercata, ma chi saremmo noi se non avessimo incontrato alcune persone nel nostro cammino, se non avessimo avuto le possibilità che abbiamo avuto, se non avessimo vissuto l’esperienza di sentirci amati? Ognuno di loro ha la sua storia, e non è mio il compito di giudicare, di difendere o di accusare. Credo che sia invece mio il compito di vedere in lui un ragazzo, un giovane di quelli che don Bosco ha accolto e amato, che mi guarda con uno sguardo profondo che ancora di più ci spinge ad amare incondizionatamente e a non dimenticare quei volti. È stata una esperienza preziosa, che ci ha messo in relazione con una realtà a noi molto distante, e il sogno con cui usciamo dal carcere, è che questi ragazzi possano guardare oltre la siepe, possano credere di poter sognare cose grandi, non solo cose facili, possano andare oltre alla partita del sabato in carcere, ma guardare al loro futuro, consapevoli di meritarne uno, di essere degni dell’orizzonte che più li affascina.

 

Anna Mantesso

 

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